Pensione di reversibilità: l’INPS la riconosce al separato con addebito

Novità per i coniugi separati: la pensione di reversibilità o superstiti spetta indipendentemente dal titolo della separazione (con addebito o senza addebito) e dalla corresponsione dell’assegno alimentare.

L’INPS cambia orientamento: la pensione superstiti spetta al coniuge separato con addebito

L’INPS con la Circolare 19 del 1° febbraio 2022 ha chiarito alcune disposizioni. L’INPS riprende la circolare 185 del 2015 in cui aveva specificato che la pensione di reversibilità era di spettanza del coniuge separato nel caso in cui, nonostante l’addebito della separazione, aveva ottenuto il riconoscimento del diritto all’assegno alimentare. Questa disposizione però di fatto era stata superata dalla giurisprudenza. La Corte Costituzionale con la sentenza 286 del 1987 ha infatti stabilito che la pensione di reversibilità spetta al coniuge separato indipendentemente dal titolo della separazione.

Di conseguenza trova applicazione l’articolo 22 della legge n. 903 del 1965 che non richiede l’assenza dell’addebito per riconoscere il diritto alla pensione superstiti.

Pensione di reversibilità al coniuge separato con addebito: le posizioni pendenti e già definite

L’INPS nella circolare chiarisce anche cosa succede con i rapporti pendenti. Per le domande presentate successivamente alla circolare devono essere applicate le nuove disposizioni. Per i rapporti pendenti, quindi per le richieste inoltrate e non ancora definite, si applicano ugualmente i nuovi criteri.

Nella circolare l’INPS sottolinea anche che è necessario riesaminare le domande respinte alla luce dei nuovi orientamenti. Vi sono però condizioni e limiti per fare ciò. In primo luogo è necessaria una nuova istanza da parte del coniuge separato la cui domanda per la pensione superstiti sia stata oggetto di rigetto. Inoltre, affinché si possa presentare la domanda e questa possa ottenere l’accoglimento, è necessario che non sia presente una sentenza passata in giudicato.

In caso di giudizi in corso, in primo grado o in appello, le strutture territoriali dell’INPS dovranno accogliere le istanze nei limiti della prescrizione quinquennale. Per i ricorsi amministrativi, dove possibile, le sedi territoriali INPS dovranno agire in autotutela.

Cosa succede se altri soggetti godono della pensione di reversibilità?

Può capitare che in assenza di coniuge altri soggetti abbiano ottenuto il riconoscimento della pensione di reversibilità, ad esempio i figli. Cosa succede in questi casi? L’INPS nella circolare 19 del 2022 chiarisce che in questo caso si rende necessaria la ricostituzione o la revoca della pensione già liquidata con effetto dalla decorrenza originaria, cioè dalla morte del soggetto titolare del diritto alla pensione.

Emerge da questa disamina che l’obiettivo dell’INPS è evitare/ ridurre il contenzioso in tale materia. Si adegua così all’interpretazione giurisprudenziale prevalente. Inoltre vita che possano esservi trattamenti diversi in situazioni analoghe, dovute alla mancata presentazione di ricorsi oppure da interpretazioni diverse operate dai vari giudici.

Naturalmente la questione si tratta in modo diverso in caso di cessazione degli effetti civili del matrimonio, ovvero se i coniugi hanno perfezionato il divorzio. Occorre anche ricordare che non sempre ritornare a convivere interrompe la separazione.

Inoltre anche il TFR deve essere diviso con il coniuuge sebbene divorziato o separato. Per sapere come viene calcolato, leggi l’articolo: TFR e divorzio: quando l’ex coniuge ha diritto a una quota

Divieto di compensazione dell’assegno di mantenimento con altri crediti

Quando due coniugi sono in fase di separazione e poi divorziano è necessario regolare anche i rapporti economici tra marito e moglie e tra ciascun coniuge e i figli. Solitamente al coniuge economicamente più debole, fatte tutte le valutazioni, viene riconosciuto il diritto a percepire un assegno di mantenimento. Viene inoltre fissato un assegno di mantenimento anche in favore dei figli,  da corrispondere, se questi sono minori, al coniuge presso il quale gli stessi sono prevalentemente collocati. In giurisprudenza sul merito si sono formati diversi dubbi interpretativi e tra cui quello inerente il divieto di compensazione dell’assegno di mantenimento con altri crediti. La giurisprudenza costante opta per il divieto di tali operazioni, ma vediamo nel dettaglio le varie ipotesi.

Cosa vuol dire divieto di compensazione dell’assegno di mantenimento con altri crediti?

La prima cosa da chiarire è cosa si intende per compensazione dei crediti. L’articolo 1241 del Codice Civile stabilisce che: Quando due persone sono obbligate l’una verso l’altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti”. Mentre l’articolo 1243 del Codice Civile stabilisce che per applicare la compensazione è necessario che i crediti siano entrambi liquidi ed esigibili. Lo stesso articolo stabilisce che se uno dei due crediti è esigibile, ma non liquido, ma di facile liquidazione si può optare per la compensazione giudiziale.

Quando si parla di divieto di compensazione con altri crediti dell’assegno di mantenimento si è nell’ipotesi in cui il coniuge A (solitamente il marito) è obbligato a versare nei confronti del coniuge B e dei figli l’assegno di mantenimento. A sua volta il coniuge B è debitore nei confronti del coniuge A ( magari perché ha svuotato il conte in comunione e deve restituire la coniuge A la sua quota). A questo punto il coniuge A non versa l’assegno di mantenimento adducendo quale motivazione la compensazione con questi crediti, già riconosciuti dal giudice con sentenza passata in giudicato e quindi esigibili.

