Pensioni al ribasso | chi credeva di andare in pensione tranquillo rimane fregato: il bluff della nuova riforma

Giorgia Meloni

Giorgia Meloni - Infoiva

Con la riforma pensioni 2026 cambia tutto: l’età sale, gli importi si abbassano e le vecchie formule spariscono. Chi pensava di potersi ritirare sereno scopre ora che il traguardo è più lontano e più povero.

Il Governo sta lavorando a una nuova revisione del sistema previdenziale che partirà dal 2026. L’obiettivo ufficiale è semplificare e rendere sostenibile la spesa pubblica, ma le prime simulazioni mostrano un effetto amaro per milioni di lavoratori. L’uscita anticipata diventa più difficile, i requisiti si alzano e gli assegni risultano più bassi. Dietro la promessa di una “pensione flessibile” si nasconde una riduzione reale delle opportunità di lasciare il lavoro prima dei 67 anni. Molti rischiano di restare incastrati tra regole più rigide e contributi insufficienti.

La riforma nasce per superare le vecchie formule come Quota 103 e Opzione Donna, sostituendole con un sistema unico e contributivo. Ma i vincoli sono più severi. L’età minima sarà di 64 anni con almeno 20 anni di contributi, e la pensione anticipata sarà concessa solo se l’assegno raggiunge almeno 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale. In caso contrario, l’unica opzione resta la pensione ordinaria a 67 anni. Una stretta che colpisce soprattutto chi ha carriere discontinue o lavori precari, oggi la maggioranza dei lavoratori italiani.

Quota flessibile e nuove regole: cosa cambia davvero nel 2026

Le nuove ipotesi al vaglio del Governo prevedono una “Quota 41 flessibile”, che consentirebbe il pensionamento con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età, ma con penalizzazioni sull’importo mensile. È una soluzione pensata per chi ha iniziato a lavorare presto, ma non sarà accessibile a tutti. Le penalizzazioni, secondo le prime stime, possono arrivare fino al 15%, rendendo l’uscita anticipata meno conveniente. L’obiettivo è evitare nuovi buchi nei conti pubblici e mantenere l’equilibrio del sistema previdenziale.

Un’altra modifica importante riguarda Opzione Donna, che subirà ulteriori restrizioni. Potranno accedervi solo lavoratrici con almeno 35 anni di contributi e 61 anni di età, ma con il calcolo interamente contributivo, quindi con assegni più leggeri. Le regole diventano quindi più rigide per tutti: anche chi sceglie la flessibilità dovrà accettare importi più bassi e condizioni più stringenti. Si tratta, di fatto, di un ridimensionamento generale delle pensioni, giustificato dal Governo come necessario per garantire la sostenibilità del sistema.

Pensione
Pensione – Infoiva

Chi rischia di più e come evitare brutte sorprese

I più penalizzati saranno i lavoratori con carriere discontinue, gli autonomi e chi ha iniziato tardi a versare contributi. Molti di loro non raggiungeranno i requisiti minimi entro i 64 anni, mentre chi potrà farlo riceverà assegni sensibilmente inferiori alle aspettative. Gli esperti invitano a controllare regolarmente la propria posizione contributiva e a valutare forme di previdenza complementare, come i fondi pensione, per integrare l’importo futuro. Ogni anno di contributi in più potrà fare la differenza tra una pensione dignitosa e un assegno minimo.

Il messaggio è chiaro: la nuova riforma non taglia direttamente le pensioni, ma cambia i parametri in modo da renderle più basse e più difficili da ottenere. Il sistema diventa più rigido, legato alla sostenibilità dei conti pubblici più che alla tutela del lavoratore. Chi contava di smettere a 62 o 63 anni dovrà rivedere i propri piani. In un Paese dove il lavoro stabile è sempre più raro, la riforma 2026 rischia di svelare il grande bluff del “pensionamento sereno”, costringendo milioni di italiani a restare al lavoro più a lungo e con prospettive economiche peggiori.