Bankitalia: debiti delle PA in calo ad agosto

Il bollettino della Banca d’Italia “Finanza Pubblica, fabbisogno e debito” ha reso noto che il debito delle Pubbliche Amministrazioni nel mese di agosto è diminuito di 20,5 miliardi, arrivando così a 2.148,4 miliardi.

Motivo principale di questo sensibile calo è stata la riduzione di 27,3 miliardi delle disponibilità liquide del Tesoro, che ha più che compensato il fabbisogno del mese (6,9 miliardi); l’emissione di titoli sopra la pari, l’apprezzamento dell’euro e gli effetti della rivalutazione dei Btp indicizzati all’inflazione (BTPi) hanno contenuto l’incremento del debito per 0,1 miliardi.

Considerando i sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è diminuito di 19,8 miliardi, quello delle Amministrazioni locali di 0,7 miliardi mentre il debito degli Enti di previdenza è rimasto sostanzialmente invariato.

Nei primi otto mesi dell’anno il debito pubblico è aumentato di 78,6 miliardi, riflettendo il fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche (39,4 miliardi) e l’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (44,8 miliardi).

Complessivamente, dunque, l’emissione di titoli sopra la pari, l’apprezzamento dell’euro e gli effetti della rivalutazione dei BTPi hanno contenuto l’incremento del debito per 5,7 miliardi.
Inoltre, sul fabbisogno dei primi otto mesi ha inciso per 4,7 miliardi il sostegno finanziario ai paesi dell’area dell’euro.
Nel complesso, la quota di competenza italiana del sostegno finanziario ai paesi dell’area era pari alla fine dello scorso agosto a 60,3 miliardi.

Per quanto riguarda le entrate tributarie, in agosto sono state pari a 32,6 miliardi, +1,3% (0,4 mld) rispetto allo stesso mese del 2013.

A fronte di questi numeri, Bankitalia ha chiarito che “tenendo conto di una disomogeneità nella contabilizzazione di alcuni incassi, la riduzione sarebbe stata più pronunciata“.

Vera MORETTI

In vent’anni, raddoppiata la spesa degli enti pubblici

Un’analisi di Confcommercio realizzata in collaborazione con il CER, Centro Europa Ricerche, ha fatto emergere l’ennesima brutta notizia per l’Italia e le sue Pubbliche Amministrazioni.

Sembra, infatti, che negli ultimi 20 anni la spesa delle amministrazioni centrali, ovvero di Stato ed altri Enti istituzionali, sia aumentata del 53%.
Ma non è tutto, e non è il peggio, poiché la spesa di Regioni, Province e Comuni è salita del 126% e quella degli enti previdenziali del 127%: ciò significa, in parole povere, e mai aggettivo è stato più azzeccato, che la spesa pubblica complessiva è raddoppiata.

Per tamponare, dunque, i danni relativi a questa situazione, e rientrare nei costi, si è assistito ad una esplosione del gettito derivante dalle imposte (dirette e indirette) a livello locale con un aumento del 500% a cui si è associato il sostanziale raddoppio a livello centrale.

Nell’ultimo decennio, inoltre, è quasi triplicata l’incidenza delle addizionali regionali e comunali sull’Irpef, mentre esiste una profonda spaccatura tra le singole Regioni in base all’incidenza dalla tassazione locale: l’aliquota Irap per un’impresa della Campania è quasi il doppio di quella che deve pagare un’impresa di Bolzano.

Uno degli obiettivi principali del federalismo fiscale, cioè quello di mantenere inalterata la pressione fiscale a carico dei contribuenti, non è stato centrato, anzi: diventa sempre più urgente, e necessario, un maggiore coordinamento fra le politiche tributarie attuate ai diversi livelli di governo.

Vera MORETTI