Agevolazioni per le imprese energivore

L’Autorità per l’Energia ha avviato la fase operativa per la riduzione dei costi elettrici dei consumatori energivori, in particolare per le imprese.

I beneficiari sono stati individuati da una delibera del 4 ottobre scorso: l’impresa energivora si identifica sulla base di incidenza dei costi energetici rispetto il volume complessivo d’affari.
Le agevolazioni riguardano in particolar modo le pmi, e sono previste sia sulle imposte sia sui cosiddetti oneri passanti in cui pesano particolarmente gli incentivi per l’energia rinnovabile.
L’obiettivo è favorire la competitività di migliaia di imprese, riducendo il gap con quelle del resto d’Europa.

L’art 1 della delibera specifica che i soggetti di riferimento sono le imprese consumatrici di energia che nell’anno solare 2012 hanno avuto i seguenti requisiti:

  • svolgere attività manifatturiera con codice ATECO 2007 da 10.xx.xx a 33.xx.xx
  • utilizzare per lo svolgimento dell’attività almeno 2,4 0 Gigawattora elettrici pari a 2.400.000 kWh annui.
  • avere un Rapporto Indice Intensità Elettroenergetica (IIE) uguale o superiore al 2%, riferito al costo del quantitativo di energia elettrica utilizzata nell’anno solare (da calcolarsi usando la tabella di prezzi unitari sotto riportata) ed il fatturato dell’anno.

Per le imprese in situazioni di crisi aziendale, è previsto che l’annualità di riferimento debba essere riferita all’ultimo anno utile prima della formalizzazione dello stato di crisi, quale dato più rappresentativo dell’attività di impresa, con riguardo ad un andamento non falsato dalla congiuntura. La condizione dell’impresa in “stato di crisi” è relativa ai casi in cui il Ministero del Lavoro ha autorizzato il ricorso alla Cassa integrazioni guadagni straordinaria.

Le aziende che hanno un costo totale superiore al 3% del fatturato avranno diritto ad agevolazioni sulle accise; quelle con rapporto tra costo dell’elettricità e fatturato superiore al 2% beneficeranno di oneri agevolati.
Le diminuzioni degli oneri aumenteranno linearmente a tale rapporto e verrà mantenuta una soglia minima di consumo energetico pari a 2.400.000 kWh/anno.

Le aziende aventi diritto possono accedere ad una riduzione dell’incidenza degli oneri generali di sistema (componenti A/UC) in funzione del rapporto IIE secondo la seguente tabella:

  • valore IIE tra 2% e 6%: – 15% degli oneri di sistema elettrico
  • valore IIE tra 6% e 10%: – 30% degli oneri
  • valore IIE tra 10% e 15%: – 45% degli oneri
  • valore IIE superiore al 15%: – 60% degli oneri

La valorizzazione del costo elettrico è da effettuarsi non sulla base del costo effettivamente sostenuto, bensì valorizzando l’energia elettrica consumata nel 2012 secondo specifici valori riportati nella delibera. Per calcolare il costo del quantitativo di energia utilizzata, per quella elettrica acquistata sul mercato si considera il prezzo finale per i consumatori industriali; per la quantità eventualmente autoprodotta si considera il corrispondente valore annuo del PUN (Prezzo Unico Nazionale).
Ai costi devono essere detratti gli incentivi sulla produzione energetica. Per attività con più punti di prelievo e differenti classi di consumo, il costo è calcolato come media ponderata dei prezzi finali.

La Cassa Conguaglio per il Settore Elettrico (CCSE) ha realizzato e reso fruibile via Web un sistema telematico di raccolta delle dichiarazioni di cui all’articolo 6, comma 1, del decreto 5 aprile 2013.

L’elenco delle imprese a forte consumo di energia è disponibile per via telematica dall’Agenzia delle entrate, Agenzia delle dogane, Ministero dell’economia, Ministero dello sviluppo economico, Nucleo speciale spesa pubblica e repressione frodi comunitarie della Guardia di finanza.

Vera MORETTI

Inflazione: nel 2012 salirà al 2,4%

Inflazione al +2,4% in media d’anno nel 2012. E’ la previsione dell’INDIS, Istituto dell’Unioncamere specializzato nella distribuzione dei servizi (che periodicamente riunisce operatori delle diverse filiere e rappresentanti delle istituzioni) che ha effettuato anche una valutazione delle ripercussioni delle manovre estive e del decreto “Salva Italia” sui prezzi al consumo.

