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Quoziente familiare: in quali casi può essere svantaggioso

Negli ultimi mesi si parla frequentemente del quoziente familiare e attualmente trova applicazione in Italia per il Superbonus riaperto per le villette unifamiliari a patto che il richiedente abbia un quoziente familiare inferiore a 15.000 euro. Ma il quoziente familiare è sempre vantaggioso? C’è chi ritiene che non lo sia.

Il quoziente familiare

Nei piani del Governo il quoziente familiare dovrebbe sostituire l’Isee (indicatore della situazione economica equivalente) che, come noto, oltre a tenere conto dei redditi prodotti, tiene in considerazione anche il patrimonio mobiliare e immobiliare. Il quoziente familiare invece non ha questo limite. Tale strumento è di derivazione francese, si applica in modo ordinario in Francia al fine di determinare le imposte dovute e prevede il cumulo dei redditi percepiti da tutti i membri della famiglia e la divisione del valore complessivo per il coefficiente familiare, questo a sua volta dipende dal numero complessivo degli appartenenti al nucleo e dalla loro età.

Come è applicato il quoziente familiare al Superbonus

Attualmente si può avere come punto di riferimento solo il quoziente familiare così come determinato per usufruire del Superbonus, in questo caso è prevista la somma dei redditi del nucleo familiare. Se lo stesso è composto da:

  • una sola persona il coefficiente è 1;
  • 1 familiare a carico coefficiente 1,5;
  • 2 familiari a carico, coefficiente 2;
  • 3 o più familiari a carico, coefficiente 3;
  • 1 familiare convivente coefficiente 0,5.

In quali casi potrebbe essere svantaggioso rispetto all’Isee

Secondo alcuni questo sistema potrebbe portare svantaggio ad alcuni nuclei familiari. In particolare fino alla riforma del diritto di famiglia del 1975 in Italia il reddito della moglie era attratto nel reddito familiare e quindi tassato con un’aliquota unica. Questa norma ebbe il sigillo di incostituzionalità in quanto imponeva una tassazione diversa alle famiglie formate da due coniugi rispetto a quella formata da conviventi. Questo effetto era ampliato dal fatto che la donna generalmente aveva (ed ha) redditi inferiori e quindi con il reddito cumulato veniva attratta nell’aliquota del coniuge economicamente forte scontando un’aliquota più elevata. Si passò quindi alla tassazione separata dei redditi dei due coniugi.

Applicando il quoziente familiare al calcolo dell’Irpef si potrebbe ritornare a una situazione simile. Ad esempio una famiglia con un reddito alto ma derivante da un unico membro del nucleo potrebbe pagare meno tasse rispetto a un nucleo in cui lo stesso importo è percepito da due coniugi. Infatti se il coniuge lavora, il coefficiente per il coniuge è 0,5, lo stesso sale a 1 se non lavora ( quindi complessivamente si applica un coefficiente 2), se si impegna a fare figli, sale ancora di più. Un nucleo in cui anche il figlio lavora, magari ha redditi inferiori rispetto a una famiglia in cui lavora solo una persona e produce redditi alti, ma sconta un coefficiente minore e paga più tasse, o riceve maggiori benefici.

Questo è uno dei motivi per i quali, sebbene in Italia si parli da molti anni del quoziente familiare e ci siano stati diversi disegni di legge, tutti alla fine siano stati affossati.

Nadia Pascale

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