Il recesso del locatore è possibile quando ci sono delle comprovate motivazioni che sono disposte direttamente dalla legge italiana.
In un normale contratto di locazione, il locatore è colui che possiede l’immobile (proprietario), mentre il conduttore (inquilino) colui che lo prende in affitto, pagandone un canone mensile. Mentre per il conduttore il recesso può avvenire con sei mesi di anticipo e attraverso una lettera raccomandata, per il locatore ci sono delle cause specifiche. Fermo restando che entrambe le parti possano prevedere la disdetta del contratto.
Infatti se il locatore dichiara di aver bisogno del proprio immobile, ma poi in realtà non è così ci sono delle sanzioni. L’art. 31 della legge 392/78 indica le sanzioni previste per il locatore, che dopo aver ottenuto la disponibilità dell’immobile per uno dei motivi previsti, non abbia adibito l’immobile ad uso dichiarato entro 6 mesi dal momento in cui l’inquilino lo ha liberato. Qualora si verifichi questa condizione, il conduttore può richiedere il ripristino del contratto, e il rimborso delle spese di trasloco sostenute.
Il locatore può interrompere il contratto di locazione solo nei casi espressamente previsti dalla legge. Tuttavia può farlo solo in occasione del primo rinnovo automatico. Ad esempio in un contratto 3+2 anni, entro sei mesi prima dalla scadenza del terzo anno deve inviare la raccomandata all’inquilino.
I casi espressamente previsti dalla legge sono:
Il locatore può procedere all’intimidazione di sfratto dell’inquilino moroso solo se questi ritarda di pagare oltre 20 giorni per il pagamento del canone mensile. La regola è valida anche se riguarda una sola mensilità. Ma è anche vero dire che il conduttore ha diritto a pagare tutte le somme arretrate, con gli interessi, fino all’udienza di convalida di sfratto dinnanzi al giudice. E se lo fa lo sfratto viene rigettato ed il contratto prosegue.
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