Nel sistema previdenziale italiano molto importanti per la pensione sono i contributi versati da un lavoratore. Infatti per andare in pensione non si può prescindere dal versamento dei contributi e pertanto chi non ha mai versato contributi o ne ha versati in misura insufficiente per le regole vigenti, non potrà mai andare in pensione. Naturalmente esistono scappatoie a questa evidente penalizzazione con cui possono avere a che fare le persone che non hanno avuto la fortuna di trovare un lavoro duraturo.
Ci sono le misure assistenziali da parte dell’Inps, come l’assegno sociale. Oppure la pensione di vecchiaia a 71 anni, quando basteranno 5 anni di contributi versati. Detto ciò, è evidente che più si lavora più è facile andare in pensione. Questa è una regola generale del sistema, ma va sottolineato il fatto che ci sono diverse misure che prevedono diverse carriere, tutte differenti tra loro anche come durata.
Ad ogni misura previdenziale corrisponde una determinata dote di contribuzione. Tutto parte sempre dalla soglia minima di 20 anni di contributi versati. Infatti se è vero che l’età pensionabile canonica che l’intero sistema previdenziale prevede è a 67 anni, è altrettanto vero che i 20 anni di contributi sono la soglia minima di carriera che un lavoratore dovrebbe avere per poter accedere alla pensione di vecchiaia. La soglia dei 20 anni di contributi torna spesso nel sistema, perché è la stessa necessaria per esempio per accedere alla pensione anticipata contributiva, per quanti hanno iniziato a versare dopo l’ingresso della riforma Dini (1996). Ma 20 anni di contribuzione previdenziale versata possono essere anche troppi per delle deroghe presenti nel sistema anche se ormai praticamente in disuso. Infatti bastano 15 anni di contributi per tutte e tre le deroghe Amato, o per l’opzione Dini. Misure queste che si centrano sempre a 67 anni ma rispettando determinati requisiti previsti dall’Inps.
Nettamente più lunghe le carriere che servono per poter accedere alla pensione anticipata. Infatti gli uomini necessitano di 42 anni 10 mesi di versamenti, mentre le donne si fermano a 41 anni 10 mesi. Questa è la pensione anticipata ordinaria che non prevede limiti d’età. Con 41 anni invece si può completare la carriera utile alla quota 41 per i precoci, misura però limitata come platea dei potenziali beneficiari. Infatti lo strumento è destinato soltanto a particolari tipologie di persone, disagiate come lavoro, salute, famiglia o reddito.
Altre due misure particolari siccome come requisiti che prevedono carriere piuttosto lunghe sono senza dubbio la pensione anticipata contributiva per le donne e l’Anticipo pensionistico a carico dello Stato. La prima è meglio conosciuta come opzione donna, misura che consente il pensionamento alle lavoratrici già a partire dai 58 anni di età per le lavoratrici dipendenti e da 59 anni di età per le lavoratrici autonome. E 35 anni è la dote necessaria anche per chi rientra nello scivolo per i lavoratori usuranti. In questo caso si può lasciare il lavoro già 61 anni 7 mesi di età. Fermo restando che oltre l’età e i contributi, occorre completare la quota 97,6.
I lavori gravosi, ad esclusione degli edili e dei ceramisti, possono accedere all’Ape sociale. In questo caso servono 36 anni di contributi. Per i già citati edili e ceramisti la contribuzione versata deve essere pari ad almeno 32 anni. Invece, per invalidi, disoccupati o con invalidi a carico invece l’Ape sociale prevede la soglia dei 30 anni di contributi. Per l’Ape sociale l’età minima di uscita è a 63 anni.
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