Letta, aiuto alle banche e alle imprese con piano mutui – Cassa Depositi

Un legame profondo che rischia di fare collassare entrambi. Ci riferiamo alla crisi che sta coinvolgendo le imprese costruttrici e che rischia inevitabilmente di ricadere anche sulla banche che le hanno finanziate. Per far fronte all’ingente problema  Palazzo Ghici si sta adoperando per rivisitare al più presto una norma, già proposta dal ministro Maurizio Lupi.

Una legge che prevedeva una modifica sostanziale allo statuto della Cassa Depositi e Prestiti per permetterle di fornire alle banche la liquidità necessaria “per l’erogazione di mutui ipotecari per l’acquisto di abitazioni principali”. Una prosta che di fatto avrebbe visto i soldi  dei risparmiatori depositati in posta e gestiti dalla Cassa controllata all’80,1% dal ministero delle Finanze e al 18,4% dalle Fondazioni bancarie, ritornare agli stessi risparmiatori dopo un breve transito presso le banche.

La norma tuttavia non è mai stata approvata, è di fatto scomparsa nei testi definitivi dopo essere giunta fino in Consiglio dei Ministri; questo perchè qualcuno aveva obiettato che sarebbe stato molto più semplice fare in modo che fosse direttamente   la Cdp a prestare  il danaro ai cittadini senza l’intermediazione bancaria.

Intanto è di questi giorni la notizia che a breve arriverà una norma, la quale prevede che entro l’autunno le banche dovranno emettere obbligazioni garantite presso la Cassa depositi e Prestiti: i soldi avrebbero il fine di finanziare i mutui alle famiglie e alle imprese richiedenti. Come si legge dalle pagine del Corriere della Sera, tali titoli “avrebbero un rendimento non alto, ma sicuro, e potrebbero così attirare l’attenzione anche di altri investitori”.

Il premier Letta intanto nel piano industriale di Cdp, apre a una ulteriore chance: le banche alle prese con la scadenza della restituzione dei prestiti agevolati ricevuti dalla Bce e con l’arrivo dei nuovi criteri comunitari di patrimonializione di Basilea III, potranno liberarsi dei vecchi prestiti, trasformando questi ultimi in prodotti finanziari che verrebbero certamente acquistati dallo Stato.

Francesca RIGGIO

 

Confesercenti: Marco Venturi sull’Accordo di Basilea III

Il presidente di turno di Rete Imprese Italia, Marco Venturi, è intervenuto oggi, durante l’audizione della VI Commissione permanente delle Finanze alla Camera dei Deputati, sulle problematiche di attuazione dell’Accordo di Basilea III.

“La nuova regolamentazione internazionale sul capitale e sulla liquidità delle banche – ha affermato Venturi – entrerà in vigore, con gradualità annuale, nel periodo compreso fra il 2013 e il gennaio 2019. Rete Imprese Italia auspica che questa fase di riflessione sulle tematiche poste da Basilea III possa rappresentare un momento di confronto approfondito sulle difficoltà che oggi perdurano per le imprese nell’accesso al credito. In gioco non vi sono solo i destini del milione di imprese associate a Rete Imprese Italia, bensì di tutte le imprese domestiche, dei nostri territori ed in definitiva del nostro paese. Ritengo pertanto necessario richiamare, in questa sede, l’attenzione su una serie di criticità che impediscono alle imprese di ottenere il credito bancario necessario per recuperare adeguati livelli di margini operativi”.
“Tra le maggiori difficoltà – ha proseguito Venturi – vi sono innanzitutto una congiuntura economica d’intonazione fortemente recessiva per l’anno in corso ed una restrizione creditizia in atto, certificata anche dal Bollettino Economico della Banca d’Italia, che incide maggiormente sulle imprese minori. Registriamo, inoltre, un’allocazione del credito che non favorisce le imprese con meno di 20 addetti: ad esse affluisce soltanto il 19% dei finanziamenti bancari erogati al complesso delle imprese, nonostante il loro contributo al valore aggiunto nazionale sia più che doppio e quello all’occupazione ben al di sopra del 50%. Un forte incremento dei tassi praticati dalle banche da una parte ed un aumento dei costi accessori, commissioni comprese dall’altra, che per talune voci sono raddoppiati in un anno, non favoriscono certamente il rapporto tra banche e imprese.Infine, un ruolo sempre più determinate delle garanzie, reali e personali, nella valutazione dell’affidabilità delle imprese da parte delle banche e le difficoltà di erogazione anche parziale di affidamenti accordati riguardi ai noti problemi di funding delle banche, a cui vanno ad aggiungersi i ritardi nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione rappresentano pesanti ostacoli per l’accesso al credito delle pmi”.
“L’insieme delle criticità suddette – ha sottolineato il leader di Rete Imprese Italia – si riflette, amplificato, a scapito delle imprese del Mezzogiorno, alle quali affluisce soltanto il 19% del credito totale, a costi mediamente molto più elevati rispetto alle altre aree del paese. Inoltre, vi è da registrare che le vischiosità nell’accesso al credito si traducono in una estensione dell’economia criminale (usura, racket, ecc.), il cui valore è stimato in circa 100 miliardi di euro, quasi il 7% del Pil nazionale”.

“Per quanto riguarda le proposte presentate nel documento tecnico – ha detto Venturi a termine del suo intervento – vogliamo richiamare l’attenzione su cinque argomenti centrali coerenti con i contenuti dello Small Business Act e tendenti a diluire gli effetti di Basilea 3.

Innanzitutto l’introduzione di un “PMI supporting factor” nella formula per il calcolo dei requisiti patrimoniali delle banche. Sarebbe, inoltre, opportuno che gli aumenti di capitale delle banche fossero parametrati in funzione anticiclica e che i criteri contabili IAS tenessero conto sia del diverso modello di business delle banche commerciali, rispetto a quelle d’investimento, sia del fatto che la sottoscrizione dei titoli pubblici non debba essere penalizzata per effetto del “fair value”. Sottolineiamo, poi, che il parametro del rating, una delle maggiori novità scaturite da Basilea 2, “costruito” a scala delle grandi imprese di capitale, con i suoi automatismi valutativi, penalizza fortemente le PMI, ponendole, di fatto, in una posizione di svantaggio competitivo.

Da tempo si segnala, da parte delle Associazioni di categoria, anche l’esigenza per una adeguata valutazione del patrimonio informativo di matrice associativa, ai fini di una più esauriente valutazione del merito di credito delle PMI, come sottolineato anche dall’’autorità di Vigilanza in più occasioni. Una disfunzione, infine, che andrebbe diversamente regolata è quella relativa all’impossibilità degli istituti di controgaranzia, divenuti intermediari vigilati, di rilasciare controgaranzie Basel-compliant. Occorrerebbe valorizzare la controgaranzia come strumento di mitigazione del rischio dei Confidi associati: ciò si tradurrebbe in minori accantonamenti a valere sul patrimonio delle Banche, in linea con il contesto di Basilea3″.

Fonte: confesercenti.it