“Basta, chiudiamo”: la prestigiosa catena italiana fallisce miseramente | Dichiarata bancarotta, un sogno bruciato in 1 secondo

serranda chiusa

Chiusura per fallimento (Foto di Walter Frehner su Unsplash) - infoiva.com

Una chiusura clamorosa scuote il panorama internazionale: una nota catena italiana alza bandiera bianca tra debiti e silenzi.

Certe notizie non arrivano con un botto, ma con un cartello scritto a mano, attaccato storto sulla vetrina: “Definitivamente chiuso. Ci dispiace”. E per chi passava ogni giorno lì davanti, è un piccolo shock.

Non si tratta del solito bar di quartiere o del ristorantino aperto “per passione” e chiuso sei mesi dopo. Stavolta è qualcosa di molto più grande, più conosciuto, più triste.

Ci sono luoghi che diventano riti. Spazi dove si costruiscono abitudini, si celebrano piccoli successi, si creano ricordi quasi senza accorgersene.

Eppure, anche queste certezze – solide, familiari, apparentemente immortali – a volte crollano. E quando succede, lo fanno senza rumore, ma con un impatto che lascia il segno. E così, senza preavviso e con poche parole, è arrivato il colpo di scena. Il “basta, chiudiamo” che nessuno si aspettava. O forse sì, ma non così.

Fallimento per la prestigiosa catena italiana

La notizia è arrivata in piena estate, ma ha fatto più freddo di un inverno economico. Il 18 agosto 2025, una delle più conosciute società legate alla cucina italiana di fascia alta ha presentato istanza di fallimento negli Stati Uniti. Parliamo di Bravo Brio Restaurants LLC, società nota per aver gestito le catene di ristoranti di fascia alta Bravo Italian Kitchen e Brio Italian Grille.

Non è la prima volta: il copione si era già visto nel 2020, quando il precedente proprietario aveva alzato bandiera bianca durante il caos della pandemia. Dopo il primo crollo, spiega money.it, la gestione era passata a nuove mani con la speranza di una rinascita. Ma i conti non hanno mai davvero ripreso fiato. Stavolta il buco è ancora più profondo: un passivo tra i 50 e i 100 milioni di dollari, e un debito aperto con uno dei principali distributori alimentari americani. Un finale che sa più di resa che di ristrutturazione.

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Ristorante chiuso (Foto di Pavel Danilyuk da pexels) – infoiva.com

Serrande abbassate definitivamente

Il caso ha acceso i riflettori su una crisi ben più ampia. Tante altre catene – anche fuori dall’Italia – hanno vissuto lo stesso destino. Alcuni nomi sono già spariti dalle insegne: Bertucci’s, Buca di Beppo, Domino’s (alcuni franchise), e persino Little Caesars hanno archiviato gli ultimi anni con istanze di bancarotta. Non è più solo una questione di concorrenza, ma di resistenza.

Il quadro generale non è rassicurante. In due anni, persino giganti globali del fast food e della ristorazione hanno mostrato segni di cedimento: cali nei bilanci, chiusure improvvise, licenziamenti a catena. Il mondo del cibo commerciale – quello che sembrava intoccabile – ha scoperto di avere fondamenta fragili.