Stress da lavoro, arriva una sentenza storica | Boom di risarcimenti in Italia: molto probabilmente spetta anche a te

Stress da lavoro, arriva una sentenza storica | Boom di risarcimenti in Italia: molto probabilmente spetta anche a te

Risarcimento da stress sul lavoro - Pexels - infoiva.com

Una nuova sentenza sullo stress in ufficio promette un vero boom di risarcimenti: potresti avere diritto anche tu.

Stress continuo, turni pesanti, richieste che cambiano all’ultimo minuto, rimproveri davanti ai colleghi: per tanti lavoratori questa è la normalità, ma finora trasformare tutto questo in un diritto al risarcimento è stato complicato. In tribunale, infatti, la parola che tutti temono è una sola: “mobbing”, perché viene spesso letta come una montagna di prove difficili da portare davanti al giudice.

Molti rinunciano in partenza perché pensano che senza una vera e propria persecuzione organizzata non ci sia nulla da fare. E invece proprio da qui arriva la svolta: una sentenza recente ha rimesso al centro non tanto le intenzioni del datore di lavoro, quanto il risultato finale sulle condizioni psicofisiche del dipendente.

Un cambio di prospettiva che può toccare migliaia di persone, soprattutto in quegli uffici dove il clima è diventato insostenibile pur senza atti clamorosi.

Cosa ha deciso la Cassazione sullo stress in ufficio

Come spiega QuiFinanza, tutto nasce dal caso di una lavoratrice che aveva denunciato una condotta di mobbing avvenuta anni prima, chiedendo il risarcimento del danno. In primo grado il tribunale le aveva dato ragione, ma in appello la sentenza era stata ribaltata: secondo i giudici non c’era prova di un vero disegno persecutorio unitario, quindi niente mobbing e niente risarcimento. A quel punto la donna ha deciso di rivolgersi alla Cassazione, contestando sia la lettura dei fatti sia il modo in cui era stato applicato il diritto.

Con la sentenza n. 31367/2025, la Suprema Corte ha accolto il ricorso, censurando la decisione d’appello. I giudici hanno ribadito la natura contrattuale della tutela prevista dall’articolo 2087 del Codice civile: il lavoratore deve dimostrare il danno alla salute e le regole violate, ma non la colpa del datore. È invece il datore a dover provare di aver fatto tutto il necessario per prevenire il pregiudizio. Il punto decisivo è che la responsabilità può scattare anche senza dimostrare il “mobbing in senso tecnico”: è sufficiente che le condotte o l’ambiente di lavoro siano oggettivamente idonei a ledere la salute o la dignità del dipendente.

Quando scatta il risarcimento per straining e ambiente tossico

Nell’analisi riportata da QuiFinanza, la Cassazione distingue tra mobbing e straining, ma chiarisce che anche quest’ultimo configura una violazione dell’art. 2087. Lo straining è una forma attenuata di pressione: può nascere da un singolo episodio o da un clima aziendale costantemente ostile, comunque capace di creare stress forzato e prolungato. Proprio perché lede l’integrità psicofisica del lavoratore, anche in questi casi l’azienda può essere chiamata a rispondere in sede civile.

La sentenza ricorda che il datore è responsabile quando tollera un ambiente nocivo, mantiene un clima umiliante o adottata prassi autoritarie che generano ansia, isolamento o sofferenza psichica, oppure non valuta e non previene adeguatamente i rischi da stress lavoro-correlato previsti dal Testo unico su salute e sicurezza. Significa che non serve più parlare per forza di “mobbing” per ottenere un risarcimento: se il tuo luogo di lavoro è diventato realmente tossico e questo ti ha causato un danno alla salute, la pronuncia apre uno spazio concreto per far valere i tuoi diritti contro il datore di lavoro.