Nasce il Barometro del Turismo

Federalberghi, in occasione della riapertura delle trattative sindacali per il rinnovo del contratto nazionale del turismo, ha varato, nella persona del suo presidente, Bernabò Bocca, Il Barometro del Turismo, che punta a fare sintesi e chiarezza sulla valenza economica del settore.

E’ stato presentato, inoltre, il nuovo report realizzato dal Centro Studi della Federazione, in collaborazione con l’Ente Bilaterale Nazionale dei Turismo, a proposito del quale Bocca ha dichiarato: “Ogni trimestre offriremo un compendio dei principali indicatori che caratterizzano il turismo nella sua interezza, per un risultato finale che ci auguriamo possa essere utile all’opinione pubblica ed al mondo politico“.

Ha inoltre aggiunto Alfredo Zini, presidente dell’EBNT: “Con aggiornamenti costanti che siamo sicuri torneranno di grande praticità anche al mondo delle imprese ed a tutte le organizzazioni sindacali del settore“.

Sono 5 le sezioni che compongono il report:

  • La prima tratta del comparto alberghiero, con l’andamento delle presenze dell’ultimo trimestre del 2013 (+1,2% rispetto al quarto trimestre del 2012) ed il numero di alberghi ed esercizi complementari che nei primi 9 mesi del 2013 hanno chiuso i battenti (483 strutture).
  • La seconda analizza gli occupati nel settore, con un dato su tutti relativo al trend dei lavoratori nell’ultimo trimestre del 2013 che ha chiuso con un -2,2% rispetto al 2012.
  • La terza evidenzia la spesa turistica, che nel terzo trimestre del 2013 ha fatto segnare un saldo del 14,9% rispetto al 2012 ed un’ultim’ora relativa al solo mese di ottobre che ha contabilizzato un avanzo del +6,3%.
  • La quarta inquadra il fatturato dei servizi, che nel terzo trimestre del 2013 ha segnato un -1,4% per quelli di alloggio.
  • La quinta riporta gli indicatori di fiducia, tra i quali emerge quello delle imprese turistiche che dal 68,5 di novembre è cresciuto al 74,2 di dicembre 2013.

Vera MORETTI

Milano val bene un kebab

 

Dopo Roma, il nostro viaggio attraverso l’imprenditoria straniera in Italia fa tappa quest’oggi a Milano, dove il fenomeno più evidente è la crescita e proliferazione di imprese legate al settore del food e della ristorazione in crescita vertiginosa. Nel 2012 erano quasi 2.400, dove a farla da padrone sono le attività gestite da cinesi (spring rolls e gamberi fritti prime portate), seguite da sushi e kebab.

Infoiva ha intervistato Alfredo Zini, vicepresidente vicario di Epam, l’Associazione milanese pubblici esercizi di Confcommercio Milano e consigliere della Camera di Commercio di Milano.

Quante sono le imprese guidate da stranieri a Milano e provincia? Con quale trend di crescita?
Stando ai dati diffusi dalla Camera di Commercio nel 2012 siamo a quota 34.294 imprese con titolari stranieri nel quarto trimestre 2012, con un incremento del +7,38% in un anno. Si tratta di cifre in linea con gli anni passati, anche se va sottolineata la crescita sempre più significativa delle attività legate al food e alla ristorazione, soprattutto con l’avvicinarsi di Expo 2015. Da un lato con l’aumento di cittadini stranieri nella nostra città e in Lombardia cresce la richiesta di alimenti provenienti da Paesi più o meno lontani, mentre dall’altro la ristorazione etnica è preferita anche tanti italiani per una questione di prezzo maggiormente concorrenziale.

Esistono dei settori d’impresa in cui gli stranieri superano in numero di presenze gli imprenditori italiani? Quali?
Come anticipato, il settore che crescono maggiormente sono quelli della ristorazione e del food e dell’alimentare in genere, che nel 2012 hanno segnato un +9,1%. Segue l’area delle attività legate alla telecomunicazione come gli internet point ( 74%) e i centri per il benessere fisico (70%), anche se in questo ultimo caso occorre sottolineare che molto spesso questo tipo di imprese cela in realtà attività di altra natura.

Il boom dei ristoranti etnici a Milano ha messo in difficoltà i piccoli e medi imprenditori impegnati nella ristorazione?
Assolutamente si, per una questione di costi. I ristoranti stranieri risultano quasi sempre ditte individuali dove non si registrano collaboratori, questo riduce notevolmente i costi di gestione rispetto a quelle made in Italy; dall’altro lato si tratta di attività che restano aperte tutti i giorni molto spesso oltre gli orari canonici. Ci vorrebbe maggiore attenzione e controllo nel monitorare queste imprese, soprattutto perchè esistono ristoranti e punti vendita gestiti da stranieri che restano aperti 24 ore su 24, e magari risultano anche registrati come ditte individuali senza collaboratori. Se ci deve essere concorrenza, questa deve leale e nel rispetto delle nostre norme vigenti.

