Pensioni anticipate 2022: quando bastano 56 o 61 anni, ecco chi può

Si fa un gran ragionare sulla riforma delle pensioni e sulle richieste dei sindacati. Parti sociali che chiedono a gran voce una uscita flessibile dai 62 anni di età con 20 anni di contributi. Misura che difficilmente potrà essere varata, soprattutto per via di un costo troppo elevato se fatta con apertura a tutta la popolazione lavorativa.

E se dicessimo che esiste una misura che consente di anticipare la pensione ancora di più rispetto alla proposta dei sindacati? Nessuna fake news, perché il nostro ordinamento è dotato di una misura strutturale, che permette proprio questo. E proprio perché strutturale, anche nel 2022 ci sarà chi potrà sfruttarla.

Pensione di vecchiaia anticipata per invalidi, donne a 56 anni, uomini a 61

La pensione ordinaria di vecchiaia si centra una volta raggiunti i 67 anni di età ed una volta raggiunti i 20 anni di contributi. Esiste però la versione di pensione di vecchiaia indirizzata verso gli invalidi.

Ed è una misura che consente un netto anticipo rispetto alla pensione ordinaria. Come dicevamo, pensioni talmente anticipate sono una rarità. Ecco perché la misura va approfondita. Una misura che consente di accedere alle pensioni anche 11 anni prima (o 10 se consideriamo le finestre di attesa).

Basti pensare che per le donne questa misura consente un anticipo maggiore perfino rispetto alla pensione con Opzione Donna (58 anni di età per le dipendenti e 59 per le autonome).

Infatti possono accedere alla quiescenza le donne già a partire dai 56 anni e gli uomini a 61 anni. Ed in entrambi i casi l’età contributiva minima prevista resta la medesima della pensione di vecchiaia ordinaria. Infatti bastano i canonici è 20 anni di contribuzione.

Va ricordato però che occorre fare i conti con una finestra mobile di 12 mesi che di fatto sposta la decorrenza del primo rateo di pensione e riduce un anticipo che però resta sostanziale.

Pensioni di vecchiaia con invalidità pensionabile, i requisiti

La sostenibilità di una misura pensionistica talmente vantaggiosa sui termini di uscita è data dal fatto che non è una misura aperta alla generalità dei lavoratori. Serve un requisito aggiuntivo al doppio vincolo anagrafico-contributivo. Occorre essere invalidi di un certo tipo per rientrare in pensioni particolari come lo è questa pensione di vecchiaia anticipata.

Per soggetti a cui è stata riconosciuta una percentuale d’invalidità pensionabile pari o superiore all’80%, questi i beneficiari della misura. In pratica,per questi le porte della pensione di vecchiaia anticipata si aprono proprio al raggiungimento dei 20 anni di contributi previdenziali versati, con un vantaggio enorme come età. Nello specifico, a 62 anni di età per gli uomini e 57 per le donne, al netto della finestra di 12 mesi come prima detto.

Va sottolineato che non tutti gli invalidi possono accedervi, perché non basta la certificazione dello stato di invalidità rilasciata dalla Commissione Medica per le Invalidità Civili che fa capo alle Aziende Sanitarie Locali.

Occorre che siano le commissioni mediche dell’Inps a certificare questa invalidità pari o superiore all’80%, con tanto di riduzione della capacità lavorativa degli interessati, in base al lavoro svolto, alle mansioni assegnate e alle attitudini del lavoratore.

Bonus Irpef 2022: cosa cambia e a chi spetta?

La riforma fiscale ha visto i natali tra legge di Bilancio e suo collegato Fiscale. Cambiano le aliquote Irpef, scompare quella al 41% che riguardava i redditi tra i 55.000 ed i 75.000 euro e cambia anche il bonus Irpef. Questo è solo il primo passo di una riforma in cantiere assai più profonda. L’obbiettivo finale del governo è quello di portare le aliquote dell’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche a tre (oggi da cinque aliquote si è passati a quattro).

Ridurre il prelievo fiscale, questo l’obbiettivo della riforma. I ritocchi introdotti quest’anno riguardano però solamente i redditi assoggettati all’applicazione delle aliquote più alte (ma l’obbiettivo delle riforma è proprio questo). Ma cosa cambia per il bonus Irpef che ha sostituito il vecchio bonus da 80 euro conosciuto come bonus Renzi?

