Disastro per chi c’era prima del 1996: sulla pensione è una mazzata | Hanno chiuso i rubinetti

Pensionato in lacrime

Pensionato in lacrime (Canva) Infoiva.com

Chi ha iniziato prima del 1996 rischia di perdere tutto: una regola poco conosciuta sta cambiando il destino di molti.

Sembrava una fortuna iniziare presto, mettere da parte contributi quando gli altri erano ancora sui banchi.

Oggi, però, quella partenza sprint si sta trasformando in un freno.

Il sistema previdenziale ha cambiato rotta, e ora guarda con occhi più benevoli chi è arrivato dopo.

Nel silenzio generale, una norma poco conosciuta sta tagliando fuori proprio chi pensava di essere più vicino al traguardo.

L’apparente vantaggio che si è trasformato in trappola

Negli anni Novanta, chi entrava nel mondo del lavoro poteva contare su un sistema pensionistico che sembrava stabile, rassicurante. La riforma che arrivò nel 1995 introdusse un nuovo calcolo contributivo, ma chi aveva già versato almeno un contributo prima del 1996 rimase ancorato a un sistema misto: un mix tra vecchie e nuove regole. All’epoca fu considerato un compromesso equo, una transizione morbida. Eppure oggi, a distanza di decenni, quel compromesso si sta rivelando un ostacolo.

Chi rientra nel sistema misto deve raggiungere almeno vent’anni pieni di contributi per avere diritto alla pensione di vecchiaia. Se non li raggiunge, anche per una manciata di giorni, perde tutto. I contributi versati spariscono nel nulla. Eppure, per ogni anno di lavoro, si è dato all’INPS più del 30% dello stipendio. Nessuna possibilità di recupero, nessuna salvaguardia. Chi ha iniziato a lavorare dopo, invece, può contare su regole più flessibili: anche con una carriera corta, ha almeno una chance.

Coppia pensionati seduti sulla panchina
Coppia pensionati seduti sulla panchina (Canva) Infoiva.com

Un anno che cambia tutto, pensione in bilico

Chi ha cominciato a lavorare nel 1996 o dopo, fa parte dei cosiddetti “contributivi puri”. Per loro, le regole sono più severe nel calcolo dell’assegno, ma al tempo stesso più clementi nel garantire una via d’uscita. Anche chi ha accumulato solo cinque anni di contributi, aspettando fino ai 71 anni d’età, può andare in pensione. Un paracadute minimo, ma efficace. E non è tutto: se l’importo dell’assegno raggiunge una certa soglia, possono ritirarsi anche a 64 anni. Queste opzioni, invece, sono completamente escluse per chi è nel sistema misto.

L’unico modo per recuperare un minimo margine di manovra è chiedere il computo nella Gestione Separata, riunendo tutti i contributi sotto un unico calcolo interamente contributivo. Una scelta che penalizza economicamente, ma che almeno consente l’accesso alle tutele previste per i contributivi puri. Il confine tra chi ha iniziato prima o dopo il 1996, oggi più che mai, segna la differenza tra chi riuscirà ad andare in pensione e chi rischia di vedere sfumare anni di lavoro.