Campioni d’Europa! Nel ritardo…

L’allarme è uno di quelli da non prendere assolutamente sotto gamba: nelle transazioni commerciali tra Pubblica Amministrazione e imprese private, i tempi di pagamento medi presenti in Italia arrivano a 180 giorni mentre nella sanità, secondo quanto ricorda la Cgia di Mestre, si arriva a saldare i debiti anche dopo 4 se non 5 anni, soprattutto al Sud. Un dato ancora più sconfortante se si pensa che la media dei Paesi Ue è pari a 65 giorni.

Meglio, si fa per dire, la situazione dei pagamenti tra le imprese private, dove il saldo fattura avviene dopo 96 giorni, a fronte di una media europea di 52 giorni. Solo in Spagna stanno peggio di noi, mentre i tedeschi se la cavano con una media inferiore a quella europea e quasi un terzo di quella italiana: 35 giorni. I dati forniti dalla Cgia di Mestre, dunque, parlano chiaro: che tra i grandi d’Europa nessuno può vantare una simile zavorra.

Se a questa situazione aggiungiamo la stretta creditizia in atto e gli effetti della crisi economica che continuano a farsi sentire in misura sempre maggiore – commenta il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi –, la tenuta finanziaria delle imprese, soprattutto quelle di piccola dimensione, è a rischio con ricadute occupazionali negative facilmente prevedibili“.

Nemmeno l’entrata in vigore del decreto di recepimento della Direttiva Europea contro il ritardo dei pagamenti, avvenuto a l’1° gennaio scorso, sembra aver sortito effetto. Lo conferma sempre Bortolussi: “Stando alle segnalazioni che ci sono giunte da molti piccoli imprenditori, la nostra Pubblica amministrazione non starebbe rispettando i tempi di pagamento previsti dalla legge. Per questo chiediamo un intervento dell’Unione europea teso a richiamare il nostro Paese affinché il saldo fattura non superi i 30/60 giorni“.

In questo senso è una buona notizia l’apertura giunta lunedì dai vicepresidenti della Commissione Ue, Olli Rehn e Antonio Tajani, per sbloccare il pagamento dei debiti della PA. I due, in una nota congiunta, hanno affermato che il saldo dei debiti commerciali da parte dello Stato a favore delle imprese “potrebbe rientrare tra i fattori attenuanti” quando sarà valutata la conformità del bilancio pubblico italiano con i criteri di deficit e debito del patto di stabilità europeo.

La Commissione europea si attende ora che l’Italia prepari un piano di smaltimento dei debiti a carico della Pubblica amministrazione verso le imprese su un arco temporale di due anni: “Sollecitiamo un piano in tempi brevi – ha detto Tajani, la forma poi è prerogativa del Paese. Ma ricordiamoci che parliamo della terza economia dell’area euro e intervenire rapidamente sarebbe importante per ridare fiato alle imprese, evitare fallimenti e far ripartire l’economia“.

Immediato il plauso di Rete Imprese Italia, che ha poi spronato, in una nota, la politica italiana: “Il Governo si affretti a preparare il piano di liquidazione che definisca chiaramente la dimensione del fenomeno sanzionando quelle amministrazioni che non collaboreranno fattivamente nella fornitura dei dati. Il pagamento dei debiti pregressi della pubblica amministrazione verso le imprese costituisce il tassello determinante per il ripristino di condizioni economiche normali per l’uscita dalla crisi“.

Bene, tutti contenti e tutti felici. Adesso vediamo se alle parole seguiranno i fatti. In tutti questi anni di chiacchiere, abbiamo un po’ perso la fiducia.

Una coalizione per creare 900mila posti di lavoro in Europa

La Commissione Ue vuole agire per risolvere il problema della disoccupazione che, in Europa, è ancora molto presente.
A questo proposito, è stata varata la Grand Coalition for Digital Jobs, partnership che ha come obiettivo sette linee di azione che creeranno circa 900mila posti di lavoro.

L’iniziativa è stata presentata da José Manuel Barroso, presidente della Commissione, affiancato da Neelie Kroes, responsabile per l’Agenda Digitale, Antonio Tajani, Commissario per Industria e imprenditoria, László Andor, delegato per Occupazione, affari sociali e integrazione e Androulla Vassiliou, che si occupa di Istruzione, cultura, multilinguismo e gioventù.

