Federauto sul caso Volkswagen

Il caso Volkswagen, oltre ad aver scosso dalle fondamenta il sistema industriale tedesco, ha avuto ripercussioni anche sull’intera filiera del settore auto a livello mondiale, prime tra tutte le concessionarie.

Ci eravamo infatti stupiti che Federauto, l’associazione che rappresenta i dealer ufficiali di tutti i brand commercializzati in Italia, non fosse ancora intervenuta sulla frode perpetrata da Volkswagen. Ecco allora che, puntuale, è arrivata la presa di posizione del presidente di Federauto, Filippo Pavan Bernacchi: “Una vicenda che non ha precedenti – definisce il caso Volkswagen -. Ecco il perché del nostro silenzio”.

Durante questi giorni – prosegue Pavan Bernacchiabbiamo preferito tacere e nel frattempo capire e raccogliere elementi. Infatti, come era prevedibile, si è scritto tutto e il contrario di tutto. Gli interessi in gioco sono enormi perché parliamo del secondo produttore mondiale di autoveicoli che dà lavoro a centinaia di migliaia di persone che, con l’indotto allargato, diventano milioni. E’ vero, qualcuno ha giocato sporco, ha truffato, ma è importante dire che le parti lese sono i clienti, gli Stati, ma anche i dipendenti del gruppo tedesco onesti, quasi la totalità, e i concessionari. Auspichiamo che cadano immediatamente le teste di tutti quelli che hanno posto in essere questa truffa, o che sapevano e non hanno denunciato, e siamo sicuri che il gruppo tedesco darà risposte tempestive e concrete ai danneggiati a partire dai clienti, alle Autorità, agli Stati e ai concessionari. Perché la bontà di un’azienda, o come in questo caso di una multinazionale, si misura proprio quando deve affrontare un grosso problema. E il gruppo tedesco verrà giudicato sulle ‘soluzioni’ che verranno messe in campo d’ora in avanti. Non abbiamo dubbi che andranno incontro alle richieste dei clienti, dell’opinione pubblica e della autorità di controllo“.

Anche Maurizio Spera, direttamente interessato in quanto presidente dei concessionari Volkswagen / Audi, dice la sua: “Sono sicuro che le preoccupazioni espresse dalla clientela possano essere superate, attraverso l’identificazione delle autovetture coinvolte, oltre alla comunicazione da parte del costruttore della soluzione tecnica che si intende adottare per regolarizzare le emissioni nel rispetto delle normative vigenti. Il tutto gratuitamente, è importante ricordarlo, anche se superfluo. Il fatto grave rimane, ma sapremo affrontare la situazione e risolverla nel migliore dei modi“.

Conclude Pavan Bernacchi: “Ritengo che la storia del Gruppo Volkswagen non possa essere cancellata da una truffa posta in essere da un numero esiguo di dipendenti e manager che, ripeto, vanno licenziati in tronco. I veicoli del gruppo teutonico sono affidabili, di qualità, dotati dei più moderni dispositivi di sicurezza. Certo ci vorrà tempo ma il management e i dipendenti onesti sapranno riconquistare la fiducia del mondo e dei clienti. Esprimo a nome dei colleghi di tutti i brand solidarietà ai concessionari e ai service partner del Gruppo Volkswagen, assicurandone il coinvolgimento attraverso le loro associazioni, affinché le possibili conseguenze sull’immagine e sulla stabilità del loro operato vengano tenute nella giusta considerazione sia da parte del costruttore che delle Istituzioni“.

Il mercato delle auto continua a scendere

La crisi che quest’anno ha severamente colpito il mercato delle automobili non si arresta e il numero delle immatricolazioni è sempre più esiguo.

I dati resi noti dalla Motorizzazione, infatti, mettono in evidenza un agosto nero per quanto riguarda le auto nuove: solo 56.447, che segnano un pesante -20,23% rispetto allo stesso mese del 2011.
E il calo non risparmia neppure i trasferimenti di proprietà di auto usate, scese il mese scorso a 232.980, il 9,38% in meno rispetto a un anno fa.

