Mutui in ripresa? Forse sì, forse no

Il mercato dei mutui e il suo andamento sono stati studiati da Antonio Patuelli, presidente dell’Associazione bancaria italiana, il quale si è detto piuttosto ottimista per il prossimo futuro.
In occasione della presentazione della relazione annuale dell’Abi, infatti, Patuelli ha dichiarato, senza mezzi termini, che il 2015 è l’anno della definitiva ripresa, a cominciare proprio dal mercato dei prestiti per la casa, che nei primi mesi del 2015 ha subito un’impennata positiva del 64%.

Buone notizie arrivano da più fronti, poiché Abi ha ripetuto sostanzialmente ciò che Bankitalia aveva precedentemente affermato, con la convinzione che le banche avrebbero attivamente partecipato per rendere possibile la ripresa.

Ma non è tutto oro quello che luccica, poiché è ancora tristemente attuale l’amara situazione di due aspiranti mutuari su tre che si vedono negata la richiesta di finanziamento.
Per ora, dunque, la ripresa è solo astratta.

Vera MORETTI

Le banche italiane schiacciate dalla pressione fiscale

Nel dossier consegnato da Abi al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan è emerso che la pressione fiscale sulle banche italiane e sulle banche estere operanti in Italia è superiore almeno del 15% rispetto agli altri mercati europei.

Alla luce di questi dati, ma soprattutto in vista dell’Unione bancaria e della maggiore integrazione del mercato finanziario europeo, i banchieri chiedono che venga garantito :”un terreno di gioco livellato per le banche che operano in Italia, rimuovendo le numerose penalizzazioni che oggi contribuiscono gravemente a comprimere la redditività delle banche e, per questa via, la loro capacità di svolgere il loro ruolo di sostegno all’economia e alla crescita“.

Antonio Patuelli, presidente di Abi, ha precisato, nel messaggio contenuto nel dossier, che non sono privilegi quelli che la categoria richiede, ma, piuttosto, che non ci siano discriminazioni, neppure di natura fiscale, tra banche italiane ed europee. Questo perché “con forti difformità fiscali in Europa esploderebbero contraddizioni con ricadute gravi per economia ed occupazione“.

Tra i nodi fiscali che maggiormente pesano sulle banche c’è l’applicazione di una addizionale Ires di 8,5 punti percentuali per il periodo di imposta 2013, che ha portato l’aliquota complessiva Ires dovuta dalle banche al 36%, rispetto alla misura ordinaria prevista per le altre imprese che è rimasta ferma al 27,5%.

Dito puntato anche contro le penalizzazioni che riguardano i prodotti, ricordando che dal primo luglio di quest’anno sarà applicata la nuova aliquota del 26%, destinata a sostituire quella del 20% applicabile alla generalità dei prodotti di risparmio, con l’eccezione dei titoli di stato e di quelli ad essi equiparati ai fini fiscali.

A questo proposito, si legge nel documento: “La nuova maggiore aliquota rischia inevitabilmente da un lato, di amplificare alcune criticità dell’impianto normativo, e dall’altro, di disincentivare sempre di più l’afflusso di capitali esteri nel nostro Paese“.

L’Abi si chiede infine se non siano maturi i tempi per una vera riforma “che abbandoni il meccanismo della tassazione secca proporzionale per riportare i redditi di natura finanziaria nella base imponibile con tassazione ad aliquote progressive“.

C’è inoltre da ricordare che le banche italiane, contrariamente a quelle europee, negli anni della crisi non hanno beneficiato di aiuti pubblici, per non pesare sui contribuenti.
In Italia gli aiuti sono ammontati a 6,3 miliardi di euro, lo 0,4% del pil, cifra ben inferiore rispetto agli 83 miliardi della Gran Bretagna, 63,7 miliardi della Germania, 62 miliardi dell’Islanda e 60 miliardi della Spagna.

Nonostante la crisi, lo sforzo di ricapitalizzazione, che é volto in ultima analisi a mettersi in condizioni di poter erogare maggior credito quando qualità e quantità della domanda lo consentiranno, è stato interamente sostenuto dal settore e dai suoi azionisti: nel complesso, negli ultimi sei anni, oltre 40 miliardi di euro di incremento di capitale tra operazioni realizzate e in corso.

Vera MORETTI

Banche: continuano le sofferenze dovute ai prestiti alle imprese

Continuano le sofferenze, da parte delle imprese, per quanto riguarda i prestiti da parte delle banche.
Se, da una parte, è ancora molto difficile ottenere un finanziamento, dall’altra, infatti, risulta altrettanto complesso riuscire a restituire il denaro ricevuto.

Secondo i dati di Bankitalia ripresi da una ricerca di Unimpresa, associazione delle imprese che ha il suo focus nelle pmi, nell’ultimo anno le sofferenze sono ancora cresciute del 25%, arrivando a superare il muro dei 166 miliardi di euro, in aumento di 33,1 miliardi.
Se si guarda al rapporto con il totale dei crediti, la percentuale è schizzata dal 9,14% all’11,6%.