Vediamo di approfondire l’argomento, andando a spiegare cosa è cambiato ed a chi spetta nel 2022 questo benefit.

Bonus Irpef 2022, la guida

Il bonus Irpef è stato introdotto nel 2021 e in base ai dettami normativi,  viene riconosciuto:

  • Ai lavoratori dipendenti con un reddito fino 28.000 euro;
  • Ai lavoratori dipendenti e assimilati incapienti con reddito sotto la soglia di  8.145 euro.

Nessuna distinzione tra lavoratori statali e lavoratori del settore privato. L’importo del bonus è pari a 100 euro al mese erogato in generale, nelle buste paga mensili o nei cedolini. Ma parliamo della cifra massima, perché il bonus Irpef nasce modulabile. Infatti abbiamo:

  • 100 euro al mese per redditi compresi tra 26.600 e 28.000 euro;
  • 80 euro al mese per redditi compresi tra 28.000 e 35.000 euro;
  • da 79 euro a zero per redditi compresi tra 35.000 e 40.000 euro.

Per comprendere quali sono i redditi da considerare per capire quali incidono sulle fasce prima citate va detto che vanno esclusi e non considerati i redditi derivanti dall’abitazione principale e quelli delle relative pertinenze. Inoltre esclusi pure i  oltre ai premi di risultato. Tutti gli altri vanno tenuti in considerazione.

Il bonus 100 euro appannaggio dei redditi più bassi

In base a quanto detto, ed alla luce delle modifiche, il bonus Irpef continua ad essere appannaggio  dei lavoratori dipendenti con redditi fino a 15.000 euro (primo scaglione). Inoltre, a determinate condizioni,  anche per dipendenti con redditi fino a 28.000 euro il benefit verrà comunque erogato. Per questa fascia tutto dipende dall’ammontare complessivo delle detrazioni spettanti (familiari a carico, lavoro dipendente, mutuo prima casa e così via). Nel caso in cui l’ammontare complessivo delle detrazioni a cui si ha diritto superano l’imposta lorda dovuta, niente benefit o erogazione in misura ridotta.

Le modifiche normative operano in salvaguardia per il contribuente. Infatti per la generalità dei lavoratori dipendenti vengono previste detrazioni fiscali più cospicue, che arriveranno a 3.100 euro come importo massimo spettante. Le fasce più avvantaggiate quelle con redditi compresi tra 25.000 e 35.000 euro.

Pertanto il bonus Irpef continuerà ad essere riconosciuto ai lavoratori che alla luce delle nuove norme su aliquote e detrazioni, avrà un trattamento penalizzante. Infatti se l’importo delle detrazioni spettanti sarà più elevato dell’Irpef lorda dovuta, il bonus sarà sempre riconosciuto.

Per i lavoratori con redditi tra 15.000 e 28.000 euro il bonus Irpef deriverà dalla differenza tra l’imposta lorda e le detrazioni spettanti, e naturalmente fino alla soglia di 1.200 euro.

Riforma pensioni: come si uscirebbe nel 2023

C’è una finestra che potrebbe tornare utile per riuscire finalmente a mettere mano al sistema pensioni italiano. È quella del mese di aprile, in cui il governo dovrebbe presentare il Documento di Economia e Finanze (DEF).

Questa almeno è la speranza, cioè l’obbiettivo che forse hanno i sindacati. Esperienza però ci dice che probabilmente se ne riparlerà a fine anno, come al solito, con la nuova legge di Bilancio. Infatti dopo il nulla di fatto o quasi dell’ultima manovra finanziaria, si guarda al futuro. L’ultima manovra ha prodotto solo una piccola novità rappresentata da quota 102.  Ecco perché quest’anno si cercherà di intervenire in maniera più profonda su quella riforma delle pensioni che sembra sempre più necessaria.

Tra l’altro la quota 102 è stata varata solo per 12 mesi, perché si tratta di uno strumento previdenziale che verrà utilizzato fino al 31 dicembre 2022, per poi sparire, salvo proroghe. Un indizio questo che potrebbe riguardare la volontà di tornare a correggere il sistema nel corso del 2022. Ma nell’ultimo summit tra governo e sindacati, in base alle richieste di questi ultimi, sembra che le distanze sono invariate tra le parti. Ed allora ipotizzare che ci vorrà più tempo rispetto ad aprile, non è esercizio azzardato.

