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Cosa cambia dal regime forfettario al regime ordinario?

Il passaggio dal regime forfettario al regime ordinario è un cambiamento significativo nella gestione fiscale di un’attività economica. Si tratta di due regimi contabili differenti tra loro, con implicazioni che incidono sulla tassazione, sugli adempimenti e sulla pianificazione del business. Facciamo chiarezza.

 

Differenze tra regime forfettario e ordinario

La principale distinzione tra i due regimi riguarda la struttura degli adempimenti e il criterio di determinazione dell’imponibile. La tassazione del regime forfettario è semplificata e calcolata applicando un coefficiente di redditività al totale dei ricavi conseguiti, senza la possibilità di dedurre costi analitici. Al reddito determinato si applica un’imposta sostitutiva pari al 15% (ridotta al 5% per i primi cinque anni in presenza di determinate condizioni), che comprende IRPEF, addizionali e contributi previdenziali (salvo quelli INPS da versare separatamente).

Il regime ordinario, al contrario, comporta l’applicazione dell’IRPEF a scaglioni sul reddito effettivo, calcolato sottraendo al totale dei ricavi tutti i costi inerenti l’attività, inclusi ammortamenti, canoni, spese per beni strumentali e costi del personale. Il contribuente ordinario è inoltre soggetto a IVA, IRAP (in determinati casi) e adempimenti periodici tra cui liquidazioni IVA, tenuta della contabilità, dichiarazioni trimestrali o mensili, versamenti con F24 e conservazione dei registri contabili.
Il regime forfettario, quindi, semplifica notevolmente la gestione fiscale, in particolar modo per attività di piccole dimensioni, mentre il regime ordinario consente una gestione articolata e puntuale.

Modalità per effettuare il passaggio da ordinario a forfettario

Il passaggio da regime ordinario a regime forfettario può avvenire in due modalità: su opzione volontaria o per effetto del mancato superamento dei limiti previsti per l’ordinario. Per accedere al regime forfettario è necessario rispettare i requisiti soggettivi e oggettivi fissati dalla normativa, tra cui:
• non aver conseguito ricavi o compensi superiori a 85.000 euro nell’anno precedente;
• non aver sostenuto spese per lavoro dipendente o collaborazioni superiori a 20.000 euro;
• non essere soci di società di persone, associazioni professionali o srl trasparenti;
• non esercitare prevalentemente attività verso il precedente datore di lavoro (salvo casi particolari).

Chi intende effettuare il passaggio deve comunicarlo attraverso la dichiarazione IVA (nel quadro VO) oppure all’apertura della partita IVA per i nuovi contribuenti. In caso di rientro nei limiti di accesso, il passaggio può avvenire automaticamente a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo, purché non sia stata effettuata un’opzione vincolante per il regime ordinario nei tre anni precedenti (in tal caso è necessario attendere la fine del triennio).
A chi è consigliato il regime forfettario

Il regime forfettario è particolarmente indicato per liberi professionisti, freelance e microimprese che presentano costi di struttura contenuti, basso volume di investimenti e un’organizzazione del lavoro semplice. È vantaggioso per chi non ha bisogno di dedurre costi significativi, non deve assumere personale in modo continuativo e mantiene ricavi annuali al di sotto della soglia degli 85.000 euro.
Può essere una scelta ottimale per chi è all’inizio dell’attività e desidera una gestione fiscale leggera, oppure per chi opera in settori ad alta marginalità, dove il coefficiente di redditività applicato dal fisco si rivela favorevole. La riduzione dell’aliquota al 5% nei primi cinque anni costituisce un incentivo per le nuove iniziative imprenditoriali.

Al contrario, il regime ordinario è adatto in presenza di volumi di affari rilevanti, struttura complessa, presenza di dipendenti, necessità di dedurre costi elevati o di effettuare investimenti di alto livello.

Dimitri Stagnitto

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Dimitri Stagnitto

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