Dal 2010 a oggi, inoltre, in valore assoluto le sofferenze sono più che raddoppiate, passando da 77,8 miliardi a 166,4.

Questo, per le banche, significa maggiori difficoltà nella concessione di crediti, anche a causa dei più stringenti requisiti patrimoniali.
Inoltre, con la crisi ancora in atto, l’ammontare complessivo dei crediti p in calo, anche se in termini minori rispetto agli anni precedenti.

Da aprile 2013 ad aprile 2014, il totale dei finanziamenti al settore privato è diminuito di 30,2 miliardi di euro passando da 1.458,07 miliardi a 1.427,7 miliardi.
Una riduzione che interessa sia le famiglie (-6,7 miliardi) sia le imprese (-23,5 miliardi). Le erogazioni degli istituti di credito sono scese, complessivamente, del 2,08%.

A questo proposito, Paolo Longobardi, presidente di Unimpresa, ha dichiarato: “Quella del credito resta una situazione gravissima e, di fronte alla sempre maggiore difficoltà, sia delle famiglie sia delle imprese, nel pagare le rate dei finanziamenti, assistiamo a un atteggiamento di superficialità da parte delle banche e anche delle istituzioni“.

Ha poi aggiunto Antonio Patuelli, presidente dell’Abi: “Le banche italiane stanno effettuando dei colossali aumenti di capitale che sono utili non solo per l’asset quality review e per gli stress test ma per avere molta più capienza per effettuare nuovi prestiti. La stagione degli aumenti non sarà mai finita, perché questa crisi ha cancellato la logica del minimo capitale. Se non riusciamo ad ottenere regole uniformi in tempi ragionevolmente brevi, l’Ue invece di diventare una grande chance per l’Italia rischierebbe di far esplodere le contraddizioni fin qui sopite“.

Vera MORETTI

Le banche in rivolta: “non pagheremo noi il bonus Irpef”

 

Per coprire parte del bonus Irpef, il Governo ha deciso di picchiare duro sulle banche:  sono oltre due miliardi a carico del sistema del credito e soprattutto pesa la mancata rateizzazione mentre è in corso l’esame della Bce sugli attivi che culminerà con gli stress test. Un anno delicato in cui “l’Italia penalizza fiscalmente le banche rispetto a quanto avviene alle concorrenti Ue”: serve “un forte ripensamento” da parte del Governo, attacca l’Abi.

Il problema è che il “il forte aumento della pressione fiscale deliberato dal Consiglio dei Ministri – dice in una nota il presidente dell’Associazione bancaria Antonio Patuellisi assomma a quello deciso dal precedente Governo: i due provvedimenti hanno determinato l’aumento dell’anticipazione Ires 2013 al 130% per banche e assicurazioni, l’enorme addizionale dell’8,5% sull’Ires 2013, la rivalutazione delle quote di Bankitalia (ultimi in Europa!) con l’imposta del 12% disposta dalla legge di stabilità” aumentata al 26%, “con effetti retroattivi giuridicamente più che discutibili”.

Il tutto mentre i prestiti a famiglie ed imprese sono aumentati in marzo, tanto da aver superato 1.850 miliardi di euro, aumentando così di 126 miliardi l’ammontare complessivo della raccolta da clientela, attestata sui 1.724 miliardi di euro.

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Ripresa lenta per banche e imprese

Ripresa? Se è in atto, sicuramente è molto lenta e difficoltosa.

Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, la pensa così e ne ha parlato durante il vertice con il comitato esecutivo dell’Abi, svoltosi a Milano, alla presenza del presidente dei banchieri Antonio Patuelli.

Durante l’incontro, il governatore ha colto l’occasione per svolgere una serie di riflessioni sul sistema bancario, ma anche un’approfondita analisi relativa allo scenario macroeconomico.
A questo proposito, Visco ha affermato che “le prospettive di ripresa si sono effettivamente riaffacciate. Ci sono segnali positivi, ma lo scenario è rimasto diseguale e ci sono profili di rischio“.

Inoltre, riguardo gli impieghi e il rapporto con le imprese, ha aggiunto: “l’importanza per le banche è di avere una attitudine nei confronti del credito alle imprese, legata anche alla qualità delle imprese“. ma è fondamentale che le imprese stesse si ristrutturino, diventando così competitive a livello non solo locale ma anche nazionale e, nelle migliori ipotesi, anche internazionale.

Il governatore si è soffermato anche sugli aspetti più propriamente bancari all’indomani del giudizio positivo di ieri da parte dell’agenzia di rating Fitch: “mi sembra una presa d’atto dell’attività che le banche, prima della definizione dell’asset quality review, hanno cominciato a fare, ed anche la Banca d’Italia è intervenuta su questo“.

