Decreto Fare: al CNF piacciono le modifiche sulla giustizia

Il Decreto del Fare, in questi giorni al vaglio alla Camera per eventuali ed urgenti modifiche, è stato il centro dell’intervento di Andrea Mascherin, consigliere segretario del CNF, durante l“Incontro con i Parlamentari: l’Avvocatura illustra la propria proposta”, organizzato dalle Unioni forensi, che si è tenuto a Roma nella sede del Consiglio dell’Ordine della capitale.

Ciò che Mascherin ha particolarmente apprezzato è il limite temporale alle obbligatorietà della mediazione poiché “significa aver riconosciuto che questa qualità non appartiene all’istituto”.

Soddisfazione ha suscitato anche la gratuità del primo incontro qualora non si dovesse concludere con un accordo e l’assistenza tecnica necessaria.
Continua Mascherin: “Finalmente è stato anche riconosciuto un ruolo sussidiario all’Avvocatura, competente anch’essa a seguire le domande di divisione congiunta; ed è stata soppressa la norma sul foro delle società estere. Portare avanti i diritti dei cittadini e battersi per una democrazia solidale che non lasci indietro nessuno: questo è il compito che spetta all’Avvocatura e sul quale chiediamo il sostegno di un Parlamento che recuperi la sua centralità. L’economia non può dettare le regole al diritto”.

Le rappresentanze istituzionali dell’Avvocatura, inoltre, si sono mostrate concordi sulla necessità di provvedere con un disegno di legge organico all’approvazione della negoziazione assistita e della camere arbitrali dell’Avvocatura.

Giustizia, salute e istruzione sono pilastri della vita democratica sui quali non si può risparmiare. Nessun cittadino deve restare indietro. Diamo atto ai presidenti delle commissioni affari costituzionali e giustizia e ai parlamentari di tutte le forze politiche di aver contribuito a migliorare il testo del decreto, con competenza e in una dialettica corretta e propositiva”.

Vera MORETTI

Avvocati in mediazione, un valore aggiunto

di Davide PASSONI

Nella panoramica che Infoiva dedica all'”affaire mediazione obbligatoria”, non poteva mancare la voce dell’Istituto Nazionale Tributaristi. Se non altro perché al suo interno ha costituito un comitato scientifico per la mediazione civile e commerciale, senza arrivare alla creazione di un vero e proprio organismo di mediazione autonomo. “A maggior ragione oggi siamo contenti di questa scelta – dice Edoardo Boccalini, coordinatore nazionale del comitato e membro dell’Int. Pensavamo e pensiamo che per occuparsi di mediazione in modo proficuo e professionale, sia necessario dedicarvisi a tempo pieno. E non è il nostro caso. Poi l’Int lascia i propri iscritti liberi di fare i mediatori dove vogliono e anche il nostro forte legame non Asac non è vincolante“.

Come valuta l’Int il pronunciamento della Consulta che ha dichiarato illegittima la normativa sull’obbligatorietà del ricorso alla media-conciliazione nelle controversie tra privati?
Personalmente mi occupo di mediazione e ho cominciato a crederci e a divulgarne la cultura da oltre 10 anni. Come Istituto non siamo mai stati favorevoli alla obbligatorietà, l’abbiamo sempre considerata qualcosa di contrario alla natura stessa della mediazione. Alla obbligatorietà ci si sarebbe dovuti arrivare per cultura, non per legge. Non vedo un grosso problema dal pronunciamento della Consulta, sarebbe stato strano se non si fosse pronunciata in tal senso.

Secondo i fautori della mediazione, questa sarebbe uno strumento per snellire la gestione delle centinaia di migliaia di cause pendenti: ora che potrebbe scomparire, quali altre vie suggerisce il Cnf per favorire questo snellimento?
Ci possono essere mille modi. Intanto, ricordiamo che la mediazione è ancora obbligatoria almeno fino alla pubblicazione della sentenza. Poi, sono d’accordo con Maurizio De Tilla quando dice che non ci sono mediatori formati a dovere, ma non quando sostiene che proprio per questo possa naufragare l’istituto della mediazione. Io penso invece che la mediazione sia e continuerà a essere un mezzo utile per snellire l’arretrato della giustizia: continuando a valorizzarla, l’approccio nei suoi confronti sarebbe diverso anche da parte degli avvocati.

Secondo Mascherin del Cnf, il 95% di chi va in mediazione lo fa accompagnato da un avvocato per essere certo che i suoi diritti saranno tutelati…
Non condivido. Chi va in mediazione con l’avvocato ci va perché, quando è chiamato in mediazione, spesso l’avvocato è il primo professionista al quale si rivolge per chiedere chiarimenti. Sono favorevole a che gli avvocati siano presenti in mediazione e che lo siano adeguatamente formati: un avvocato formato che accompagna la parte in mediazione è sicuramente un valore aggiunto.

