RIP LEGGENDA: è morta l’azienda più in voga degli anni 90 | Dichiarato fallimento senza precendenti

Serranda chiusa (pexels) infoiva.com
La leggenda ha chiuso i battenti per sempre. La serranda è stata sigillata e adesso milioni di lavoratori non sanno che fare.
C’erano i Tamagotchi, il Walkman, le cartoline delle Spice Girls, e la domenica si mangiava tutti insieme con Non è la Rai in sottofondo. Gli anni ’90 in Italia erano un miscuglio di tecnologia elementare e mode esagerate, dove bastava un paio di Superga e un borsello Invicta per sentirsi al passo coi tempi.
I giovani si dividevano tra le hit di Alexia e le cassette registrate con attenzione dalla radio, mentre gli adulti si affacciavano con curiosità e diffidenza all’avvento dei primi cellulari, che servivano solo per telefonare. Si beveva Estathé dalla cannuccia corta, si facevano le collezioni di schede telefoniche e si aspettava il giovedì sera per vedere ER Medici in prima linea.
Il mondo sembrava più semplice, ma soprattutto era pieno di aziende italiane che promettevano di conquistare il futuro. Alcune di queste sono sopravvissute, altre invece si sono lentamente spente, lasciando solo un ricordo sbiadito nelle vetrine vuote o nelle scatole in soffitta. E tra queste, c’era una leggenda industriale, un colosso che ha fatto la storia della componentistica italiana.
I colossi degli anni 90
Dagli zainetti Eastpak alle tute Fila, passando per le pubblicità iconiche di Fernet Branca e i primi modem 56k, molti marchi nati o esplosi negli anni ’90 hanno segnato un’epoca e formato un immaginario collettivo unico. Nokia dettava legge con i suoi indistruttibili cellulari, Algida lanciava ogni estate un nuovo gelato da collezionare, Swatch era sinonimo di orologi colorati e pop, e Fiat dominava le strade italiane.
In quel mix perfetto di design, funzionalità e identità nazionale, anche un altro colosso brillava come punta di diamante della componentistica automotive. Il suo nome era presente in tantissimi veicoli e rappresentava affidabilità, tecnologia e manifattura tutta italiana. Oggi, pensare che una di queste aziende storiche possa sparire fa un certo effetto. Un altro pezzo d’Italia che se ne va.
La leggenda chiude
Ma anche le leggende, a volte, cadono, come confermato da Search.app. La data che segna la fine di un’era è il 31 luglio. Lo stabilimento Marelli di Sulmona, uno degli ultimi baluardi industriali dell’Abruzzo interno, chiude i battenti. Il fallimento, dichiarato in via ufficiale, scuote non solo i 444 dipendenti coinvolti, ma anche un intero territorio che da decenni vive intorno a quella fabbrica.
Le assemblee sindacali hanno fatto il possibile per arginare la tragedia, ottenendo la proroga del contratto di solidarietà con riduzione del 45% dell’orario di lavoro e salvaguardia dei contributi. Ma resta l’amaro in bocca, con 147 esuberi previsti entro l’anno. Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha convocato nuovi incontri, ma l’incertezza è padrona. La Marelli, simbolo industriale degli anni d’oro, sembra oggi un ricordo lontano.