Le banche, comunque, non sono ancora fuori dalla crisi e dovranno attraversare ancora trimestri difficili “perché la ripresa, prima di portare a un rientro delle sofferenze, deve vedere lo svolgersi degli effetti della crisi sulle imprese“.

Tuttavia il governatore ha definito confortanti i segnali di decelerazione della crescita delle sofferenze. Quanto ai rafforzamenti di capitale delle banche italiane “vanno nella direzione giusta, era questo che avevamo chiesto“.

Vera MORETTI

Abi interessata alle imprese agricole

Antonio Patuelli, presidente dell’Abi, intervenuto in occasione dell’apertura dell’anno accademico dei Georgofili, storica istituzione fiorentina che promuove gli studi di agronomia, selvicoltura, economia e geografia agraria, ha confermato l’attenzione, da parte dell’Associazione bancaria italiana, per il comparto agricolo.

A questo proposito, il presidente ha dichiarato: “Le banche in Italia hanno sviluppato il credito agrario visto come un settore imprenditoriale e come tale valutandolo senza privilegi o discriminazioni. Possiamo constatare da parte delle banche in Italia un rinnovato e più forte interesse verso il comparto agricolo, con la nascita di nuovi settori dedicati e lo sviluppo di prodotti specifici“.

La collaborazione tra banche ed imprese agricole potrà crescere e diventare sempre più consistente se le aziende svilupperanno una cultura d’impresa.

Vera MORETTI

Il problema del credito al centro del Forum di Confcommercio

Durante il Forum di Confcommercio tenutosi a Cernobbio il 22 e 23 marzo, l’accento è stato posto sul problema del credito, sul quale tutti i partecipanti hanno voluto esprimere la loro opinione.

Carlo Sangalli, presidente di Unioncamere, ha sottolineato l’esigenza di una “ancora più rafforzata collaborazione tra banche ed imprese che devono lavorare, in Europa e in Italia, per rilanciare il flusso del credito all’economia reale. E’ una scelta di responsabilità, tanto più importante in tempi di così grande incertezza”.

Dopo il cappello introduttivo di Sangalli, il primo intervento è stato quello di Enrico Cucchiani, consigliere delegato e Ceo di Intesa Sanpaolo, per il quale “non è vero che in Italia vada tutto male: gli indicatori macroeconomici italiani sono migliori di quelli dell’Eurozona e molto migliori di quelli degli Usa e del Giappone. Il problema è la mancanza di competitività e di liberta economica del nostro Paese, che si accompagna a un pesante crollo degli investimenti”.
Cucchiani si è soffermato anche sulla questione del credit crunch, ricordando che in Italia la contrazione del credito, pur essendo meno elevata rispetto ad altri Paesi, si fa sentire maggiormente perché è erogato per il 70% dalle banche, anche a causa della difficoltà, da parte dei piccoli imprenditori, di rivolgersi ad altri canali.

Antonio Patuelli, presidente dell’Associazione bancaria italiana, ha dichiarato che “in Italia esiste una serie di anomalie, alcune non rapidamente rimovibili, da affrontare con forza. A cominciare da una pressione fiscale insopportabile e da una carenza cronica di infrastrutture. Bisogna riflettere su come rimettere in moto la competitività, tutti insieme: in questo banche e imprese sono sullo stesso fronte, facce diverse della stessa medaglia”.
Patuelli si è anche opposto alla criminalizzazione degli istituti bancari, ma ha anche affermato, in merito ai debiti della PA come sia “urgente che dai buoni propositi si passi a provvedimenti che inneschino un circuito virtuoso di liquidità a chi ne ha bisogno e mettano in moto un meccanismo di buona finanza basato sulla moratoria dei crediti rinnovata due giorni fa dalle banche”.

Alessandro Azzi, presidente di Federcasse, ha spiegato il lavoro che le banche cooperative stanno cercando di svolgere, pur trattandosi, anche per loro, di un periodo particolarmente difficile.
Per questo Azzi ha voluto sottolineare la necessità di una “normalizzazione del Paese: la società è disorientata, delusa e inquieta: servono più semplificazione, più legalità, più giustizia”.

Giovanni Da Pozzo, presidente di Finpromoter, ha voluto ricordare come la crisi gravi inevitabilmente sui bilanci: “da qui l’elevata percezione del rischi da parte degli intermediari che comporta un costo del credito più alto, accentuato anche dal fatto che le imprese italiane sono bancocentriche”.

Andrea Misticoni, direttore centrale di Euler Hermes Italia, ha infine sottolineato che “nel 2013 continuerà la turbolenza economica, anche se nella seconda metà dell’anno si apriranno i primi spiragli di ripresa, mentre per la ripresa bisognerà aspettare il 2014”.

Vera MORETTI