E quando si dice che l’obiettivo di un mediatore è portare a buon fine una mediazione, anche senza una piena tutela dei diritti di una delle due parti?
Penso invece che una mediazione sia riuscita non solo quando viene trovato un accordo, ma anche quando le parti escono e sono contente e convinte di aver fatto una cosa buona. Ho assistito a mediazioni commerciali trattate da psicologi e sociologi che si sono concluse in maniera impeccabile, con le parti soddisfatte e meravigliate di quello che era successo e con i loro diritti tutelati a dovere.

Da più parti si tende a indicare la magistratura come una sorta di “ispiratrice occulta” del pronunciamento della Corte Costituzionale. Che cosa pensa?
Gli avvocati si potranno ritagliare spazi interessanti nel campo della mediazione, specialmente i giovani. Credo che un avvocato che dà un servizio di questo tipo a un assistito e lo porta in mediazione preparato, seguendolo fino in fondo, gli risolva il problema in tempi più rapidi e con costi inferiori rispetto a quello che accadrebbe portandolo in causa. E che possa chiedergli senza problemi una parcella giusta. Ribadisco quanto detto sopra: un avvocato formato che accompagna il cliente in mediazione è un valore aggiunto.

Molti hanno visto nella mediazione obbligatoria un’opportunità per fare impresa o per avere un lavoro. Ora rischiano di trovarsi con tempo e soldi buttati e incerte prospettive professionali. Vero?
Chi pensava di fare business con la mediazione si sbagliava. Non sono maturi i tempi, non è il momento.

Perché?
Perché la mediazione dovrebbe essere un fattore di civiltà. Si deve ancora raggiungere una cultura che non renda la mediazione obbligatoria ma che faccia capire alle persone che è talmente vantaggiosa che va usata perché, utilizzandola, si guadagna. Manca cultura in questo senso, va creata soprattutto per le nuove generazioni: su cose di questo genere non è corretto né utile ragionare a breve termine.

“Dai governi poca attenzione verso la Costituzione”

di Davide PASSONI

Continua il viaggio di Infoiva per conoscere i diversi punti di vista sulla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima la normativa sull’obbligatorietà del ricorso alla media-conciliazione nelle controversie tra privati. Dopo la voce dell’Anpar e  del suo segretario, Giovanni Pecoraro, e dopo aver ascoltato il presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, Maurizio De Tilla, oggi spazio al Consiglio Nazionale Forense con Andrea Mascherin, consigliere segretario del Cnf e avvocato in Udine.

Come valuta il Cnf il pronunciamento della Consulta che ha dichiarato illegittima la normativa sull’obbligatorietà del ricorso alla media-conciliazione nelle controversie tra privati?
La Consulta si è pronunciata per eccesso di delega semplicemente perché la legge delega non prevedeva la possibilità di istituire l’obbligatorietà della mediazione. Una pronuncia in tal senso era assolutamente inevitabile. Da subito il Cnf e l’avvocatura tutta segnalarono all’allora ministro della Giustizia Alfano e al ministero il problema dell’eccesso di delega, una segnalazione che arrivò anche dalle commissioni giustizia di Camera e Senato. Persino uno studente di giurisprudenza al primo o al secondo anno l’avrebbe notato. Invece fu sottovalutata, forse per una errata valutazione dei principi che ispirano la Costituzione della Repubblica Italiana. Nell’occasione ci si è discostati dalla volontà della Costituzione che vuole leggi delega che diano poteri ben precisi al Governo.

Una svista marchiana, quindi… Perché?
Penso si tratti di un problema culturale. Purtroppo gli ultimi governi, di qualsiasi colore, compreso quello tecnico attuale, sempre più trascurano i principi della Costituzione in nome dei dettami delle banche centrali e dei principi dell’economia. Anche nel caso della mediazione è accaduto, poiché si è pensato che potesse essere uno strumento per ridurre gli arretrati civili, in ossequio a direttive europee che andavano in tal senso: peccato che, però, non sia stata seguita una corretta procedura costituzionale.

Ci sono altri casi in cui si rischiano pronunciamenti analoghi?
La stessa cosa accade ora con i provvedimenti governativi in materia di geografia giudiziaria e liberalizzazione delle professioni: con fretta e superficialità si agisce sacrificando la Costituzione in nome di dettami economici e inevitabilmente si arriverà a vizi costituzionali simili. Anzi, le dico già che nei casi appena citati è presente l’eccesso di delega.

Torno a chiedere: perché?
Si fa ricorso troppo spesso ai decreti legge, non più a leggi complesse elaborate dal Parlamento, e in questi decreti si trattano temi delicatissimi come l’accesso alla giustizia o riforma delle professioni.

