Cosa succede se in una chat di gruppo si ricevono delle offese? A rispondere a questa domanda è la Corte di Cassazione con la sentenza 28675 del 2022 che definisce i confini tra il reato di ingiuria e la diffamazione.
Le chat attraverso whatsapp sono un mezzo ormai diffusissimo, ci sono due modalità principali per comunicare con tali sistemi di messaggistica istantanea, cioè la chat individuale e la chat di gruppo. La chat di gruppo è utilizzata per comunicare in modo contestuale con più persone, ad esempio c’è la chat delle mamme, la chat del gruppo di lavoro o le chat dei gruppi di amici. All’interno di questi sistemi possono però verificarsi anche dei reati. Nella sentenza in oggetto la Corte di Cassazione è chiamata a stabilire i confini tra diffamazione e ingiuria. Non si tratta di semplici cavilli, ma di due reati diversi con diverse sanzioni.
L’ingiuria è trattata dall’articolo 594 del codice penale, articolo abrogato, mentre la diffamazione è regolamentata dall’articolo 595 codice penale ed è tuttora vigente e prevede:
In entrambi i casi, diffamazione e ingiuria, il comportamento consiste nel recare offesa al decoro e all’onore di una persona. Nel caso dell’ingiuria però le offese restano tra i soggetti della comunicazione, mentre nel caso della diffamazione l’offesa avviene alla presenza di più persone.
Di fatto l’ingiuria ha ottenuto la depenalizzazione: il decreto legislativo n°7 del 15 gennaio 2016 ha abrogato l’articolo 594 del 2022.
Ritornando al caso in oggetto la conversazione con offese era avvenuto in una chat di gruppo di Whatsapp, uno dei più famosi sistemi di messagistica dei social network, il soggetto offeso al momento in cui le stesse sono state rese note era comunque in collegamento e si è difeso, ed è proprio questa caratteristica che ha fatto propendere la Corte di Cassazione per la rubricazione del caso come “ingiuria commessa alla presenza di più persone”.
La Corte di Cassazione nella pronuncia 28675 fa ulteriori precisazioni, cioè sintetizza i casi che possono verificarsi con le chat di gruppo:
Per quanto riguarda però le chat di gruppo, si ritiene che se il soggetto offeso sia partecipe dellla comunicazione nel momento in cui la stessa avviene, non si può parlare di comunicazione a distanza, ma di comunicazione in presenza dell’offeso. Di conseguenza il fatto deve essere rubricato come ingiuria e non come diffamazione. Si afferma che il termine presenza debba quindi essere inteso in modo ampio e la presenza virtuale equivalga di fatto alla presenza fisica. Ad esempio ciò avviene anche in videoconferenza, videocall e altre situazioni similari.
Nel caso in oggetto è necessario rubricare il fatto come ingiuria perché il destinatario delle offese essendosi difeso nella chat ha dimostrato di essere collegato. Quindi l’offesa è avvenuta in presenza. In caso contrario, cioè se i messaggi fossero stati letti in modalità differita, ad esempio perché la persona offesa era impegnata a lavoro e impossibilitata a leggere, oppure perché aveva un cattivo funzionamento della connessione, non sarebbe più stata configurabile l’ingiuria, bensì la diffamazione perché potenzialmente poteva essere presente, ma di fatto non lo era.
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