Smartphone, quando lo compri paghi una tassa | Ma nessuno te ne ha mai parlato: ecco perché la tengono “nascosta”
Smartphone nuovo - Pexels - infoiva.com
Quando compri uno smartphone paghi anche un contributo extra, nascosto nel prezzo e mai spiegato davvero. Ecco di che si tratta
Quando scegli un nuovo telefono, ti concentri su quello che vedi — lo schermo, la fotocamera, la memoria. Raramente pensi che dentro il prezzo finale ci sia una voce che non riguarda hardware o servizi: un contributo che serve a compensare chi crea musica, film, libri o altri contenuti protetti da copyright.
Eppure, quel contributo esiste da decenni ed è applicato in automatico, invisibile e quasi sempre ignorato.
Il meccanismo prende il nome di SIAE e si chiama “compenso per copia privata”: viene applicato a ogni dispositivo o supporto che consenta di memorizzare contenuti digitali — smartphone, PC, chiavette, hard disk, tablet e così via.
È un costo che il produttore/inportatore deve versare a monte, ma che finisce per gravare sul prezzo finale pagato dal consumatore.
Quanto può costare davvero: cifre e soglie
Secondo IlPost, il contributo può arrivare anche a un importo superiore a 20 euro per alcuni dispositivi dotati di memoria. Questo significa che — anche se non se ne parla in modo esplicito in negozio — una parte non piccola di quanto paghi per un nuovo smartphone serve a questa compensazione per la copia privata.
Questo contributo non è fisso: varia in base alla tipologia di prodotto e alla sua capacità di memorizzazione. In alcuni casi, per device di fascia alta o con grande memoria, la quota inserita nel prezzo può crescere considerevolmente, rendendo il sovrapprezzo difficile da individuare ma reale.

Perché molti non sanno di pagarla — e perché resta nascosta
La “tassa nascosta” resta tale perché non appare come voce separata nello scontrino o nella scheda prodotto. Non trovi scritto “compenso copia privata: 20€” accanto al totale: quel contributo è già incluso nel prezzo che confronti con altri modelli, mascherando la sua presenza.
Inoltre, il calcolo è fatto in base a tabelle tecniche stabilite per legge, e nessun rivenditore è obbligato a evidenziarla: l’onere ricade sui produttori/importatori, che poi riversano il costo sul consumatore. Questo sistema rende il contributo molto difficile da distinguere dal prezzo “normale” del telefono.
Di conseguenza, anche chi acquista più dispositivi nel corso della vita — smartphone, tablet, HDD, chiavette — può accumulare cifre significative: spende per tecnologia, ma anche per un contributo alla tutela del copyright che potrebbe non usare mai in concreto. È un meccanismo legale, previsto da anni, ma poco trasparente. E capire che c’è può cambiare la percezione di quanto costa davvero un dispositivo “da reparto elettronica”.