Soluzioni?
Serve recuperare una cultura parlamentare e della separazione dei poteri: chi deve legiferare è il Parlamento, la magistratura deve fare la magistratura. Se guardo alle leggi degli ultimi anni, devo tornare molto indietro nel tempo per trovare una legge complessa e strutturata elaborata dal Parlamento. Per esempio, quella della riforma della professione di avvocato, attualmente in discussione, è una legge di 65 articoli fatta solo dal Parlamento, ma è una specie di mosca bianca.

Come sono gli umori della vostra “base” relativamente a questa vicenda?
L’avvocatura non è contraria alla mediazione in sé. C’è un detto tra gli avvocati virtuosi: la miglior causa che ho fatto è quella che non ho mai fatto. Ossia, sono riuscito a conciliare la vertenza prima di andare in giudizio. Questo tentativo gli avvocati virtuosi lo hanno sempre fatto: mediazione, conciliazione, transazione fanno parte del dna dell’avvocato e sono valori condivisi dall’avvocatura. Detto questo, così come era stata costruita la mediazione aveva dei punti deboli tra cui proprio l’obbligatorietà.

Perché?
Perché non prevede la tutela dei diritti in gioco ma l’incontro degli interessi. Il mediatore non è un giurista, è più una persona che mette d’accordo le parti ma senza necessariamente conoscere il diritto e non può quindi offrire una tutela dei diritti degli interessati. Non a caso, il 95% delle persone che va in mediazione ci va con un avvocato, anche se la mediazione non ne contempla l’assistenza obbligatoria.

Scarsa fiducia nei confronti dei mediatori?
Le faccio un esempio. Se una vittima di incidente stradale avrebbe diritto per i danni subiti, poniamo, a 50mila euro di risarcimento ma in fase di mediazione transa per 1000, i suoi diritti sono calpestati, ma tecnicamente si tratta di una mediazione riuscita. Ecco, un avvocato sarebbe in grado di dire a quella persona che i 1000 euro che per lui sono un grande risultato, in realtà non ne tutelano i diritti. Ecco, quando la mediazione viene scelta dalle parti, deve essere loro chiaro che non tutela i diritti.

Secondo i fautori della mediazione, questa sarebbe uno strumento per snellire la gestione delle centinaia di migliaia di cause pendenti: ora che potrebbe scomparire, quali altre vie suggerisce il Cnf per favorire questo snellimento?
Per esempio delle camere arbitrali istituite presso gli ordini forensi. Si tratta di una proposta che il Cnf sta portando avanti, per garantire tecnicità, tempi più brevi e rispetto e tutela dei diritti. Misure alternative al processo sono condivise non solo dal Cnf ma dall’avvocatura in genere, purché il cittadino sia sempre nelle condizioni di avere il diritto costituzionale di accedere alla giustizia. Vede, la mediazione costa molto, non è gratuita; nel diritto del lavoro c’era la conciliazione obbligatoria e gratuita, ma è stata eliminata. Perché costava troppo e non aveva quella funzione deflattiva del numero di cause e di rispetto dei diritti che avrebbe dovuto avere.

Da più parti si tende a indicare la magistratura come una sorta di “ispiratrice occulta” del pronunciamento della Corte Costituzionale. Che cosa risponde?
Posso dire con certezza che la Consulta si è sempre dimostrata autonoma e indipendente, senza considerare i desiderata di avvocature o governi pro tempore.

Cnf: necessario nuovo riordino legislativo

Il consigliere segretario del Cnf. Andrea Mascherin, nel corso del convegno “Gli avvocati e il sistema giustizia” rilancia la necessità che si dia avvio ad una rapida approvazione veloce alla Camera della legge di riforma della professione forense e sospensione dell’efficacia della legge sulla mediazione obbligatoria in attesa della decisione della Corte costituzionale.

“La riforma dell’avvocatura, che mira ad una sua maggiore qualificazione, deve procedere di pari passo con la riforma costituzionale della giustizia”, ha ribadito Mascherin. “La separazione delle carriere, sulla quale siamo d’acordo, non deve compromettere la indipendenza della magistratura e richiede anche un’avvocatura rinnovata nel suo statuto e qualificata”. La riforma della professione forense, dopo il voto al senato, è ferma alla camera: “Occorre procedere alla sua approvazione”, ha rilanciato Mascherin.

Sulla necessità di riformare l’accesso è tornato anche Paolo Berruti, consigliere Cnf. “Un percorso rigoroso per l’accesso non è dettato da preconcetti misurati numericamente, ma i giovani aspiranti avvocati devono avere la garanzia che, superato il percorso d’accesso rigoroso, entreranno in un mercato vivo”.