Queste le parole di Barroso: “Troppi europei, soprattutto giovani, sono disoccupati. Tuttavia a volte i datori di lavoro non riesce a trovare le persone con le giuste competenze. Ciò significa che come ci si concentra sulle soluzioni per affrontare in rapida crescita della disoccupazione, nello stesso modo abbiamo bisogno di rispondere meglio alle esigenze dell’economia. Questa è una sfida che richiede un’azione concertata per la progettazione di un sistema che funzioni a beneficio di tutte le parti interessate. E che guardi in faccia la realtà, compito urgente e difficile, di fronte alla questione reale degli alti tassi di disoccupazione giovanile. I cittadini europei e le imprese sono state colpite duramente dalla crisi. E i giovani europei sono certamente i primissimi e più colpiti”.

La prima cosa da fare è, sempre secondo Barroso, creare un ponte tra il mondo dell’istruzione e del lavoro. Per questo motivo, negli ultimi anni, la Commissione si è impegnata attivamente nella promozione di varie forme di partenariato a livello europeo.

Vera MORETTI

Accordo tra cinque confederazioni professionali europee

E’ stato siglato un accordo di amicizia tra le confederazioni professionali di Italia, Germania, Spagna, Gran Bretagna e Romania che ha l’obiettivo di promuovere l’integrazione e la mobilità dei professionisti in Europa.

I rappresentanti delle cinque confederazioni (Confprofessioni, Bundesverband der Freien Berufe, Uniòn Profesional, UK Inter-Professional Group e Romanian Union of Liberal Professions) si incontreranno a Roma presso Palazzo Marini il prossimo 11 febbraio, alla presenza del vicepresidente della Commissione europea, Antonio Tajani, del vicepresidente del Parlamento europeo, Roberta Angelilli e del ministro per le Politiche europee, Enzo Moavero Milanesi.

La finalità principale del Trattato di Roma delle Professioni è di arrivare alla definizione di un coordinamento unitario per promuovere studi e analisi su tematiche di interesse comune e la produzione di documenti, raccomandazioni e osservazioni da presentare agli interlocutori pubblici e privati.

Il protocollo, quindi, potrebbe essere un importante strumento operativo per valorizzare e promuovere il ruolo e l’attività di milioni di professionisti europei.
L’intesa prevede il monitoraggio delle opportunità di finanziamento offerte dall’Unione europea, stimolando e favorendo la costituzione di partenariati transnazionali per la partecipazione di bandi di gara comunitari.

L’accordo interconfederale permetterà inoltre di promuovere azioni per facilitare la mobilità di liberi professionisti ma anche di praticanti e tirocinanti, che intendano svolgere un periodo di praticantato presso uno dei Paesi che hanno aderito al protocollo.

Ad incoraggiare l’iniziativa è stata Confprofessioni che ha saputo sviluppare una rete di relazioni con le principali Confederazioni interprofessionali degli altri Stati membri, svolgendo un ruolo di primo piano per la creazione di una rete con e per i professionisti.

Vera MORETTI

Task force per supportare i professionisti europei

E’ stato presentato un piano per aiutare i professionisti europei su semplificazione, internazionalizzazione e accesso al credito.

Ad illustrare la task force, che servirà per sostenere imprese e liberi professionisti ma anche ravvivare lo spirito imprenditoriale in Europa, è stato Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea.

Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni, ha dichiarato: “La comunicazione della Commissione al Parlamento europeo pone un forte accento sui liberi professionisti, particolarmente sensibili agli oneri burocratici. Infatti, le misure per la semplificazione amministrativa li vedrà coinvolti in prima persona. Ma non solo. La Commissione intende lavorare alla rimozione degli ostacoli, ingiustificati e non necessari, per accedere alla libera professione. E per poter meglio interpretare le esigenze ed i bisogni della categoria dei professionisti, l’esecutivo europeo intende creare un gruppo di lavoro che indaghi sulle questioni principali in materia di semplificazione, internazionalizzazione e accesso al credito. Temi sui quali siamo pronti fin da subito a dare il nostro contributo”.

In particolare, il piano d’azione Imprenditoria 2020 vuole sottolineare il ruolo fondamentale che ricoprono l’istruzione e la formazione, ma anche prevedere misure specifiche a sostegno degli imprenditori esistenti, con particolare attenzione ad alcune categorie quali i giovani e le donne.