Ma cosa potrebbe accadere nel 2023 al sistema previdenziale alla luce delle ipotesi di riforma più attendibili?

Leggi anche: Pensioni anticipate 2022: quando bastano 56 o 61 anni, ecco chi può

Riforma delle pensioni, i sindacati continuano sulla loro via

Serve una flessibilità in uscita maggiore di quella offerta oggi dal sistema pensionistico e si dovrebbe partire dai 62 anni di e dai 20 anni di contributi. E poi con 41 anni di contributi versati dovrebbe essere consentito andare in pensione a tutti, senza alcun limite di età. In ogni caso, per entrambe le misure, nessun collegamento al ricalcolo contributivo delle pensioni, perché nessuna penalizzazione deve essere imposta a chi esce prima. Sono queste le posizioni dei sindacati, ormai autentici cavalli di battaglia delle parti sociali.

Misure che già in passato sono state definite impossibili da adottare per evidenti questioni di sostenibilità. E così sarà anche stavolta, c’è da scommetterci visto che dal punto di vista dell’esecutivo, con tutti i tecnici e gli esperti che quotidianamente dicono la loro, occorre andare verso il sistema contributivo per il calcolo della pensione e verso misure a basso impatto sulle casse dello Stato.

In altri termini, occorre trovare misure che da un lato offrano flessibilità in uscita, e che dall’altro siano economiche dal punto di vista della spesa pensionistica.

Il rebus pensioni, due proposte sembrano godere di maggiori possibilità

In uno scenario del genere è evidente che parlare di penalizzazioni di assegno o di ricalcolo contributivo della prestazione non è una cosa strana. Difatti, sono sostanzialmente queste le strade che sembrano ad oggi più percorribili per riformare il sistema. E sono vie che non dovrebbero riscontrare un parere favorevole da parte dei sindacati, per evidenti ragioni.

La novità delle ultime ore è un ritorno al passato, perché si parla di misure di pensionamento anticipato, a partire da una determinata età (e forse su questo si può assecondare la volontà dei sindacati, partendo dai 62 anni), ma con tagli di assegno.

Si parla di un taglio del 3% annuo sulla quota retributiva, una specie di sistema contributivo mascherato, e forse anche peggio. In pratica si arriverebbe a prevedere quel taglio lineare in base agli anni di anticipo, che era alla base anche di vecchie proposte come quelle dell’allora Presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano e il suo DDL 857.

La pensione in due quote di Tridico

Non un taglio vero e proprio, ma una sorta di penalizzazione a tempo invece è alla base di una proposta che proviene direttamente dall’Istituto Previdenziale. È stato il Presidente dell’Inps Pasquale Tridico a produrre una idea alternativa per consentire, a partire dai 63 anni (ma l’età può essere ritoccata in più o in meno), di accedere alle quiescenze con una doppia quota di pensione.

Uscendo in anticipo si andrebbe così ad accettare solo la quota contributiva della pensione, con un taglio tanto più pensate quanti più sono gli anni di contributi versati nel sistema retributivo (prima del 1996 ndr). AL compimento della canonica età pensionabile dei 67 anni di età invece, la pensione verrebbe ricalcolata con l’aggiunta della parte retributiva, quella mancante alla data di liquidazione della pensione anticipata e flessibile.

Pensioni anticipate 2022: tra novità e proroghe che misure restano?

Il sistema previdenziale italiano su cui si attendeva una profonda riforma, resta ancora agganciato a quanto previsto dalla legge Fornero nel 2011. Infatti la legge di Bilancio non ha introdotto sostanziali novità sulle pensioni, se si esclude una nuova misura, la quota 102, che però è una riproposizione di quota 100, con una età pensionabile più elevata.

Per il resto, tutto come prima, perché altre due misure che scadevano il 31 dicembre 2021 come la quota 100 poi cessata, sono state invece prorogate. Parliamo di Ape sociale e Opzione donna. Ma non sono solo queste le misure di pensionamento anticipato che saranno fruibili nel 2022. Ecco una dettagliata guida alle varie possibilità.