Il 2012 non era iniziato bene e l’indice negativo viene quindi confermato da questi nuovi, tristi numeri, che, sommati a quelli dei mesi precedenti, assestano a -19,86%, pari a 981.030 auto vendute da gennaio ad oggi, la percentuale rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, quando eravamo già a 1.224.096 vetture immatricolate.

Nello stesso periodo di gennaio-agosto 2012 sono stati registrati 2.710.168 trasferimenti di proprietà di auto usate, con una variazione di -10,90 % rispetto a gennaio-agosto 2011, durante il quale ne furono registrati 3.041.823.
Per il mese di agosto, questo calo fa scendere su un volume globale delle vendite pari a 289.427 unità il peso delle auto nuove al 19,50% contro l’80,50% di auto usate.

Per quanto riguarda i marchi, la situazione è piuttosto generalizzata, con l’eccezione di Hyundai, ora a -0,28% dopo mesi di rialzi a due cifre, e Kia, che invece si fa notare con un rialzo record del 77,67 % a 1464 immatricolazioni. Questi dati la mettono accanto a Land Rover, a +63,58%.

Male, invece, Fiat, che ha rilevato un calo su tutti i marchi, a cominciare dal 31,63% di Lancia, che scende a 2.613 auto vendute, passando per il -25,06% di Chrysler/Jeep/Dodge (e 293 auto vendute) e il -20,49% di Alfa Romeo (1618 immatricolazioni).

In totale il gruppo Fiat in agosto ha immatricolato 16.700 vetture, con un calo del 20,53%, ottenendo una quota del 29,6 per cento, sostanzialmente stabile rispetto a un anno fa. Nei primi otto mesi del 2012 le registrazioni del gruppo Fiat sono oltre 290 mila per una quota del 29,6 per cento, anche in questo caso pressoché identica a un anno fa.

Non sorridono neppure gli altri generalisti europei, come Citroen (-43,38%), Renault (-37,54%) e Ford (-35,47% ) così come i marchi premium, anche loro con cifre modeste, a cominciare dal -17,17% di Audi, fino al -23,93% di Bmw e -14,54% di Mercedes.

Volkswagen, pur mantenendo la seconda posizione come marchio più venduto, rallenta e si trova ora a -11,089% a 5084 unità e Mini, che sembrava una certezza almeno tra i guidatori di “nicchia”, perde il 36,54%.

Fra i giapponesi, giù Toyota (-17,59%), Mazda (-11,26%), Suzuki (-21,64%), Nissan (-12,04%) e Mitsubishi (-45,13%) mentre segnano leggeri rialzi Honda (+2,15% dopo mesi di cali a due cifre) e Subaru (+3,29%).

Da notare, infine, la scomparsa pressoché totale del piccolo costruttore molisano Dr che scende a sole 27 unità immatricolate (-81,38%).

Vera MORETTI

I professionisti preferiscono le bombe…

 

C’è chi può e chi non può. C’è chi ama esagerare e chi punta sulla praticità, ma dal confronto effettuato dal portale SuperMoney nel periodo compreso tra giugno 2011 e giugno 2012 e condotto su 260 mila utenti tra uomini, donne di ogni età e professione, la risposta è solo una: ogni Italiano ha la “sua auto”.

In che senso? Diamo numeri e nomi.

Le auto dei professionisti italiani

Manager, medici, uomini di legge scelgono i macchinoni ovvero Mercedes Class C per il 40enne rampante in carriera, elegante, che vuole una quattro ruote sicura e potente. Avvocati, giudici e notai uomini e donne preferiscono la Classe E, un gradino più su della Classe C in fatto di prestazioni e di prezzo. Per i medici “solo” BMW Serie 3 mentre la businesswoman punta quasi sempre – se può – sulla più compatta e sbarazzina Audi A3.

Le auto preferite dalle donne, tra casalinghe più o meno disperate?

City car comode per parcheggiare, caricare bagagli e bambini, ed un modello su tutti, la Toyota Yaris, sono le predilette delle casalinghe. A meno che non siano anche donne in carriera: allora l’opzione cade sull’Audi A3.

Che auto guidano preti, neopatentati, disoccupati, pensionati e carabinieri?