Ma il piano affronta anche le maggiori criticità dell’imprenditoria, indicando anche le soluzioni da adottare: accesso ai finanziamenti, attraverso la creazione di un mercato europeo della micro finanza e la semplificazione della fiscalità per gli investimenti diretti privati, sostegno alle imprese ed in particolar modo alle start-up, semplificazione amministrativa attraverso la riduzione dell’onere normativo e facilitazione dei trasferimenti di imprese.

Tra gli obiettivi vi è anche quello di intervenire per eliminare le barriere al mercato unico, creando in tal modo le condizioni per le piccole e medie imprese per sviluppare le loro attività all’estero, evitando i fenomeni della doppia imposizione e rimuovendo gli squilibri fiscali che limitano gli investimenti esteri.

Basilare, ricorda la Commissione europea, è un ammodernamento del mercato del lavoro, che deve necessariamente passare dalla semplificazione della legislazione e lo sviluppo di contratti flessibili.

Vera MORETTI

L’UE tifa per l’imprenditoria rosa

Una rete di consulenti, naturalmente donne, in grado di guidare e consigliare le giovani imprenditrici sulla strada del successo. E’ l’azione promossa dall’Unione Europea a sostegno dell’imprenditoria femminile. Una rete europea che coinvolge ben 17 paesi membri, per un totale di 170 “mentori” provenienti da varie nazioni, tra cui figura anche l’Italia.

Ma chi sono le mentori? Donne a capo di imprese affermate, con una lunga e brillante esperienza alle spalle, in grado di fornire consigli, informazioni e supporto alle colleghe più giovani e inesperte che si accingono a fondare la propria impresa.

“La creatività e le potenzialità imprenditoriali femminili rappresentano chiaramente una fonte di crescita economica – ha sottolineato il vicepresidente della Commissione UE Antonio Tajani. – Una miniera di nuovi posti di lavoro non ancora sfruttata, che va dunque ulteriormente sviluppata in Europa. In un momento di crisi non ci possiamo permettere di rinunciare a tale potenzialità. Incrementare il numero delle imprenditrici significa dare maggior potere economico alle donne e contribuire alla crescita”.

Donne al potere equivale a successo economico. La UE ne è convinta e ha stilato una classifica di ‘talenti’, se così vogliamo chiamarli, appannaggio esclusivo dell’imprenditoria femminile.

Le donne hanno la capacità di valutare ed esaminare tutti i pro e i contro che riguardano l’apertura di una nuova impresa, inoltre spesso portano avanti questa iniziativa senza lasciare una precedente occupazione, in modo da limitare i rischi legati a un possibile fallimento.

Ma le donne sono anche più prudenti: lo dimostra il fatto che alla base delle aziende guidate da donne c’è spesso un capitale iniziale inferiore rispetto a quello speso dagli uomini. Donne attente a non fare il passo più lungo della gamba, insomma.

Alessia Casiraghi

Le Pmi verso il mercato estero emergente

La crisi certo non ha aiutato le piccole e medie imprese ma potrebbe contribuire ad aprire nuovi scenari sorprendentemente redditizi.

I mercati emergenti, infatti, rappresentano una buona risorsa per le Pmi, ed un’occasione valida di ripresa, considerando anche la staticità del mercato interno.

A questo proposito, è stato presentato a Bruxelles un piano della Commissione Europea per agevolare le piccole imprese verso Cina, India, Russia, Sud Est asiatico o America Latina con l’obiettivo di far crescere le Pmi dall’attuale percentuale del 13% fino al 25%.

Si tratterebbe di un impegno, da parte della Commissione, di rendere più efficiente il sostegno all’accesso ai mercati globali, potenziando i servizi per le imprese e utilizzando gli strumenti già esistenti in maniera più performante, Rete Impresa Europea compresa. Oltre a ciò, le Pmi verranno sostenute nella ricerca di partner locali attraverso un’informazione più capillare.

Presentando l’iniziativa, il vice presidente della Commissione Europea e commissario per Industria e l’Imprenditoria, Antonio Tajani ha dichiarato: “Per la prima volta dà all’Europa una vera e propria strategia dedicata alle Pmi e al loro accesso ai mercati al di fuori dell’Ue. I principali mercati non Europei – caratterizzati da tassi di crescita elevati – offrono opportunità inesplorate per le Pmi, che sono il primo punto di forza dell’economia europea. Aiutarle a sfruttare al meglio il loro potenziale nell’arena globale costituisce è la via maestra per uscire dalla crisi e rilanciare competitività e occupazione”.