Pensioni 2022, i canali ordinari

Che la legge Fornero sia tutt’oggi viva e vegeta in materia previdenziale è un dato oggettivo. Infatti dal 2011 le due misure ordinarie sono rimaste la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata. Quest’ultima fu introdotta proprio dalla legge Fornero in sostituzione della pensione di anzianità. E come la precedente, anche la pensione anticipata è rimasta slegata da qualsiasi collegamento a limiti di età dei potenziali beneficiari.

Nel 2022 con la pensione anticipata ordinaria si può lasciare il lavoro con 41 anni e 10 mesi di contributi versati per le donne e con 42 anni e 10 mesi per gli uomini. Pochi i vincoli, perché come detto non esistono limiti anagrafici. I contributi utili sono tutti quelli a qualsiasi titolo versati, ma di questi, 35 anni devono essere effettivi, ovvero al netto dei contributi figurativi da disoccupazione indennizzata o da malattia.

L’altra misura canonica del sistema è la pensione di vecchiaia ordinaria. Bastano 20 anni di contributi versati e una età pensionabile di 67 anni. In questo caso zero differenze di genere e pochi vincoli, con la contribuzione utile che è quella a qualsiasi titolo versata.

La nuova quota 102

Nel 2022 e solo per il 2022, ecco la quota 102. Una misura che ricalca fedelmente la quota 100, di cui si differenzia solo per l’età minima di uscita che passa dai 62 anni ai 64 anni. Con la quota 102 si può lasciare il lavoro se nel corso del 2022 si completano le combinazioni 64+38, 65+38 o 66+38, dove il 38, numero comune a tutte e tre le combinazioni, è quello degli anni di contribuzione necessaria.

La stessa età contributiva di quota 100  quindi. Ma la vecchia misura aveva due combinazioni in più, cioè 62+38 e 63+38. Chi è riuscito a completare queste due combinazioni entro il 31 dicembre del 2021, potrà beneficare ancora di quota 100. Infatti chi si trova in questa condizione può beneficiare della cristallizzazione dei requisiti.

Anche in questo caso 35 dei 38 anni di versamenti contributivi necessari devono essere effettivi. La pensione prevede le finestre di uscita.  I lavoratori del settore privato vedono la decorrenza della prestazione partire 3 mesi dopo la data di maturazione dei requisiti. I lavoratori del settore pubblico invece devono aspettare 6 mesi dalla maturazione del diritto per il primo rateo di pensione. Solo nel comparto scuola le finestre non incidono. Questo perché in quel particolare settore i pensionamenti sono collegati all’anno scolastico e non all’anno solare o alla data di maturazione dei requisiti.

Confermato per la misura, anche il divieto di cumulo con redditi da lavoro ad esclusione dei redditi da lavoro autonomo occasionale fino al tetto massimo di 5.000 euro per anno. Il divieto di cumulo resta in vigore fino al compimento dei 67 anni di età.

La pensione anticipata contributiva, via dal lavoro a 64 anni

Se 64 anni è l’età minima per la quota 102, lo è anche per una misura strutturale del sistema, la pensione anticipata contributiva. La misura, destinata a chi è privo di versamenti nel sistema retributivo, è condizionata da una serie di fattori.  Primo tra tutti lo status di contributivo puro.

Va ricordato che per contributivo puro si intende quel lavoratore la cui carriera è iniziata dopo il 31 dicembre 1995. Si tratta dell’ultimo anno prima dell’avvento della riforma delle pensioni di Lanfranco Dini e del suo sistema contributivo.

Per avere accesso alla pensione anticipata contributiva occorre:

  • Non avere versamenti di qualsiasi genere ed a qualsiasi titolo prima del 1°gennaio 1996;
  • Avere almeno 64 anni di età compiuti;
  • Avere almeno 20 anni di contribuzione previdenziale versata;
  • Ottenere una pensione liquidata alla data di uscita, pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale valido per l’anno in cui si lascia il lavoro (più o meno 1.290 euro al mese di pensione lorda).

Ape sociale 2022, le pensioni a 63 anni

Una delle misure che permettono uscite anticipate è senza dubbio l’Ape sociale. Si tratta dell’Anticipo pensionistico a carico dello Stato, che consente uscite già a partire dai 63 anni di età. La misura è destinata a quattro categorie di potenziali beneficiari. Infatti abbiamo:

  • Disoccupati;
  • Caregivers;
  • Invalidi;
  • Lavori gravosi.

