Le aziende del Made in Italy diventano price-maker.

Le oltre 4.500 medie imprese, che rappresentano i campioni del Made in Italy sono diventate negli scorsi anni dei veri e propri price-maker sui mercati internazionali. Queste imprese, infatti, hanno puntato su un modello improntato alla qualità, alla differenziazione, al contenuto di servizio al cliente.

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Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere

 Da un’indagine svolta da Unioncamere in cinque città d’europa (Amsterdam, Barcellona, Francoforte, Parigi e Stoccolma), è emerso che il 40 per cento dei prodotti di abbigliamento non ha alcuna dichiarazione d’origine, che il 57 per cento non è conforme alla composizione merceologica dichiarata, e che il 10 per cento presenta elementi cancerogeni. Anche in Italia, il 58,5 per cento dei capi di abbigliamento immessi sul mercato risulta senza indicazione di origine. I dati sono stati resi noti da Ferruccio Dardanello, presidente dell’Unione delle camere di commercio, intervenuto questa mattina al convegno di Symbola e Farefuturo “Il futuro Made in Italy”. “Le oltre 4.500 medie imprese, che rappresentano i campioni del Made in Italy – ha dichiarato Dardanello -, sono diventate negli scorsi anni dei veri e propri price-maker sui mercati internazionali. Queste imprese, infatti, hanno puntato su un modello aziendale improntato alla qualità, alla differenziazione, al contenuto di servizio al cliente, che ha consentito loro di vendere i prodotti principali a prezzi superiori di quasi il 20% a quelli del prodotto standard. Negli ultimi anni questo premium-price si è andato assottigliando, riducendosi al +2,5%. Ciò sta avvenendo perché, per conquistare fasce di mercato più ampie ed andare incontro a un modello di consumo più consapevole, rispettoso dell’ambiente e del consumo energetico, le imprese hanno puntato a potenziare ulteriormente altri fattori competitivi di tipo immateriale, cioè l’innovazione, il design, il marchio aziendale. Non a caso, dalle nostre indagini emerge che grazie a nuovi prodotti, e facendo sempre della qualità la propria bandiera, il 59% delle piccole e medie imprese manifatturiere conta di raggiungere altri e più promettenti mercati in Italia e all’estero mentre il 70% ha investito nell’innovazione”. “Ma questa spinta all’innovazione che emerge dal nostro tessuto produttivo – ha concluso Dardanello -, deve essere portata a sistema e deve essere sostenuta dalle istituzioni e dalla pubblica amministrazione. La tutela del Made in Italy è una linea di intervento politico fondamentale, alla quale vanno affiancate azioni di sostegno alla qualificazione dei prodotti, attraverso la tracciabilità, un’adeguata strategia di comunicazione e tanta formazione che valorizzi i saperi del territorio e dia futuro alle nostre produzioni di punta”.

fonte: ago press