Qual è la geografia di provenienza degli imprenditori stranieri a Milano e in Lombardia?
A Milano al primo posto egiziani (5.622 imprese ),cinesi (4.143), rumeni (2.265) e marocchini (2.038), in Lombardia al primo posto rumeni (8.149), egiziani (8.146), cinesi (7.853) e marocchini (7.767).

A suo avviso qual è la forza delle imprese guidate da stranieri? E quali le linee d’ombra?
Se riflettiamo, 50 anni fa nelle nostre grandi città si verificava lo stesso fenomeno: allora si parlava però di immigrazione interna, cittadini italiani disposti a spostarsi per trovare lavoro, e poi c’era chi sceglieva di ‘fare la valigia’ e partire per gli Stati Uniti dove ad attenderli c’era una vita di sacrifici. Quello che accade con gli stranieri che oggi arrivano in Italia è molto simile: gli imprenditori stranieri vedono in Italia una ‘possibilità’ rispetto ai loro Paesi, quindi si impegnano molto, lavorando intensamente e facendo turni massacranti. Non da ultimo gli imprenditori stranieri hanno un accesso al credito diverso rispetto a quelli italiani; mi spiego meglio: anche sulle start up di impresa gli imprenditori italiani faticano a trovare liquidità, mentre proliferano le nuove aperture di attività gestite da stranieri. E’ un fenomeno che getta una linea d’ombra sull’impresa straniera e andrebbe maggiormente monitorato.

Gli imprenditori stranieri sono in grado di resistere meglio alla crisi rispetto a quelli italiani?
Si, perchè si adattano meglio alle situazioni e alle circostanze, in una parola sono più ‘flessibili’. Basti pensare agli spazi abitativi dove molto spesso vivono, perlopiù ridotti e condivisi da più persone, e questo determina una riduzione dei costi. Gli imprenditori stranieri sono più parsimoniosi, quasi sempre mettono da parte i soldi accumulati per rispedirli al Paese di origine dove costruirsi una casa, con la speranza di tornare. Il loro stile di vita è diverso, sono meno propensi al divertimento esterno e al consumo anche negli altri settori.

Infine qual è la sua previsione sulla crescita dell’impresa straniera a Milano e in Lombardia nei prossimi anni? Si registrerà un boom o un calo (vista anche la situazione politico economica confusa del nostro Paese)?
Credo nei prossimi anni persisterà la linea di crescita osservata in questi anni, continueranno ad aumentare i punti vendita e le attività aperte da cittadini stranieri. In Lombardia e a Milano questo trend sarà anche sostenuto dall’arrivo di Expo 2015, per cui si attende in città lo sbarco di un grandissimo numero di visitatori, che avranno esigenze differenti, soprattutto dal punto di vista del food e alimentare.

Alessia CASIRAGHI

Il turismo è giovane e rosa

 

Il turismo è donna. Sarà perchè gli agriturismi (masserie comprese) sono sempre più apprezzati da italiani e stranieri in vacanza nel Belpaese, sarà perchè sempre più donne decidono di avviare imprese turistiche e bed&breakfast, ma stavolta sono i dati a parlare: il 57% degli occupati nel settore turistico in Italia fa parte del gentil sesso.

I dati, diffusi dall’osservatorio promosso dall’Ente Bilaterale Nazionale Turismo, parlano di 1,4 milioni di occupati nelle imprese nel turismo, di cui il 68% sono lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato. Non male per il periodo di crisi in cui ci troviamo immersi, e testimonianza del fatto che l’italia se vuole vincere la crisi deve puntare su quello che gli riesce più facile: il turismo e la buona cucina.

Il settore turistico vanta nel 2012 quasi 1 milione di occupati, di cui il 63% e di età inferiore ai 40 anni, i numeri delle quote rose salgono vertiginosamente: la presenza femminile rappresenta infatti  il 57 % del totale degli occupati, ovvero circa 543 mila occupate.

Il lavoro nel turismo è “giovane” e “rosa”, dato molto rilevante se rapportato alla gran parte degli altri settore del mondo dell’occupazione – ha dichiarato Alfredo Zini, presidente EBNT. – L’altra sorpresa è data dalla caratteristica di stabilità, molto distante dal trend nazionale relativo agli altri settori dell’occupazione. Gli stranieri sono mediamente un quarto del totale ma in alcuni comparti, come quello dell’intermediazione, non arrivano all’8%“.

Di fronte alle importanti sfide cui la realtà economica e sociale ci pone ogni giorno, la Bilateralità deve, e dovrà sempre più, essere un valore aggiunto che sappia rispondere alle esigenze del territorio – ha commentato Lucia Anile, vice presidente EBNT, – oltre a uno strumento delle parti per creare una prospettiva sindacale del settore in grado di far presa sulla politica reale per poi essere in grado di agevolare e far crescere gli investimenti”.

Il comparto nel quale sono impiegate, relativamente parlando, più donne è quello dell’intermediazione con il 76% del totale – ha proseguito Zinia livello territoriale l’occupazione dipendente nelle imprese del
turismo è importante in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Lazio. In queste 4 regioni si concentra il 50% circa dell’occupazione dipendente complessiva“.

Alessia CASIRAGHI