Le previsioni per il 2012: inflazione al 2.4%. Rincari per le tariffe pubbliche

L’aumento delle tariffe pubbliche, l’innalzamento dell’Iva e delle imposte sui carburanti hanno causato un rialzo dell’inflazione che la colloca ben al di sopra delle retribuzioni contrattuali. Tra i principali interventi del decreto “Salva Italia” varato dal Governo Monti, alcune misure, rileva l’Unioncamere, vanno ad impattare in misura sensibile sull’inflazione: oltre all’aumento dell’accisa sui carburanti, all’introduzione del super bollo sulle auto di grossa cilindrata e sulle attività finanziarie, il previsto intervento sulle aliquote dell’IVA (che scatterà automaticamente in assenza di una riforma assistenziale e fiscale varata entro il mese di settembre del prossimo anno) determinerà un innalzamento dell’inflazione di un punto e mezzo percentuale a regime, anche se tempi e modalità di revisione dei listini dipenderanno dal vigore della domanda interna, che per il 2012 è prevista di segno ampiamente negativo. Ammettendo tale scenario, il 2012 dovrebbe chiudersi con una variazione dei prezzi al consumo pari al 2.4% in media d’anno. In una situazione di dinamica salariale in rallentamento, tale situazione contribuirà ad aggravare l’erosione del potere d’acquisto da parte delle famiglie. Tra i vari aggregati, attesi forti rincari per le tariffe pubbliche, soprattutto in ragione dei tagli ai trasferimenti locali stabiliti dalle manovre correttive dei conti pubblici varate nel 2011.

Il 2011 si chiude con rincari superiori al 5% dei prezzi alimentari alla produzione

È proseguita nei mesi autunnali la corsa dell’inflazione alimentare: ad ottobre l’Osservatorio “Prezzi e mercati” di Indis-Unioncamere certifica per il paniere integrato di 46 prodotti una variazione in aumento pari al 5.7% su base annua, con un incremento superiore al mezzo punto percentuale rispetto al mese precedente. Gli aumenti risultano trasversali ai vari reparti ma hanno interessato in modo specifico le carni (+8.7% tendenziale) e lo scatolame (+6.9%). Per quel che concerne le referenze soggette alle maggiori tensioni, oltre ai noti aumenti messi a segno negli ultimi dodici mesi dallo zucchero (+22.8%), dall’olio di semi (+18.9%) e dal caffè in grani (+17.9%), vanno annoverati quelli relativi alla carne di vitello (+12.7% tendenziale) ed alla carne in scatola (+9.7%). Sul fronte dei prezzi al consumo, la componente trasformata dell’aggregato alimentare sperimenta una moderata progressione: ad ottobre il saggio di crescita si è portato al 2.8% su base annua dal 2.6% di agosto. Si confermano oggetto dei rincari più elevati i latticini (in testa grana padano e parmigiano reggiano, rispettivamente +10.9% e 9.9% anno su anno), lo zucchero (+16.1%) ed il caffè (+16.4%). Le anticipazioni degli operatori della grande distribuzione e della distribuzione organizzata per le negoziazioni con l’industria prevedono per i mesi a venire un graduale rallentamento dei prezzi dei generi alimentari.

Effetto IVA e tariffe pubbliche: inflazione ancora sotto pressione

Complice l’aumento di un punto percentuale dell’aliquota ordinaria dell’IVA, passata dal 20% al 21%, per i prezzi al consumo è stata rilevata la variazione in aumento più elevata degli ultimi tre anni (+3.4% tendenziale). Il contributo più significativo all’accelerazione proviene dai settori dei beni non alimentari (ad ottobre +2.2% tendenziale, con un aumento dello 0.7% nel solo mese di ottobre) e da quello delle tariffe pubbliche, in recupero dall’1.5% di agosto sino al 2.4% di ottobre. Sui beni non alimentari incide in buona misura l’adeguamento dell’imposta sul valore aggiunto disposto dalla manovra anti crisi di settembre. Nel complesso tutti i gruppi merceologici del comparto sono stati interessati da aumenti sostanziali ma alcuni di essi hanno mostrato maggiore velocità nel revisionare al rialzo i listini: si tratta dell’abbigliamento (+1.1% su settembre), delle autovetture e dei motocicli (+0.8%) e dei generi casalinghi (+0.6%). Procede sostenuta, nel contempo, la marcia dell’inflazione tariffaria: il saggio di crescita tendenziale relativo al mese di ottobre è pari al 2.4% se misurato con l’indice interno per l’intera collettività ed all’8.5% prendendo in esame l’indice armonizzato, che quantifica l’effettivo aggravio di spesa sostenuto dalle famiglie. Guardando a quest’ultimo indicatore è possibile constatare come le tensioni accomunino le categorie delle tariffe locali (+9.9%) e di quelle energetiche (+9.8%). Spiccano i ritocchi messi a segno dai trasporti locali (a settembre ed ottobre aumento superiore al 10%, per effetto dell’entrata in vigore dei nuovi tariffari dei mezzi pubblici in molti Comuni, tra cui Milano) ed il gas naturale (l’incremento tendenziale del 12.8% su base annua è l’effetto congiunto dell’aggiornamento trimestrale delle condizioni economiche della tutela disposte dall’AEEG e dell’innalzamento di un punto percentuale dell’aliquota ordinaria IVA che grava sui primi 480 metri cubi di consumo domestico).

Fonte: unioncamere.gov.it

d.S.