Rischio di stagflazione in Italia, ma cos’è e cosa rischiano gli italiani?

Negli ultimi giorni abbiamo stesso sentito parlare di un rischio di stagflazione per l’Italia e dopo aver imparato cos’è l’inflazione e cos’è la stagnazione, o recessione, dobbiamo prendere confidenza con questo nuovo fenomeno. Cos’è la stagflazione e cosa rischiano gli italiani?

Cos’è la stagflazione

Il termine stagflazione deriva dall’unione di due termini, cioè stagnazione e inflazione. Essa è caratterizzata dall’aumento contemporaneo di stagnazione (quindi assenza di crescita o crescita molto bassa) e inflazione (aumento dei prezzi), quindi un aumento dei prezzi particolarmente significativo a cui però non corrisponde un aumento delle possibilità economiche delle persone che dovrebbero consumare. Ne consegue un crollo dei consumi. La conseguenza di ciò è una crescita del Paese pari a zero. Al crollo dei consumi e alla stagnazione solitamente segue anche la crescita della disoccupazione.

Il termine coniato per la prima volta nel 1965 dall’ex Cancelliere dello Scacchiere britannico Iain Macleod. La sua teoria in un certo senso andava a colpire le teorie keynesiane che fino a quel momento avevano predominato, infatti non era mai stata contemplata l’ipotesi di un aumento di prezzi affiancato dalla recessione ( o crescita zero). Solitamente si tratta di due fenomeni opposti.

Allarme stagflazione in Italia: Cgia e non solo

A lanciare l’allarme è stata la Cgia, Associazione artigiani e piccole imprese di Mestre. Segnali di questa potenzialità sono dati dagli aumenti del settore energia (carburanti, metano) determinati dalla crisi in Ucraina, che a sua volta sta portando aumenti a catena per tutti i prodotti di largo consumo, come gli alimentari. Questo settore era stato già colpito a causa dell’aumento del prezzo dei cereali, se a questo si aggiungono i costi per la filiera industriale caratterizzata dall’aumento dell’energia, del costo dei trasporti che subisce l’aumento dei carburanti, il rischio è che ci siano aumenti con percentuali a due cifre.

Sembra però improbabile ad oggi un aumento degli stipendi ed ecco perché gli italiani non possono fare altro che ridurre i consumi e quindi la crescita del Paese potrebbe essere annullata, nonostante le previsioni post pandemia fossero piuttosto positive. Il rischio è che la stagflazione vada a rendere vane anche le risorse del PNRR che non riuscirebbero quindi a portare la ripresa economica dell’Italia preventivata. Prezzi alti e zero crescita vuol dire avviarsi alla povertà perché le persone, se dovesse verificarsi lo scenario più catastrofico, non potranno più permettersi lo stile di vita del passato e chi era già in difficoltà, potrebbe avere problemi anche a reperire beni fondamentali. I risparmiatori, si ritroverebbero invece un patrimonio il cui valore, in relazione al potere di acquisto, è ridotto. Proprio questi ultimi sono i più preoccupati perché potrebbero vedere svalutare il denaro risparmiato.

Rischio più elevato per l’Europa

La Cgia non è l’unica preoccupata, infatti parla di rischio di stagflazione anche Michele Cicoria, head of retail and wholesale Italy di Ethenea . Questi prevede che ad essere travolta dalla stagflazione nel dopoguerra sarà soprattutto l’Europa. All’Interno del contesto europeo la stagflazione rappresenta un rischio più elevato proprio per l’Italia, infatti siamo uno dei Paesi con una minore autonomia energetica e questo ci espone al dover importare a prezzi elevati combustibili per produrre energia in quanto abbiamo poche materie prime e fonti rinnovabili non sufficientemente sviluppate. Abbiamo però molte aziende energivore.  Minori rischi vi sono invece per l’economia americana, sia perchél’America è autonoma dal punto di vista energetico, sia perché ha un’economia maggiormente capace di reagire ai periodi di stress.

Nessun allarmismo in eccesso: la stagflazione potrebbe essere presto superata

La Stagflazione non è un fenomeno nuovo, infatti si è già vista nella seconda metà degli anni ’70 del Novecento. Anche in questo caso il fenomeno era legato a un rialzo dei prezzi del settore petrolifero. L’aumento dei costi si trasmise in breve tempo. In quel caso era però vigente la scala mobile che adeguava in modo automatico gli stipendi ai prezzi. Questo determinò un circolo vizioso tenuto sotto controllo con politiche monetarie e con l’eliminazione della scala mobile.

Sia chiaro, per ora il rischio in Italia è contenuto in forza del 235 miliardi di euro del PNRR, ma nel medio e lungo periodo se non c’è un’inversione di tendenza le cose potrebbero cambiare.

Gli scenari possibili sono però diversi, infatti molti economisti/analisti ritengono che a breve il mercato dei prodotti energetici dovrebbe tornare in equilibrio, anche se si tratterà di un equilibrio diverso. E’ molto probabile che il gas russo sarà dirottato verso la Cina che ha manifestato interesse all’acquisto. Ciò comporterà però maggiori costi per la Russia che d’altronde il seguito alle sanzioni applicate dovrà comunque trovare un mercato per piazzare il suo petrolio. La potenza economica della Russia infatti secondo alcuni analisti è sovrastimata. Importa il 75% dei beni di cui le famiglie hanno bisogno e di conseguenza ha la necessità di vendere il gas. Questo potrebbe depotenziare il Paese che potrebbe essere costretto a ridurre le sue velleità con un conseguente riequilibrio dell’economia.

Nadia Pascale

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