C’erano una volta i voucher: ecco dove sono finiti i buoni lavoro

Molto utilizzati in passato e molto discussi per via del collegamento con il lavoro precario, i voucher sono in un lento quanto inesorabile declino. Ormai inutilizzati o quasi, rispetto al picco del 2016, hanno perso il 95% del loro impatto economico sui lavoratori. Lo strumento che si utilizza comunemente per i prestatori del cosiddetto lavoro accessorio ha lasciato campo. Parliamo naturalmente dei lavoratori occasionali. E come si legge sul sito “Italia Oggi”, la perdita globale si assesta sul 93%.

I voucher in pillole

I voucher, chiamati comunemente buoni lavoro, sono uno strumento di pagamento di prestazioni di lavoro accessorio ed occasionale. Sono uno strumento che ormai da circa un ventennio sono in utilizzo. E sono nati per un motivo semplice. L’emersione del lavoro nero, o meglio, per fungere da stimolo a retribuire in maniera legale uno spaccato della società sempre più collegato al lavoro nero. Dalle ripetizioni scolastiche alle pulizie di casa, dal lavoro agricolo o della ristorazione, e quindi a carattere stagionale, fino al lavoro nel turismo. Sono questi i campi di applicazione maggiore di questi voucher.

Lavoro accessorio e voucher

Per quanto detto prima, i voucher sono strumenti che trovano la giusta applicazione per il lavoro accessorio. Prestazioni lavorative che non hanno un CCNL di riferimento, o quanto meno, non trovano normativa nei vari CCNL di categoria.  Particolare anche il campo dei datori di lavoro del lavoro accessorio. Infatti il voucher si inserisce nel vuoto normativo di alcune particolari figure di datore di lavoro. Parliamo di famiglie, Onlus e No Profit, imprese a carattere familiare o senza la definizio0ne tipica di impresa. Ma anche gli Enti pubblici, che spesso sfruttano lavoratori occasionali sono tra i soggetti che più di altri hanno utilizzato i voucher. Inoltre, il lavoro accessorio non ha limitazioni di platea. Infatti possono svolgere questo genere di attività tutti, ovvero i pensionati, gli studenti, i percettori di prestazioni integrative del salario o sostegno al reddito e i lavoratori part-time. Va detto che grazie ai voucher, il pagamento di un lavoratore assume i connotati della perfetta legalità. In sostanza,  mette in regola sia il datore di lavoro che il lavoratore. Il datore di lavoro, sia esso una famiglia piuttosto che un ente pubblico, ricevono una prestazione legale e il lavoratore è coperto anche dall’INAIL.

Perché si registra un calo dei voucher

Se nel 2016 in totale si registravano oltre 1,6 milioni di lavoratori che venivano pagati con i buoni, oggi, o meglio, nel 2021, si sono registrati solo 100.000 casi. Il calo dei voucher, comprendendo anche il nuovo libretto famiglia, è evidente. E anche il numero uno dell’Inps, il suo Presidente Pasquale Tridico, in audizione alla Camera dei Deputati, ha messo in luce questi numeri in calo. L’occasione per elencare questi dati è stata il varo e la discussione di nuove Leggi per regolamentare proprio il prima citato lavoro accessorio. Da quando sono stati introdotti il libretto famiglia, ed è stato inserito nel nostro ordinamento il contratto di prestazione occasionale, il voucher ha perso popolarità.

I numeri non mentono

Ripetiamo, nel 2016 (ma si considera il biennio con il 2015), oltre 1,6 milioni erano le persone che avevano utilizzato i buoni lavoro. Anche se forse è sbagliato parlare oggi di voucher visto che si parla di prestazione occasionale e di libretto famiglia, secondo Tridico, come si legge sul quotidiano Italia Oggi, nel 2018 e 2019 si era passati a meno di 90.000 persone. Un trend confermato anche dai dati relativi all’anno scorso.

Tra 1/4  ed 1/3  dei voucher utilizzati nel 2016 è stato sostituito con contratti di lavoro dipendente a termine, dal contratto di lavoro domestico, da rapporti di collaborazioni e dalla gestione separata. Sono le argomentazioni che Tridico ha riportato a Montecitorio, giustificando il calo dei voucher.

B. A.

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