Il vicepresidente del Cnf, Ubaldo Perfetti ha riassunto la riforma del titolo IV della Costituzione: “il progetto deve evitare la dipendenza del pubblico ministero dall’esecutivo e che si ponga in pericolo l’indipendenza della magistratura”. Dunque: al pm non può essere sottratto il compito di garantire la legalità delle indagini; desta perplessità la norma sulla obbligatorietà dell’azione penale secondo “criteri stabiliti” che darebbe vita a un sistema di selezione dei reati da perseguire a seguito del quale la “giustizia perderebbe il suo carattere di imparzialità”; la responsabilità dei magistrati, pur nella necessità di renderla effettiva, non può perdere l’ancoraggio al dolo o colpa grave. Delicata è anche la questione del riconoscimento espresso all’avvocatura di una soggettività costituzionale, come prevede il ddl Pecorella: “Già oggi sono numerose le norme che offrono copertura costituzionale alla professione di avvocato, gli articoli 104, 135, 106, senza omettere l’articolo 24 che assicura rilievo costituzionale alla difesa tecnica garantita dall’avvocato

Riforma della Giutizia: il Cnf è d’accordo sulla separazione delle carriere

“Siamo per l’uguaglianza delle parti nel processo, che chi ha esperienza del processo penale coniuga con la separazione delle carriere. Peraltro la riforma, al di là delle posizioni ideologiche contrapposte, ribadisce che i giudici costituiscono un ordine autonomo e indipendente e che le norme dell’ordinamento giudiziario assicurano l’indipendenza e l’autonomia dell’ufficio del pubblico ministero. Altri capitoli della riforma dovranno essere affrontati in modo approfondito dal Cnf, come la configurazione dell’azione penale, che comunque rimane obbligatoria; così pure per l’autonomia della polizia giudiziaria, che così come espressa risulta eccessiva rispetto al ruolo del pm. Quanto alla disciplina della responsabilità civile dei magistrati, riteniamo che debba essere disciplinata tenendo conto della delicatezza della funzione, che non può essere equiparata a quella degli altri dipendenti dello stato” – questa la posizione del Cnf resa chiara in un’audizione alle commissioni riunite affari costituzionali e giustizia sulle proposte di modifica del titolo IV della Costituzione.

Guido Alpa, presidente del Cnf ha poi ribadito: “Ogni riforma di grande respiro costituzionale deve essere ampiamente ponderata” – proseguendo – “la parità tra accusa e difesa si coniuga con la separazione delle carriere“. Alpa ha inoltre espresso alcune perplessità su altri passaggi del disegno di legge, come quello che prefigura una “costituzionalizzazione della magistratura onoraria”, ed ha richiamato la necessità di fissare in maniera “inequivoca” la inamovibilità dei giudici, “presidio della loro autonomia e indipendenza”.

Concludendo, Alpa ha aggiunto che “quanto all’autonomia e alla indipendenza dell’avvocatura,  non può essere considerata con le stesse modalità dell’ordine magistratuale (perché gli avvocati non sono dipendenti dallo stato), la riforma potrebbe prendere in considerazione la menzione dell’Avvocatura nel testo costituzionale senza che ciò implichi la soppressione del già esistente riconoscimento“.

Il consigliere segretario del Cnf ha detto in merito che “Occorre sottolineare come qualsiasi riforma volta a rafforzare la parità tra accusa e difesa sarebbe monca senza la riforma professionale forense, che punta a una maggiore qualificazione dell’avvocatura. La proposta di legge ora langue in commissione giustizia ed è urgente rimetterla all’ordine del giorno“.

Avvocati: proposte di modifica della normativa sulla mediazione obbligatoria

Il consigliere segretario del Consiglio nazionale forense Andrea Mascherin, intervenuto alla manifestazione dell’avvocatura che si è svolta all’Adriano qualche giorno fa, in merito alla mediazione obbligatoria ha affermato: “Serve un doppia strategia: rimedi giudiziari e confronto serrato con governo e parlamento per modificare la normativa“.

Da quando il Tar del Lazio ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità del decreto legislativo 180/2010, il Consiglio Nazionale Forense non perde occasioni per ribadire come la mediazione obbligatoria, così come applicata oggi risulta pericolosa e minacciosa per l’intera società. “Il Cnf ritiene che l’astensione non rimanda una immagine responsabile dell’avvocatura. Altra cosa è esperire i rimedi giudiziari nei procedimenti e riaprire una discussione serrata con il ministro della giustizia per ottenere la modifica urgente della normativa. Osserviamo con preoccupazione una lotta, per così dire, tra l’attuale maggioranza e la precedente per mortificare l’avvocatura, tra decreto Bersani e provvedimenti attuali. Chiediamo di approvare la riforma dell’ordinamento forense e di provvedere alla modifica della mediazione“.

Mirko Zago