Per i disoccupati servono:

  • Almeno 63 anni di età;
  • Almeno 30 anni di contributi;
  • Almeno 3 mesi di distanza dall’ultima rata di Naspi percepita.

Per gli invalidi servono sempre non meno di 63 anni di età e 30 di contributi. Va sottolineato però che è necessario un grado di invalidità certificata dalle competenti commissioni mediche Asl superiore al 74%. Per i caregivers, cioè per i soggetti con parenti disabili, a carico e conviventi, con invalidità superiore al 74%, stessa età e stessi contributi. Alla pari di disoccupati e invalidi, servono 63 anni di età e 30 anni di contributi. Però è necessario che l’assistenza al parente disabile deve essere partita almeno 6 mesi prima della domanda di pensione.

I lavori gravosi e l’Ape sociale, novità 2022

Diversa la carriera richiesta per i lavori gravosi. Ed è proprio lo spaccato dei lavori gravosi  la grande novità dell’Ape sociale 2022. Infatti alle 15 categorie di lavoro gravoso previste fino al 2021, ne hanno aggiunte altre. È il frutto del lavoro di una commissione tecnica incaricata dal Ministero del Lavoro di valutare quali e quante attività gravose esistono nel nostro sistema lavoro.

Prendendo a riferimento, soprattutto la cadenza delle malattie professionali e degli infortuni sul lavoro, la commissione ha determinato una graduatoria da cui attingere per determinare le altre attività di lavoro gravoso a cui aprire le porte dell’Ape sociale. Per i lavori gravosi, fermo restando il limite dei 63 anni di età da cui si può iniziare ad andare in pensione, l’età contributiva minima è fissata in 36 anni. Solo per edili e ceramisti invece, si parte dai 32 anni di contributi versati.

È necessario che l’attività gravosa sia stata svolta per 7 degli ultimi 10 anni di lavoro o per 6 degli ultimi 7. L’Ape sociale è misura che non prevede tredicesima. Inoltre, si tratta di misura che non da diritto alle maggiorazioni, agli assegni familiari e non è reversibile. Inoltre è una misura temporanea, che accompagna il lavoratore ai 67 anni di età utili alla pensione di vecchiaia.

Quota 41 per i precoci, misura strutturale

L’estensione delle attività gravose non vale per la quota 41. Per la misura la platea resta quella valida fino al 31 dicembre 2021. E sono gli stessi disabili, caregiver e disoccupati di cui parlavamo prima per l’Ape sociale. Ma la quota 41 può essere appannaggio pure  dei lavori gravosi, limitatamente alle 15 attività previste fino al 31 dicembre appena trascorso.

Per la misura non esistono limiti di età come per le pensioni anticipate ordinarie. Servono però 41 anni di contributi, di cui 35 effettivi (senza figurativi per disoccupazione e malattia) e di cui uno versato prima dei 19 anni di età, anche in maniera discontinua.

Opzione donna 2022

Altra misura che ha trovato una estensione nella legge di Bilancio per tutto il 2022 è l’Opzione donna. Il regime sperimentale contributivo per le donne per il 2022 riguarda le lavoratrici dipendenti e le lavoratrici autonome, che hanno completato entro il 31 dicembre 2021, rispettivamente 58 o 59 anni di età con almeno 35 anni di contributi versati.

La misura resta contributiva, ovvero, le lavoratrici devono accettare il ricalcolo completamente contributivo della loro pensione. Inoltre, finestra di 12 mesi per le dipendenti e di 18 mesi per le autonome.

Le pensioni anticipate per i notturni e usuranti anche nel 2022

Un capitolo a parte in materia di pensioni anticipate va fatto per lo scivolo usuranti. Si tratta di una misura che consente, a determinate e particolari categorie, di accedere alla quiescenza con 61 anni e 7 mesi di età, con 35 anni di contributi versati e con contestuale completamento della quota 97,6. Misura che riguarda alcune particolari categorie di lavoratori, come i palombari o i lavoratori del vetro cavo per esempio, ma anche alcune categorie piuttosto comuni come gli operai delle linee a catena o gli autisti dei mezzi di trasporto pubblico.