Una Fiat Punto se manca il lavoro; la Panda è amata dal clero; la Renault Clio fa la felicità dei neopatentati; Ford Fiesta per i pensionati over 65; Focus per i carabinieri.

Insomma l’auto spesso diventa l’alter ego del suo proprietario e può rivelare molto sulla sua personalità, che sia frivola o seriosa, compatta o iper accessoriata” – comunicano dalla Ricerca.

Riconoscersi nei risultati oppure no? La crisi non aiuta, ma noi Italiani allo status symbol e alla comodità proprio non sappiamo rinunciare.


Paola PERFETTI

Pochi ricchi e tante auto di lusso

Può un “povero” permettersi un’auto di lusso? E’ quanto ci si chiede apprendendo che, a discapito della crisi e dei pochissimi ricchi “dichiarati”, sono più di 200.000 le supercar vendute in un anno.

I dati parlano chiaro: il livello della pressione fiscale, in Italia, ha raggiunto il 43,4% e ricade soprattutto sui redditi da lavoro e da pensione che contribuiscono al reddito Irpef per l’86,2%.

Esaminando le dichiarazioni dei redditi del 2010 salta all’occhio un dato emblematico: i soggetti che dichiarano piu’ di 200.000 euro (0,17% del totale) sono per il 58,8% lavoratori dipendenti, per il 27,7% pensionati e per il rimanente 13,7% contribuenti che dichiarano altri tipi di redditi.

Ma, se i “ricchi” costituiscono lo 0,17% della popolazione, perché aumenta sempre più l’acquisto dei beni di lusso? Le auto di fascia superiore, in questa statistica, rappresentano la fetta più consistente, poiché ne sono state vendute 260.000 solo nel 2010, per un prezzo medio di 103.000 euro. E chi può permettersi di sfrecciare su uno di questi “bolidi” deve rientrare tra i 71.989 contribuenti che hanno dichiarato al fisco più di 200.000 euro. Ma, cifre alla mano, ne mancano un bel po’, per arrivare a 260.000 modelli venduti. E quindi: come fanno gli altri 137.011 possessori di Ferrari, Lamborghini, Mercedes, Bmw e Audi a possedere auto che valgono metà del loro reddito annuo?
Considerato che i “non ricchi” dichiarano meno di 35.000 euro e, tra loro, meno di 15.000 euro l’anno, dovrebbero usare lo stipendio di dieci anni per potersi permettere un’auto di lusso.

Le incongruenze continuano: i proprietari di discoteche, centri benessere e istituti di bellezza, hanno dichiarato addirittura perdite. I negozi di abbigliamento e calzature un reddito molto più basso: 8.000 euro. Fino ad un massimo dei bar (16.200 euro) e degli orafi (16.300 euro). E in tutti questi casi si tratta di cifre annue inferiori allo stipendio di un lavoratore dipendente.

Tutto ciò la dice lunga sull’evasione fiscale del nostro Paese, la cui base imponibile ammonta a circa 200 miliardi di euro, mentre le imposte evase supererebbero ormai i 100 miliardi di euro. Stima rilevante ma giudicata prudenziale da tutti gli altri studi che ritengono che il livello dell’evasione fiscale superi i 130 miliardi di euro.

Per ovviare a questo problema, che evidenzia come la macchina del fisco produca effetti di iniquità ed inefficacia, la Uil chiede di varare un Forum nazionale che si impegni ad “affermare la legalità fiscale del nostro Paese“ con provvedimenti che portino ad una svolta, in questo periodo di crisi assolutamente necessaria.
Tra questi, ad esempio, la tracciabilità per le operazioni sopra i 500 euro, ma anche l’incrocio tra le banche dati dell’Amministrazione finanziaria, Enti locali e servizi pubblici, nonché il potenziamento delle procedure e degli strumenti di controllo e il rafforzamento del contrasto di interessi.

Solo così ci sono speranze di risollevare l’economia collassata del Belpaese, perché potrebbe essere proprio la leva dei fisco a far ripartire la crescita. E ne avremmo davvero bisogno

Vera Moretti