Esito positivo per il tavolo tecnico delle associazioni forensi

Con la presenza di tutte le associazioni forensi, come Aiga, Anf, Camere civili, Camere penali, della Cassa forense e dell’Oua, Organismo unitario dell’Avvocatura, si è tenuto, presso il Ministero della Giustizia, il tavolo tecnico che dovrebbe portare alla riforma dell’avvocatura.

Il presidente dell’Oua, Maurizio De Tilla, si è detto soddisfatto dell’incontro, soprattutto per quanto riguarda i progressi compiuti in materia di riforma, che dovrebbero scaturire in un decreto o in un emendamento al disegno di legge, ora in esame alla Camera.

Si tratta, secondo De Tilla, di importanti novità, che dimostrano “la volontà politica del ministro Severino di andare avanti e che raccolgono la richiesta unanime dell’avvocatura sulla necessità di mettere un punto finale sulla crescita esponenziale di avvocati nel nostro Paese: già oltre 230mila“.

Anche il Ministero dell’Università è stato coinvolto in questa “tavola rotonda”, per capire se ci sono i presupposti per una modifica del corso di laurea, dopo la proposta unitaria, da parte dell’avvocatura, del numero programmato all’università. Provvedimento che, secondo il presidente Oua, rappresenterebbe “un provvedimento epocale per il futuro della professione di avvocato“.

Vera MORETTI

Dario Greco nuovo presidente dell’Aiga

Dario Greco, 40 anni, palermitano, è il nuovo presidente dell’Aiga, l’Associazione italiana dei giovani avvocati. Iscritto al sindacato dei legali under 45 dal 1995, succede a Giuseppe Sileci, che ha terminato il suo mandato triennale. L’elezione è avvenuta ieri, al termine del XXI Congresso dell’Aiga, tenutosi a Catania.

Greco, sposato e padre di tre figli, è iscritto al foro di Palermo ed è già stato coordinatore dell’Area Sud dell’Aiga. Pronto a cimentarsi con le sfide più urgenti per la categoria, il nuovo presidente ha dimostrato di aver da subito le idee chiare e ha lanciato, come promessa del suo programma elettorale, uno slogan: “L’Aiga ti entra nel sangue, circola nelle vene, passa dalla testa… ma alla fine si ferma nel cuore“. Un in bocca al lupo per la sfida che lo attende, sicuramente non facile.

I giovani Avvocati sperano nel marketing ma non usano le teconologie.

Presentati a Casamassima (Bari), lo scorso 9 luglio i risultati della ricerca “Giovani avvocati, così altrove o altrimenti”, prima indagine dell’Osservatorio permanente giovani avvocati creato su iniziativa del Consiglio nazionale forense con la collaborazione di Aiga e LexExpo
La rilevazione è consistita in un questionario inviato per mail a giovani avvocati iscritti alla cassa forense, individuati nella fascia di età compresa tra i 25 e 38 anni. L’obiettivo è stato quello di analizzare il percorso professionale dei praticanti e dei giovani avvocati e delle motivazioni che ne hanno accompagnato le scelte. Cosa ne è uscito fuori da questo sondaggio? La ricerca ha evidenziato che i giovani avvocati scelgono la professione perché amano il diritto (80%) e non certo per le aspettative di reddito (6%), molti perché proseguono una tradizione familiare. Non si aspettano di guadagnare, tanto che indicano come livello reddituale confacente al proprio impegno professionale la fascia più bassa tra quelle proposte, ossia da 30mila a 50mila all’anno. Di converso, i punti critici di debolezza che accompagnano la scelta della professione sono la difficoltà ad accedere a un reddito in tempi ragionevoli (73,5%), soprattutto per le donne e per coloro che fanno parte di studi di dimensioni medio-piccole, l’incapacità di attrarre clientela (6%), e il risiedere in una zona depressa (5,4%). Sotto il profilo del reddito, appaiono più penalizzati i giovani avvocati che hanno aperto uno studio con altri colleghi limitandosi dividerne le spese; mentre sembrano premiati coloro che scelgono l’associazionismo.

Tra le opportunità di crescita, i giovani avvocati annoverano l’associazione con altri colleghi (43,1%) e il marketing (33%), insomma uno svolgere la professione “altrimenti”. La cifra dell’”altrove” è preferita nelle regioni meridionali, dove si vorrebbe cambiare studio, cambiare città o regione, andare all’estero.
Interessantissimi i risultati relativi al rapporto dei giovani avvocati con la clientela. Come si contattano i clienti, si applica o no il tariffario? La maggior parte degli intervistati (33%) entra in contatto con i clienti tramite il passaparola, il 29% per conoscenza personale. Tuttavia il numero degli incarichi ottenuti dalla maggioranza (36%) è inferiore alle aspettative. Il 40% degli intervistati dichiara di applicare una tariffa mista tra quella tabellare e quella forfetaria, “dimostrando che è consuetudine tra i giovani derogare alle tariffe per acquisire clientela”.