Dentro lo scivolo usuranti anche i lavoratori notturni, ma con quota ed età variabili in base al numero di notti lavorate ogni anno. E per notti si intendono le attività lavorative effettuate tra le ore 00:00 e le ore 05:00 del mattino.

Pensioni di vecchiaia, anche la anticipata per invalidi

Ultima misura, ma probabilmente quella che più riesce a far anticipare la pensione ai lavoratori, è la pensione di vecchiaia anticipata con invalidità pensionabile. Infatti con una invalidità pensionabile almeno all’80%, possono accedere alla pensione con una finestra di 12 mesi, gli uomini con 61 anni di età e le donne con 56 anni di età.

L’invalidità pensionabile però è differente dalla invalidità civile certificata dalla commissioni mediche per le invalidità civili delle Asl. Infatti è necessario che l’invalidità sia con riduzione della capacità lavorativa e certificata dalle commissioni mediche accertatrici dell’Inps.

Niente pensione senza Green pass, le novità

Ed alla fine la salvaguardia è saltata. Per i pensionati che sono soliti andare a prendere la pensione mensile allo sportello di Istituti di credito o Poste italiane, servirà il Green pass base. Sembrava che nel decreto sulle nuove misure di contenimento del Covid, e di potenziamento dei luoghi dove è necessario il Green pass, il prelievo della pensione sarebbe stato salvaguardato. Ma nel decreto appena pubblicato, la solita tolleranza zero con cui il nostro governo ci ha abituati durante questa pandemia, ha preso il sopravvento.

Pensione e Green pass, cosa cambia?

Qualunque pensionato che a febbraio vorrà andare a prendere la pensione alle Poste piuttosto che in Banca, dovrà per forza di cose avere il Green pass. Lo ha deciso il governo Draghi che oggi ha pubblicato il nuovo decreto emergenziale. Si tratta dell’ennesimo provvedimento che vuole spingere la popolazione alla vaccinazione. Anche se a dire il vero, il Green pass necessario non è quello rafforzato che si ottiene solo dopo vaccinazione o guarigione da Covid. Basta il Green pass base, quello che si può ottenere pure con un tampone negativo, sia molecolare che antigenico (cambia la validità, con 72 ore per il primo e 48 ore per il secondo).

A cosa saranno costretti i pensionati per incassare la pensione

Nessun blocco delle pensioni, e ci mancherebbe altro, ma il pensionato privo di vaccino o che non è guarito dal Covid, avrà un problema in più per prendere la sua pensione. Presente nella bozza del DPCM, che stabiliva che erano esigenze essenziali e primarie anche quelle  connesse alla riscossione di pensioni o di altri emolumenti privi dell’obbligo di accredito, la postilla a salvaguardia dei pensionati è saltata.

Dovrà per forza di cose tamponarsi il pensionato che non ha il Green pass, per accedere agli uffici di banche e Poste. Oppure dovrà prelevare agli sportelli ATM, cioè ai bancomat. La cosa vale anche per pagare le bollette, per spedire lettere o pacchi. Niente da fare quindi, perché il nuovo DPCM che doveva segnare quale erano le cose essenziali che non potevano essere fermate dalla necessità di possedere il certificato verde, non comprende le pensioni. La pensione evidentemente non è essenziale per il legislatore. L’anziano che non è vaccinato dunque, si troverà di fronte a questa novità.

Una decisione che inevitabilmente genererà polemiche

E le polemiche saranno molteplici, anche perché si tratta della fascia di popolazione più lontana dalla tecnologia, che ha difficoltà a capire cosa sia il Green pass, come scaricarlo e cos’è un QR Code. E la stessa fascia che ha anche difficoltà ad usare bancomat e sportelli ATM con Pin e tastiere. Senza contare il livello affettivo e di abitudine che gli anziani hanno con il passaggio mensile al proprio sportello delle Poste a ritirare quello che per tutti i pensionati è il premio per una vita di sacrifici.

Difficoltà sia soggettive che oggettive di cui forse il governo ha sottovalutato gli effetti anche per gli uffici postali e bancari, che dovranno controllare il Green pass a chiunque entra per qualsiasi ragione. Dipendenti che dovranno fare i conti con l’anziano che non ha scaricato bene il suo Green pass o non sa come funziona.