Piccole imprese uccise dai mancati pagamenti

Le piccole imprese italiane vivono e lavorano in un campo minato. Tra burocrazia, costo del lavoro, tasse, difficoltà di accesso al credito, fare impresa è davvero un’impresa e gli ostacoli aumentano sempre e si rinnovano. Uno di questi è la difficoltà a farsi pagare.

Secondo un’indagine svolta da Adnkronos, in Italia è sempre più difficile onorare i debiti da parte delle piccole imprese soprattutto perché non paga più nessuno, oppure, se lo fa, sfora regolarmente i tempi stabiliti da contratto.

Lavorare gratis sembra essere un trend consolidato e mortale per le piccole imprese, almeno stando allo studio dell’agenzia di stampa che ha coinvolto oltre mille aziende, interpellate con la collaborazione di diverse associazioni di categoria in tutta Italia.

I dati di Adnkronos dicono che, nell’ultimo anno, tre piccole imprese su quattro (il 61%, per l’esattezza) non hanno onorato almeno un contratto per crediti non esatti. Ben l’80% di queste ha dovuto transare almeno una volta, come creditore o debitore, per chiedere un contenzioso che altrimenti sarebbe finito davanti agli avvocati.

Sempre secondo il sondaggio, il persistere della crisi negli ultimi tre anni ha di fatto reso il ritardato o il mancato pagamento, tanto tra le medie quanto tra le piccole imprese, una pratica istituzionale. In tal modo si è abbassato in maniera sensibile il tasso di affidabilità dei contratti, sceso al di sotto del 50%.

Una situazione, questa delle piccole imprese, che viene confermata dal rapporto 2014 redatto da Unirec, l’associazione che rappresenta le società di recupero credito, secondo il quale crescono o debiti non onorati e diventa più difficile recuperare i crediti. Lo scorso anno il numero di pratiche gestite ha superato i 40 milioni (+4% sul 2013) e i debiti affidati hanno toccato quota 56,2 miliardi (+16%). Di contro, cala la capacità di recupero, ferma al 17,2% (-12%), con 9,67 miliardi di somme recuperate (+2%) e quasi 17 milioni di soluzioni trovate per i debitori.

La corruzione infetta le imprese

Non sono solo le tasse e la burocrazia ad ammazzare le piccole imprese italiane: anche la corruzione gioca ormai un ruolo drammaticamente di primo piano nel quadro della generale crisi economica.

Secondo un’indagine di Adnkronos, oltre la metà piccole e medie imprese (per l’esattezza il 53%) interpellate dall’agenzia di stampa tramite diverse associazioni d’impresa ha avuto a che fare con episodi di tentata corruzione e ha rifiutato almeno una richiesta di denaro per concludere un affare durante l’ultimo anno; il 34% di loro ammette di aver pagato una tangente, sotto una qualsiasi forma, soprattutto negli appalti e nelle commesse minori.

I dati della corruzione nelle Pmi sono in aumento rispetto alla stessa rilevazione che Adnkronos aveva effettuato un anno fa: allora, le imprese che avevano ricevuto una richiesta di tangente erano il 47%, mentre quelle che avevano pagato il 27%. Dall’analisi pare che l’incremento sia conseguente alla fase di risveglio dell’attività imprenditoriali.

Altro dato preoccupante legato alla dilagante corruzione è quello relativo alla scarsa fiducia che gli imprenditori hanno nella possibilità che il sistema o le autorità ristabiliscano la legalità: il fatto che, delle imprese che hanno ricevuto richieste di pizzo, solo il 12% si sia rivolto alle forze dell’ordine, parla da solo. Del resto, tre quarti delle imprese (75%) interpellate pensano che le possibilità di chiudere affari sia influenzata negativamente da tangenti pagate da altri imprenditori.

Al di là delle richieste di denaro, la corruzione si manifesta anche sotto altre forme più preoccupanti. Le piccole e medie imprese devono fare i conti con la necessità di comprare la Pubblica amministrazione anche con favori personali e per ottenere il timbro necessario a sbloccare situazioni o per accedere a una commessa.

La corruzione diventa quindi una vera e propria voce a bilancio delle piccole e medie imprese. E le cose non sembrano destinate a migliorare: il 43% delle Pmi interpellate da Adnkronos non esclude di dover ricorrere a una tangente in futuro e dichiara che, se necessario, per incrementare il volume d’affari è disponibile a pagare il pizzo.