Quanto invece all’utilizzo della tecnologia, gli avvocati, seppur giovani sono troppo legati alla carta e all’inchiostro, infatti solo il 29,7% dichiara di utilizzare un software gestionale; solo il 22% lavora in studi che hanno un sito web e usano la rete come strumento di comunicazione e promozione professionale. Insomma, emerge un’inspiegabile distinzione tra l’uso personale e quello professionale che i giovani avvocati fanno delle nuove tecnologie: assiduo ed evoluto il primo; pressoché nullo e limitato alla scrittura degli atti il secondo.

Infine, la ricerca prova a indagare anche il lato della domanda delle imprese di servizi legali come base per comprendere come e verso quali ambiti di attività indirizzare i giovani: sono state 703 le aziende contattate, tutte con studi legali interni per una maggiore facilità. Il 94% fa ricorso all’assistenza di uno studio legale esterno, di fiducia o specializzato. Lo fa per la gestione del contenzioso e degli arbitrati; la modalità di tariffazione applicata è quella mista (tariffaria, oraria, forfettaria). I settori del diritto più richiesti sono il contenzioso societario o commerciale, il diritto del lavoro, il diritto industriale.

Fonte: Ufficio Stampa del Conisglio Nazionale Forense

Donne Avvocato: per avere successo serve una formazione adeguata.

“Poiché, come tutti concordano, l’acquisizione delle pari opportunità delle donne nell’ambito delle professioni legali è, innanzitutto, un fatto culturale, il Consiglio nazionale forense ha istituito in questa ultima consiliatura, una commissione ad hoc per studiare il problema e per assumere le iniziative più adeguate”.  Così il presidente del Consiglio nazionale forense, Prof. Guido Alpa è intervenuto al convegno organizzato dal Consiglio superiore della magistratura dal titolo “Le donne nelle professioni legali di domani”, tenutosi a Roma nella scorsa settimana. Sono intervenute al convegno anche Carla Guidi, coordinatrice esterna della commissione Pari opportunità del Cnf e Ilaria Li Vigni, una delle componenti.
“La promozione culturale però costituisce solo l’avvio delle iniziative necessarie” che potranno partire dai risultati della recente ricerca promossa dal Cnf (tramite la Commissione pari opportunità) e Aiga e affidata al Censis. La ricerca ha evidenziato come le iscritte alle facoltà di Giurisprudenza e le laureate battono per numero i loro colleghi maschi. Ma una volta intrapresa la carriera di avvocato, sono gli uomini a farsi strada prima e con maggior facilità. Secondo il 67,7% delle professioniste, infatti, nell’ambito dell’avvocatura non esistono pari opportunità. Le 401 professioniste intervistate sono convinte che nell’avvocatura siano impiegate poche donne (91,1%)e che per loro esistano forme di discriminazioni (88,8%). Ammettono anche che i figli e la famiglia possono essere un ostacolo alla carriera (58,9%) ma per avere successo serve una formazione adeguata (46,3%, contro il 28,8% degli uomini) piuttosto che tanto tempo a disposizione (necessario solo per il 18,4%, contro il 30% degli uomini). Le donne avvocato vengono contattate dalla clientela per questioni che hanno a che fare con la famiglia e i minori (68,5%), con la proprietà/locazioni e condomini (55,2%), con la contrattualistica (52,1%), l’infortunistica (50,25%) o le esecuzioni (46,5%). Al contrario, un numero esiguo risulta coinvolto per quanto riguarda i reati societari (2,6%), i reati contro o i conflitti con la pubblica amministrazione. (rispettivamente il 3,8% e l’8,2%), le questioni bancarie (8%) e le società in generale (12%). Più consistente, ma sempre piuttosto ridotta, la percentuale delle donne avvocato che si occupano di fallimenti (17,1%), di reati contro la persona (18,1%) o di lavoro (27,9%). “Si vede che la materia praticate sono ancora in un certo senso viziate dal pregiudizio della minore preparazione tecnica o dalla maggiore sensibilità per temi considerati di natura femminile”, spiega Alpa.
La disparità di trattamento rispetto ai colleghi maschi passa anche attraverso una marcata asimmetria nelle retribuzioni. Sono infatti addirittura l’85,7% (ma si arriva a una percentuale dell’87% nel caso delle sposate, dell’88,5% nel caso delle associate e del 90,6% nel caso delle professioniste che esercitano nell’Italia centrale) le donne avvocato intervistate che denunciano una capacità di guadagno nettamente differente (e in generale inferiore) rispetto agli uomini. Il fattore che più contribuisce a rendere critica la condizione professionale dell’avvocatura viene individuato dalla maggioranza delle intervistate (56,7%) nel «numero crescente dei colleghi». L’insufficienza o la mancanza di risorse materiali può essere poi di impedimento per una professionista, sia pure preparata e motivata, a svolgere, se non addirittura ad avviare, la sua attività. Così al secondo posto della graduatoria dei fattori che rendono critica la condizione professionale dell’avvocatura si trova «la difficoltà a far crescere lo studio» (lo afferma il 32,7% delle intervistate) o, al quinto, «la difficoltà di aprire uno studio» (15,5%). “La parità nel mondo forense non è ancora raggiunta”, commenta Alpa.

fonte: Ufficio Stampa del Consiglio nazionale forense