Il 24 aprile 2023 c’è stata un’importante pronuncia della Corte di Cassazione inerente i movimenti in conto corrente che, secondo gli ermellini, devono essere considerati ricavi e di conseguenza trattati come tali in sede di accertamenti fiscali.
L’Ordinanza 10817 della Corte di cassazione del 24 aprile 2023 sottolinea un importante principio previsto dal nostro legislatore e che può avere conseguenze particolarmente rilevanti per i contribuenti.
L’articolo 32 del Dpr 600 del 1973 stabilisce che i prelevamenti e i versamenti in conto corrente devono essere imputati a ricavi. Di conseguenza in fase di accertamenti fiscali l’Agenzia delle entrate può considerare tassabili tali movimenti in quanto considerati ricavi occulti e costi occulti.
Resta la facoltà da parte del contribuente di dimostrare il contrario. Sottolinea l’ordinanza che in assenza di un divieto espresso, resta in questa materia il principio di libertà dei mezzi di prova, questo vuol dire che il contribuente non è obbligato a fornire una prova scritta o testimoniale inerente la natura dei versamenti per dimostrare che non si tratta di ricavi, ma può fornire qualunque mezzo di prova e può avvalersi anche di presunzioni semplici per dimostrare la diversa natura di tali movimenti di denaro.
Spetterà quindi al giudice un’attenta verifica di tutti gli elementi portati dal contribuente al fine di determinare la disciplina a cui sottoporre tali ricavi.
Naturalmente il giudice non può non avere in considerazione il dettato normativo, il quale stabilisce che quando la prova viene data attraverso indizi o presunzioni, tali elementi devono essere gravi, precisi e concordanti.
Nel caso dei movimenti bancari, il giudice deve avere in considerazione il lasso temporale che caratterizza i versamenti, la loro entità e il contesto complessivo. Il contribuente nel fornire la prova non deve limitarsi ad affermazioni apodittiche, generiche e sommarie, ma deve essere in grado di dimostrare la natura delle somme.
Sulla costituzionalità dell’articolo 32 del Dpr 600 del 1973 si era già espressa la Corte Costituzionale con la sentenza 10 del 31 gennaio 2023. In questa sentenza si ribadisce che anche i prelievi sono da considerare indice di evasione, infatti per l’imprenditore devono essere considerati costi occulti relativi all’attività stessa.
La Corte ha ribadito che per i prelievi il decreto legge 193 del 2016 ha posto dei limiti, infatti sono considerati costi occulti solo i prelievi di valore compreso tra 1.000 e 5.000 euro. Il contribuente anche in questo caso può fornire prova contraria e di conseguenza è tutelato dalla arbitrarietà della presunzione legale riconosciuta in favore del Fisco.
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