Maxi annullamento di un debito fiscale del valore di 1 milione e 400 mila euro in favore di un contribuente, imprenditore, il motivo dell’annullamento è l’invio delle cartelle esattoriali da un indirizzo di posta elettronica certificata (pec) non pubblico. Come è potuto succedere?
Per capire il caso è necessario fare due premesse. In Italia la notifica tramite PEC, Posta Elettronica Certificata, ha lo stesso valore legale della notifica tramite raccomandata con ricevuta di ritorno. Questo perché il sistema di interscambio è “monitorato”.
Per conoscere come funziona la cartella esattoriale digitale, leggi l’articolo: Cartella esattoriale digitale: novità per la notifica con pec.
La seconda premessa è che gli imprenditori devono avere una casella PEC e al momento dell’attivazione della stessa, questa si inserisce all’interno di un pubblico registro.
A questo proposito l’articolo 3 bis della legge 53 del 1994 stabilisce che la notifica telematica può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo pec, posta elettronica certificata, del notificante che appare in elenchi pubblici.
Il caso nasce dal fatto che l’Agenzia delle Entrate ha utilizzato una casella di posta elettronica certificata non registrata per la notifica della cartella esattoriale. Nella difesa l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che in base all’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 602/1973 è l’indirizzo pec del destinatario a dover essere inserito nei pubblici registri e non del notificante. La Commissione tributaria è però stata di contrario avviso e di conseguenza ha annullato l’intero debito del contribuente nei confronti dell’erario.
Non è questo il primo caso, infatti, una sentenza simile è stata pronunciata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Calabria: con la sentenza 3369 del 6 agosto 2021 ha precisato che si considera valida la notifica se:
la PEC del mittente (come ad esempio quella del Riscossore) è estratta dagli indici specificatamente previsti dal Ministero;
Queste due condizioni devono coesistere.
Nel caso in oggetto il contribuente ha sottolineato che la notifica della cartella esattoriale era viziata in quanto proveniente da un indirizzo pec non contenuto nell’elenco ufficiale IPA (Indice delle Pubbliche Amministrazioni), bensì un “irrituale e ignoto indirizzo”.
Tale decisione si basa sul fatto che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite nella pronuncia 19704 del 2015 ha sottolineato che “ il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale a causa dell’invalidità della relativa notifica sia avvenuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione”.
La pronuncia in oggetto precisa che, affinché sia valida la notifica è necessario, che l’indirizzo pec del notificante sia contenuto in uno di questi registri:
Reginde;
Inipec;
Pertanto l’unico indirizzo registrato e valido utilizzabile dall’Agenzia delle Entrate è protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it. Nel caso in esame era invece stato utilizzato l’indirizzo notifica.acc.calabria@pec.agenziariscossione.gov.it.
Anche in questo caso la sentenza ha declarato la nullità della notifica.
Puoi scaricare la sentenza seguendo il link CTP-Reggio-Calabria-n.-3369-2021-2
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