Anche Vincenzo Boccia, presidente della Piccola Industria di Confindustria, si è detto soddisfatto di questa iniziativa, sostenendo: “E’ la terza gamba di un’azione europea che apprezziamo molto e che si aggiunge allo Small business act e alla direttiva europea sui ritardi dei pagamenti della Pa”. Boccia ha ricordato anche che “il documento Ue prevede la creazione di un portale e un forum annuale per condividere le esperienze e sottoporre le misure ad una valutazione periodica”.

Vera Moretti

Pmi traino d’Europa

Spunti e notizie interessanti sono emersi dalla relazione relativa alle piccole e medie imprese per il 2010, dal titolo Le Pmi dell’Ue stanno uscendo dalla crisi?, presentata dalla Commissione europea.

Il numero delle Pmi presenti nell’economia commerciale non finanziaria europea è di 20,8 milioni, di cui 19,2 microimprese con meno di dieci dipendenti. Ciò significa che le piccole e medie imprese hanno fornito oltre i due terzi delle opportunità di lavoro nel settore privato dell’Ue e il 58,4% del valore aggiunto lordo totale, che, confrontato alle 43.000 grandi imprese, lo 0,2 delle aziende Ue, è un’enormità.

Le buone notizie, dati alla mano, sono molte, dal momento che nel 2011 si stima che le pmi aumentino dello 0,9%, con una crescita dello 0,4% dei lavoratori. Dopo un calo biennale degli occupati, si tratta di un primo segnale di ripresa.
Inoltre, dopo una diminuzione del 6,4% del 2009, il valore aggiunto lordo combinato (Val), delle pmi è aumentato del 3,4% nel 2010 ed è destinato a salire ulteriormente nell’anno in corso.

Per Antonio Tajani, vicepresidente e commissario europeo per l’Industria e l’imprenditoria, “Il fatto che la ripresa nel 2010 sia stata guidata dalle Pmi evidenzia la loro importanza per la crescita e l’occupazione (…) L’Europa ha bisogno di nuovi imprenditori innovativi e creativi pronti a correre rischi. Questa è la strada principale per la ripresa“.

La crisi non è tuttavia superata e le pmi devono ancora operare in un clima economico incerto.

La tendenza al ribasso nel numero di occupati iniziata nel 2009 (-2,7%) ha conosciuto un rallentamento nel 2010 (-0,9%), si stima tuttavia che abbia comunque prodotto una perdita netta di oltre 823.000 posti di lavoro nell’Ue. Le microimprese hanno saputo reggere bene alla crisi, rispetto, ad esempio, alle medie imprese, anche se loro ripresa è stata più lenta.

Per settore industriale le Pmi hanno primeggiato per quanto riguarda il Val e l’occupazione nei comparti edilizia, commercio all’ingrosso e al dettaglio, settore alberghiero, ristorazione e immobili, noleggio e servizi alle imprese.

La valutazione dei risultati delle attività delle Pmi per il 2010 ha identificato tre gruppi.

Il primo è quello in cui le pmi hanno registrato un tasso di crescita positivo sia in termini di Val sia in termini di occupazione e comprende Austria, Germania, Lussemburgo, Malta, Romania, Svezia e Regno Unito.

Il secondo è quello in cui, invece, le pmi hanno registrato un tasso di crescita negativo sia per quanto riguarda il Val sia per l’occupazione e comprende Grecia, Irlanda, Spagna, Lettonia e Lituania.

Il terzo gruppo, entro cui troviamo anche l’Italia, è quello dei Paesi in cui le pmi hanno ottenuto un tasso di crescita positivo in termini di Val, ma un tasso negativo in termini di occupazione e comprende, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Francia, Cipro, Ungheria, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia e Finlandia.

Vera Moretti

Dall’Ue un piano per l’export delle Pmi

In occasione della quinta Conferenza Italia-America Latina, svoltasi nei giorni scorsi al ministero degli Esteri italiano, il vicepresidente della Commissione Europea, Antonio Tajani, ha annunciato il prossimo avvio, da parte dell’Unione Europea, di una nuova strategia per favorire l’Export delle Pmi europee nei mercati terzi: obiettivo, raddoppiare il traffico delle esportazioni nei prossimi 5 anni. Il relativo piano di incentivi sarà presentato all’assemblea dei commissari entro la fine di ottobre.

