Allarme Legge 104: da oggi ti possono spiare | Se dici una bugia scatta il licenziamento

Allarme Legge 104: da oggi ti possono spiare | Se dici una bugia scatta il licenziamento
Allarme Legge 104: da oggi ti possono spiare | Se dici una bugia scatta il licenziamento

Una vicenda che scuote il mondo del lavoro è emersa a Venezia, dove un dipendente di Coop Alleanza 3.0, un 46enne di Mestre, è stato licenziato “per giusta causa” dopo che l’azienda aveva installato un GPS nascosto nella sua auto aziendale. Come riportato da Today, lo scopo dichiarato era verificare l’effettivo utilizzo dei permessi previsti dalla Legge 104, destinati all’assistenza della madre malata. I tracciamenti hanno mostrato che, durante alcune ore di permesso, l’uomo si sarebbe recato in luoghi diversi da quelli previsti per l’assistenza, portando al licenziamento in tronco. La vicenda risale al giugno dello scorso anno; l’uomo, assunto dal 2009 e descritto come affidabile e diligente, ha però deciso di non arrendersi e, affidandosi all’avvocata Dominga Graziani Tota, ha portato l’azienda in tribunale, cercando giustizia contro quello che riteneva un abuso.

La decisione del giudice: controlli illegittimi

La decisione del giudice: controlli illegittimi

La decisione del giudice: i controlli contestati sono illegittimi.

 

La giudice del lavoro di Venezia, Margherita Bortolaso, ha esaminato attentamente il caso e ha pronunciato una sentenza che ha completamente ribaltato la posizione dell’azienda. La decisione ha disposto non solo il reintegro immediato del dipendente al suo posto di lavoro, ma ha anche condannato Coop Alleanza 3.0 a risarcirlo con tutte le retribuzioni arretrate dal giorno del licenziamento. Questa pronuncia rappresenta un importante precedente in materia di diritti del lavoratore e privacy.

Nella sentenza, depositata pochi giorni fa, la giudice ha stabilito che i controlli effettuati dalla Coop tramite dispositivo GPS erano illegittimi. Tali accertamenti sono stati considerati una chiara violazione della privacy del lavoratore e, di conseguenza, sono stati dichiarati inutilizzabili in giudizio. La motivazione chiave di questa decisione risiede nel fatto che i controlli sono stati eseguiti senza un fondato sospetto di abuso, una condizione ritenuta necessaria dalla giurisprudenza per giustificare interventi così invasivi. Citando una decisione della Corte del 2021, la sentenza ha ribadito che “in nessun caso può essere giustificato un annullamento delle garanzie di dignità e riservatezza del lavoratore”.

L’innocenza del lavoratore e le motivazioni

L'innocenza del lavoratore e le motivazioni

Comprendere le motivazioni: la chiave per l’innocenza del lavoratore.

 

La sentenza della giudice Bortolaso non si è limitata a contestare la modalità dei controlli, ma ha anche riconosciuto l’innocenza del 46enne riguardo all’uso dei permessi Legge 104. Il tribunale di Venezia ha infatti accertato che il lavoratore, descritto in giudizio come “affidabile e diligente, mai attinto da sanzioni disciplinari” durante i suoi anni di servizio dal 2009, aveva in realtà utilizzato correttamente le ore di permesso per le quali era stato accusato.

Contrariamente alle accuse dell’azienda, durante le giornate sotto indagine (in particolare il 28 maggio, 4 e 5 giugno 2024), l’uomo non si era recato in luoghi non pertinenti all’assistenza, ma stava invece realizzando dei lavori essenziali nella propria abitazione. Questi interventi erano volti a migliorare la sicurezza e l’accessibilità per la madre malata, dimostrando quindi una piena coerenza con lo spirito della Legge 104. Questo caso sottolinea l’importanza di un equilibrio tra controllo aziendale e diritti individuali, ponendo un freno all’uso indiscriminato di tecnologie di sorveglianza e rafforzando la tutela della dignità del lavoratore.