Riforma pensioni stop: Fornero e basta nel 2023

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Ci si è messa pure la guerra a rimandare tavoli e summit in materia previdenziale e per le pensioni. Purtroppo, il già delicato momento che abbiamo vissuto col Covid, è peggiorato per via della guerra in Ucraina.
Si ripete la storia del 2020 e del 2021, quando l’emergenza epidemiologica cambiò le priorità del governo. E le pensioni indietreggiarono nell’agenda governativa.
Adesso il conflitto tra Russia e Ucraina sortisce il medesimo effetto.
E si rischia seriamente che il 2022 passerà come gli altri anni, senza grandi novità. E forse, pure con qualcosa in meno sul capitolo pensioni.

Riforma pensioni stop, ci si prepara al ritorno pieno alla Fornero

Senza grandi interventi in materia pensionistica dal 2023 si corre il rischio di vedere il pieno ritorno al regime Fornero, con quella scialuppa di salvataggio, per lo più deludente, di quota 102.
Infatti, come si legge dalle pagine del quotidiano “Il Giornale”, il tavolo governo-sindacati che avrebbe dovuto aprire alla riforma delle pensioni, è sospeso.
Le problematiche geopolitiche e la crisi Ucraina la fanno da padrona come operato del governo.
Difficile completare il progetto che voleva un primo assaggio di ciò che accadrà, nel Def (Documento di Economia e Finanza) di aprile.
Ma il perdurare del conflitto rischia di rendere improponibile perfino l’apparecchiare la riforma per la legge di Bilancio prossima.
Ed a rischio finiscono pure le conferme di Ape sociale e Opzione donna.

Unica variante, la quota 102 per tutti

Si resterebbe sostanzialmente con due possibili scenari. Le vie di pensionamento ordinario con pensione di vecchiaia e pensione anticipata, e due scivoli, uno per ciascuna di esse, cioè la
quota 102 e la quota 41 precoci.
Ben più di un allarme quello prodotto dal quotidiano prima citato. Stando così le cose, il più probabile scenario è quello di una conferma della quota 102, con 64 anni di età e con 38 anni di contributi. Resterebbe questa l’alternativa alla  pensione di vecchiaia. Ma a fronte di 3 anni di anticipo come età, la contribuzione minima necessaria sarebbe quasi il doppio, da 20 a 38 anni.
Una cosa simile il rapporto tra quota 41 e pensile anticipata ordinaria. Mentre la seconda si completa con 42 anni e 10 mesi di versamenti effettuati per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, più favorevole la prima.
Difatti bastano 41 anni di contributi versati, senza differenze di genere. Inoltre, occorre fare i conti con una serie piuttosto rigida e particolare di paletti e requisiti.
La quota 41 infatti è alternativa alla pensione anticipata ordinaria, ma è limitata a disoccupati, invalidi, caregivers e 15 attività di lavoro gravoso. Inoltre, dei 41 anni di contributi richiesti, almeno uno deve essere antecedente il 19imo anno di età.
Informazioni su B. A. 335 Articoli
Sindacalista, operatore di Caf e Patronato, esperto in materia previdenziale, assistenziale, lavorativa e assicurativa. Da 25 anni nel campo, appassionato di scrittura e collaboratore con diversi siti e organi di informazione.