La strategia dell’Ue si baserà sulla cooperazione industriale con i Paesi dell’America Latina, grazie a importanti accordi che spazieranno dal turismo all’innovazione, dallo sfruttamento delle materie prime sudamericane all’industria aerospaziale.

Tajani ha sottolineato l’importanza del sostegno all’internazionalizzazione delle Pmi in Europa, forti dei numeri che portano sul mercato: “Ci sono 23 milioni di Pmi, che rappresentano il 99,8% delle aziende europee – ha chiosato il vicepresidente –, di cui soltanto il 13% conduce e sviluppa attività al di là dei confini del mercato europeo“.

Pmi: spina dorsale dell’economia europea

Che le piccole e medie imprese siano in crisi non è una novità, ma che fossero la spina dorsale dell’economia europea forse qualcuno ancora non lo sa.

I dati parlano chiaro e a dimostrarlo è anche una relazione presentata dalla Commissione Ue in occasione della settimana europea delle pmi.

Da questo documento emerge che, nel 2010, erano quasi 20,8 milioni le pmi presenti nell’economia commerciale non finanziaria dell’Unione, e di queste ben 19,2 milioni sono microimprese con meno di dieci dipendenti.

Tradotto in numeri, significa che il 66,9% di tutte le opportunità di lavoro nel settore privato dell’Ue e il 58,4% del valore aggiunto lordo totale, che arriva a toccare il 71,3% in Italia, è fornito dalle pmi, rispetto alle 43mila grandi imprese che rappresentano lo 0,2% delle aziende Ue e lo 0,1% in Italia.

La Commissione prevede che nel 2011 il numero delle pmi aumenterà dello 0,9% e il valore aggiunto del 3,9%. Anche il numero dei dipendenti, dopo un calo di due anni, dovrebbe finalmente tornare a crescere, anche se solo dello 0,4%.

Antonio Tajani, vicepresidente e commissario Ue per l’Industria e l’Imprenditoria ha dichiarato: “Il fatto che la ripresa nel 2010 sia stata guidata dalle pmi evidenzia la loro importanza per la crescita e l’occupazione. Attraverso la settimana delle pmi intendiamo sottolineare ancora una volta il loro ruolo cruciale per la competitività europea e l’urgenza di porre in cima alla nostra agenda politica la promozione di un clima favorevole alle imprese al fine di liberarne il potenziale. L’Europa ha bisogno di nuovi imprenditori innovativi e creativi pronti a correre rischi. Questa è la strada principale per la ripresa”.

Che siano in arrivo buone nuove? Ci auguriamo di sì.

Vera Moretti

L’Ue spinge per un nuovo Small Business Act: meno costi e meno tempo per creare una società

La Commissione europea è in prima linea per incrementare la crescita delle piccole e medie imprese, volontà che appare evidente in particolare con le recenti nuove azioni varate per il sostentamento dell’imprenditoria. La revisione del modello di  “small business act” ovvero il quadro della politica Europea per le Pmi, ha apportato diverse novità interessanti presentate nei giorni scorsi dal vicepresidente della Commissione Ue, responsabile per l’impresa, Antonio Tajani.

Tra gli aspetti più interessanti appaiono la riduzione drastica dei tempi e i costi per la costituzione di una società. L’obiettivo che si vuole raggiungere è di arrivare a 3 giorni e 100 euro di spesa (lo scorso anno la media Ue era di 7 giorni e poco meno di 400 euro di spesa). Altri aspetti da curare maggiormente sono ancora una volta l’accesso al credito e il miglioramento della possibilità delle piccole e medie imprese di ottenere risorse finanziarie, cosi’ come di poter partecipare agli appalti.

Tajani ha affermato: “Anche le Pmi hanno accusato la crisi con la perdita di circa tre milioni di posti di lavoro, con le nuove azioni pensiamo di poter offrire loro nuove opportunità di ripresa”. E’ stato inoltre istituito una sorta di vigilante soprannominato “Mr. Pmi” (si tratta dello spagnolo Daniel Calleja).

Mirko Zago