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Finta separazione tra coniugi per frodare il Fisco. Condanna

Cosa succede se due coniugi divorziano per il solo scopo di sottrarre beni all’Agenzia delle Entrate? La risposta è nella sentenza n. 8259 del 28 febbraio 2025 della Corte di Cassazione che sanziona la finta separazione.

Finto divorzio per frodare il Fisco? Ecco cosa succede

Nel caso in oggetto un contribuente per sottrarre dei beni all’Agenzia delle Entrate decide di procedere a una separazione e poi divorzio dalla moglie. Nell’accordo stabiliscono che il marito trasferisca alla ex moglie la casa di proprietà come assegno una tantum. La casa viene in questo modo sottratta alla disponibilità dell’Agenzia delle Entrate per il recupero delle somme. Allo stesso tempo si stipula un atto di acquisto di un’auto intestata alla moglie, ma i soldi risultano corrisposti in contanti dal marito. L’ultima prova determinante che palesa il falso divorzio è data dal fatto che i due “ex coniugi” continuano la convivenza more uxorio.

La Corte di Cassazione quindi conferma la sentenza del tribunale di Appello di Torno che a sua volta aveva confermato la sentenza del tribunale di primo grado. La Corte di Cassazione evidenzia la sussistenza di una pluralità di indizi gravi, precisi e concordanti che consentono univocamente di ritenere provati i fatti in contestazione e, segnatamente, la natura fraudolenta della separazione e del successivo divorzio.

Gravi indizi di comportamento fraudolento ai danni del Fisco con la finta separazione

Quali sono i gravi indizi indice di una falsa separazione?

La Corte sottolinea il fatto che:

  • il ricorso per la separazione tra gli imputati era stato iscritto a ruolo dopo poco più di un mese dalla notifica di un avviso di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria al marito
  • il marito aveva svolto la funzione di referente per le trattative nell’ambito dell’acquisto dell’abitazione da parte della moglie;
  • dalle pagine social (in particolare, da Facebook) della coppia, emergevano viaggi insieme successivi allo scioglimento del vincolo matrimoniale e il costante mantenimento di comuni relazioni amicali e familiari.

Sottolinea la Corte di Cassazione che per consolidato orientamento giurisprudenziale ai sensi dell’articolo 11 del Dlgs n. 74/2000, gli atti dispositivi compiuti dall’obbligato, oggettivamente idonei a eludere l’esecuzione esattoriale, hanno natura fraudolenta allorquando siano connotati da elementi di artificio, inganno o menzogna tali da rappresentare ai terzi una riduzione del patrimonio non corrispondente al vero, così mettendo a repentaglio o, comunque, rendendo più difficoltosa, la procedura di riscossione coattiva (Cassazione, sentenze n. 35983/2020 e n. 33988/2023).

Nel caso in oggetto lo schema fraudolento appare di tutta evidenza.

La Corte di Cassazione evidenzia il dolo specifico che ricorre quando l’alienazione simulata o il compimento di altri atti fraudolenti, idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva, siano finalizzati alla sottrazione al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrativi relativi a dette imposte. Il dolo specifico coinvolge non solo il marito ( soggetto passivo dell’imposta) ma anche della moglie che era evidentemente consapevole del finto divorzio e che addirittura coinvolge la madre nello schema fraudolento. Naturalmente gli atti compiuti fraudolentemente sono travolti dalla sentenza e invalidati.

Leggi anche: Rottamazione quinquies, ipotesi a confronto

Nadia Pascale

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