Le neo-mamme avvocato non dovranno provare l’effettività e la continuità della professione, ai fini della permanenza nell’albo, quando siano in maternità e nei primi due anni di vita del bambino. Questo è quanto stabilito dall’articolo 20 della proposta di legge di riforma dell’ordinamento professionale. Con questa nuova norma, per la prima volta viene riconosciuta la specificità della posizione delle donne-avvocato. Inoltre, la stessa riforma prevede la necessaria costituzione delle Commissioni pari opportunità presso gli ordini.
Si tratta di piccoli passi, apprezzati dal Consiglio Nazionale Forense, verso un progetto più ampio di interventi che rispetti le differenze di genere nella professione forense.
Un segnale, dunque, che viene dato durante il XXX Congresso forense tenutosi la socrsa settimana a Genova nel quale una sessione è stata dedicata proprio alle donne-avvocato e alla presentazione della ricerca Censis, promossa dalla Commissione pari opportunità del Cnf e dall’Aiga: “Dopo le buone teorie, le proposte.”
Gli obiettivi indicati dalla ricerca per rafforzare il ruolo la presenza e la rappresenta femminile nella professione forense sono sostanzialmente cinque e chiamano in causa istituzioni forensi ma anche le amministrazione governative:
cnvestire nella rappresentanza (individuando meccanismi di riequilibrio che garantiscano la compresenza dei due generi negli ambiti decisionali);
cambiare la cultura delle stesse avvocate (formando il dominus di studio alle pari opportunità, per esempio, ma anche suggerendo una diversa distribuzione dei carichi all’interno della famiglia);
raccontare la professione (cioè informare sui diritti/doveri collegati al ruolo professionale;
accompagnare la professione (per esempio orientando le professioniste donne a specializzazioni considerare te non femminili come il diritto societario; o incentivando lo start up dello studio;
alleggerire le famiglia (puntando anche al lavoro in modalità remota).
Questi i dati della ricerca: le donne scelgono l’attività forense per passione ( 49,6%), per fare profitto (20%), per un servizio alla collettività (9%); considerano fattori di successo una formazione adeguata (46,3%), la capacità di assumersi responsabilità (26%) disponibilità a occuparsi di qualsiasi problema del cliente (20,%). Significativa la differenza con il colleghi uomini che considerano la capacità di autopromozione il primo fattore di successo (38%). Per donne, poi, i fattori di criticità della professione sono: il numero crescente dei colleghi (56,7%), la difficoltà a far crescere lo studio (32,7%), ma anche la diffidenza della clientela. Tra i fattori che facilitano lo sviluppo della professione di avvocato, le donne avvocato annoverano disporre di uno studio organizzato (42,3%); definire il numero chiuso per l’accesso a Giurisprudenza (28,5); recuperare peso sul piano del prestigio sociale ( 24,6%). E poi utilizzare tecnologie, studi associati, defiscalizzare le spese. La disparità di trattamento con i colleghi uomini passa anche attraverso una marcata asimmetria nelle retribuzioni. Sono infatti l’85,7% le donne avvocato intervistate che denunciano una capacità di guadagno nettamente inferiore a quella maschile (vedi dati cassa forense), lamentando una discriminazione da parte dei clienti (47,1%).
Lo stereotipo che vivono le donne avvocato le vuole capaci di occuparsi delle “persone” e non degli “affari”. Dunque non coglie di sorpresa il dato che testimonia come l’ambito di maggior impegno professionale sia quello della famiglia e minori (68,5), seguito dalla proprietà/condominio (55%), contrattualistica (52%).
Quanto poi all’impiego delle donne nelle Istituzioni forensi: la nuova tornata elettorale presso i Consigli degli Ordini locali e presso il Cnf ha segnato un accenno di inversione di tendenza rispetto alla quota di rappresentanza femminile. Al Consiglio nazionale forense sono state elette due consigliere Carla Broccardo e Susanna Pisano, dei distretti di Corte d’appello, rispettivamente, di Trento e Cagliari. Inoltre, dopo le elezioni di fine 2009 presso i Coa locali, sono 44 le donne oggi al vertice dei Consigli dell’Ordine: 13 presidenti e 31 segretari. Inoltre, crescono le Commissioni pari opportunità presso gli Ordini, oggi giunte a quota 100. “La diffusione delle CPO è stata portata avanti dalla CPO del CNF durante tutto il triennio e l’accresciuta presenza delle donne ai vertici rappresenta un successo di tale lavoro di Rete”, chiosa Carla Guidi. “ Resta poi da considerare come alla crescita degli incarichi di vertici sia conseguito un calo numerico di avvocate all’interno dei CdO : dato disagregato rispetto alla crescita del numero delle iscritte agli Albi. Occorre proseguire su tale strada al fine di dare una unitaria regolamentazione alle CPO ormai diffuse in modo capillare sul territorio, rapportandosi anche con le CPO presso i Consigli Giudiziari”. ” La presenza di una componente femminile nel rinnovato CNF deve servire da stimolo per tutta l’Avvocatura a continuare con vigore nel percorso di innovazione che tende a rappresentare nella massima istituzione della categoria le istanze dell’intero corpo professionale, e non solo di una parte di esso, nel rispetto e nella valorizzazione delle differenze di genere”.
fonte: Ufficio Stampa Cnf