In questi casi molti potrebbero propendere con il pensare che tale comportamento sia rispettoso delle normative, in realtà non è così, infatti la giurisprudenza pressoché costante è unanime nell’affermare che sia vigente il divieto di compensazione con altri crediti dell’assegno di mantenimento. Solo per avere un quadro esaustivo ricordiamo che il coniuge a cui è addebitata la separazione/divorzio,  anche se economicamente più debole, non ha diritto all’assegno di mantenimento, ma esclusivamente all’assegno alimentare, inoltre la giurisprudenza recente più volte ha esortato i coniugi ad una maggiore indipendenza economica, invitando quello più debole a cercare un’occupazione rendendo così l’assegno di mantenimento in suo favore temporaneo.

Il divieto di compensazione dell’assegno di mantenimento nel codice penale

La Corte di Cassazione nella sentenza 9553 del 2020 ha stabilito che il soggetto obbligato a versare gli assegni di mantenimento non può opporre il diritto alla compensazione con i crediti da lui vantati nei confronti del titolare di tale diritto, in quanto il mancato versamento integra il reato previsto dall’articolo 570 bis del codice penale. Questo stabilisce che “Le pene previste dall’articolo 570 applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli”, inserito all’interno del codice penale con l’articolo 2 del D. Lgs. 01/03/2018, n. 21.

Genitore, padre o madre, che vanta un credito può smettere di versare l’assegno di mantenimento ai figli?

In realtà la Corte di Cassazione sul punto è unanime soprattutto per quanto riguarda l’assegno stabilito in favore dei figli, infatti la sentenza 49543/2014 della Corte di Cassazione sottolinea che in realtà lo stato di bisogno per i figli si presume sempre. Già la sentenza 28987 del 2008 definisce l’assegno in favore dei figli “sostanzialmente alimentare”e quindi non compensabile, questa stessa sentenza è alla base della sentenza della Corte di Cassazione 23569 del 18/11/2016.

Sulla stessa linea anche l’ordinanza della Corte di Cassazione 11689/18,  che sottolinea che l’assegno di mantenimento in favore dei figli per il contributo al mantenimento non è disponibile, rinunciabile e, soprattutto, compensabile. Non solo, non è ripetibile. La Corte di Cassazione in un caso specifico ha accettato la richiesta di riduzione dell’assegno di mantenimento nei confronti del figlio per le mutate condizioni economiche. Allo stesso tempo, essendo le somme destinate a un uso immediato per le esigenze primarie, ha stabilito che non ci fosse diritto alle restituzione delle somme già versate in eccedenza e contemporaneamente per le somme ancora non versate si applicava il nuovo dispositivo. (ordinanza 13609 del 2016).

L’ex coniuge che vanta un credito può non versare il mantenimento all’altro coniuge?

Per quanto invece riguarda l’assegno di mantenimento in favore dell’ex coniuge , ci sono state delle titubanze, infatti in alcuni casi l’assegno di mantenimento in suo favore è stato diviso in due parti: una inerente l’obbligo alimentare e l’altra il mantenimento vero e proprio.

L’assegno alimentare in teoria avrebbe la funzione di far fronte alle esigenze primarie nei confronti di un soggetto che versa in stato di bisogno, cioè mangiare, mentre il mantenimento sarebbe diretto a fare in modo che l’ex coniuge possa mantenere lo stesso tenore di vita che aveva in costanza di matrimonio e proprio per questo lo stesso potrebbe essere portato in compensazione.

In particolare la sentenza 6519 del 1996 della Corte di Cassazione civile Sez.III afferma che “Il credito dell’assegno di mantenimento attribuito dal giudice al coniuge separato senza addebito di responsabilità, ai sensi dell’art. 156 c.c., avendo la sua fonte legale nel diritto all’assistenza materiale inerente al vincolo coniugale e non nella incapacità della persona che versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento, non rientra tra i crediti alimentari per i quali, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1246 comma primo, n. 5 e 447 c.c., non opera la compensazione legale”.

La natura dell’assegno di divorzio

Nella sentenza citata  la ex moglie aveva diritto all’assegno di mantenimento e allo stesso tempo era debitrice dell’ex marito e dichiarava di voler compensare tale suo debito con le somme che l’ex coniuge avrebbe dovuto versarle. In tale caso però non era possibile determinare quale fosse la quota di mantenimento spettante alla ex moglie e quale ai figli e di conseguenza comunque la compensazione non venne applicata, ma questo è stato ritenuto l’unico motivo ostativo.

Dello stesso tenore è la sentenza 9686 del 2020 pronunciata sempre dalla Corte di Cassazione e che afferma: l’assegno di mantenimento al coniuge separato non è qualificabile quale credito alimentare, posta la sua maggior latitudine, in cui è ricompresa la funzione”.

Nel caso in esame l’ex marito non versava l’assegno di divorzio e opponeva in compensazione il pagamento delle rate del mutuo fondiario stipulato insieme all’ex coniuge e la Corte ha sposato tale tesi portando in compensazione di due crediti.  Questa stessa sentenza distingue bene i due assegni, quello in favore del figlio e quello in favore del coniuge e infatti stabilisce che  nei confronti dei figli sipresuppone uno stato di bisogno strutturale proprio perché riferito a soggetti carenti di autonomia economica e come tali titolari di un diritto al sostentamento”.

In sintesi, non è possibile la compensazione tra assegno di mantenimento e crediti vantati se l’assegno è in favore dei figli, mentre se è in favore dell’ex coniuge, è necessario valutare di volta in volta la singola situazione, ma la compensazione non è esclusa perché l’assegno di mantenimento in suo favore non rientra nel credito alimentare.