Succede spesso che si accetti come forma di garanzia di un futuro pagamento un assegno con ammontare coincidente con il debito e senza data oppure post datato. Tale scambio prevede la restituzione dell’assegno al momento del pagamento oppure la riscossione dello stesso in caso di mancato adempimento dell’obbligazione. Naturalmente tale riscossione può essere rischiosa per il debitore nel caso in cui sul conto non siano presenti i fondi utili. Molti però si chiedono: è valido un assegno post datato o senza data?
Questa pratica molto comune in realtà non è la soluzione prevista dalla normativa per raggiungere lo scopo di fornire una garanzia a fronte del ritardo in un pagamento. Infatti per raggiungere tale obiettivo l’ordinamento mette a disposizione altri strumenti come il pegno, l’ipoteca e soprattutto la cambiale.
Generalmente per importi di ammontare piccolo e medio lo strumento ideale è proprio la cambiale, ma questa richiede il pagamento del bollo ed è proprio per sfuggire a questo onere e per maggiore semplicità sono in tanti a preferire l’assegno post datato o senza data.
La prima cosa da sottolineare è che Regio Decreto del 21 dicembre 1933, n. 1736 che regola la materia prevede che l’assegno per essere valido deve presentare una data. Di conseguenza, in teoria, un assegno senza data o post datato non è “regolare”, infatti l’articolo 2 del Regio Decreto prevede che un assegno mancante di uno degli elementi previsti nell’articolo 1 non possa essere fatto valere come assegno bancario.
L’articolo 121 del Regio Decreto invece prevede che nel caso in cui la data apposta sull’assegno differisca rispetto alla data di emissione per un termine non utile al tempo necessario per far recapitare l’assegno al destinatario (4 giorni), debbano essere applicate le norme previste per la cambiale e quindi debba essere pagato il bollo.
Nonostante questo, la sentenza della Corte di Cassazione 27370 del 2019 stabilisce che, sebbene l’assegno post datato o senza data debba essere considerato nullo e di conseguenza, in teoria, non possa essere riscosso, lo stesso vale però tra le parti, cioè tra il destinatario e colui che lo ha sottoscritto, come promessa di pagamento.
Questo implica che in un eventuale giudizio, colui che detiene tale titolo è liberato dal dover fornire la prova della sussistenza del credito, in quanto lo stesso assegno costituisce prova del credito. Di conseguenza è colui che ha rilasciato l’assegno a dover fornire la prova liberatoria e quindi a dover provare che in realtà quel credito è stato già estinto o non è mai esistito.
A sostegno di questa tesi c’è anche la sentenza della Corte di Cassazione 19051 del 2021. Ricordiamo che in base all’articolo 1988 del codice civile la promessa di pagamento (e abbiamo visto che l’assegno postdatato o senza data ha tale valore) può essere utilizzata per ottenere un decreto ingiuntivo, cioè un provvedimento esecutivo emesso dal giudice senza sentire l’altra parte ( inaudita altera parte).
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