Pressione fiscale di record in record

Noi italiani non siamo mai contenti. Abbiamo il record mondiale della pressione fiscale e, nei prossimi anni, siamo destinati a superarlo. Lo dice l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, secondo le cui previsioni la pressione fiscale salirà dal 43,3% attuale, confermato anche per il 2014, al 43,6% previsto sia nel 2016 sia nel 2017.

Una rilevazione che ha dato modo alla Cgia di ricordare come per il 2016 il Governo Renzi dovrà operare una razionalizzazione della spesa per 16,8 miliardi di euro, che salirà a 26,2 nel 2017 per toccare i 28,9 miliardi nel 2018. Se questi risultati non saranno raggiunti, è previsto un nuovo ritocco al rialzo dell’aliquota Iva del 2% a partire dal 1° gennaio del 2016, aumento che varrà sia per quella attualmente al 10%, sia per quella al 22%, con ulteriore aggravio della pressione fiscale.

Dal 1° gennaio 2017 la pressione fiscale si impennerà ancora perché entrambe le aliquote subiranno un altro ritocco dell’1%, mentre dal 1° gennaio 2018 aumenterà di un altro 0,5% solo l’aliquota più elevata. Alla fine del triennio 2016-2018, l’aliquota inferiore potrebbe arrivare al 13 per cento, mentre l’altra al 25,5 per cento.

Di bene in meglio, se non saranno raggiunti gli obiettivi di riduzione della spesa, dal 1° gennaio 2018 scatterà un ulteriore aumento dell’accisa sui carburanti, in modo da assicurare per quell’anno maggiori entrate nette per almeno 700 milioni.

Secco il commento del segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi sull’aumento della pressione fiscale: “Un incremento riconducibile al progressivo aumento delle aliquote Iva che avrà inizio a partire dal 2016. Tuttavia, questo aumento di tassazione potrebbe essere evitato se il Governo riuscirà a tagliare la spesa pubblica di quasi 29 miliardi di euro. Il nostro Esecutivo si è impegnato a rispettare i vincoli richiesti da Bruxelles attraverso il taglio della spesa pubblica. Diversamente, scatteranno automaticamente gli aumenti di imposta che garantiranno comunque i saldi di bilancio. In altre parole, se il Governo non riuscirà a tagliare gli sprechi e gli sperperi, a pagare il conto saranno ancora una volta gli italiani che subiranno l’aumento dell’Iva e delle accise sui carburanti”.

Le tasse crescono, i partiti ingrassano

di Davide PASSONI

Standing ovation per l’ennesima furbata dei partiti. C’era qualcuno disposto a scommettere che si sarebbero accordati per dare un taglio ai finanziamenti che ricevono, come richiesto a gran voce dall’opinione pubblica? Ma va! Il gran parlare di questi ultimi giorni, il riunirsi in vertici fiume, lo studiare le carte che cosa ha prodotto? Nessun taglio, of course, ma solo un’operazione trasparenza che non è null’altro che un atto di onestà e democrazia dovuto. Di ridursi il fiume di denaro, nemmeno a parlarne.

E sì che la gente è stufa. Stufa di vedere tesorieri che si fanno un tesoro personale con i soldi dei cittadini elettori, o trote che, pare, sguazzano allegramente in un lago di soldi pubblici. Stufa di vedersi aumentare le tasse, allungare l’età lavorativa, sforbiciare la pensione mentre, a palazzo, nessuna stretta ma prebende e vitalizi d’oro che continuano ad allignare, come se chi la governa vivesse su un altro pianeta.

In soldoni, ecco che cosa hanno deciso i principali partiti per rendere i propri bilanci più trasparenti: pubblicazione sul web, un Authority ad hoc, la “Commissione per la trasparenza e il controllo dei bilanci dei partiti politici” (mica pizza e fichi), composta da “alte personalità”, quasi certamente i presidenti (o da loro delegati) di Corte dei Conti, Corte di Cassazione e Consiglio di Stato e presieduta dal presidente della Corte dei Conti, l’ente “terzo” a controllare e verificare la regolarità dei bilanci dei partiti.

Qualcuno vede la parola tagli? Certo che no. Per quelli si pensa a una legge più organica per la riforma del finanziamento pubblico ai partiti. Certo, e Babbo Natale esiste. E non ci si venga a spacciare per un’operazione di coscienza la sospensione (non rinuncia…) alla prossima tranche del finanziamento pubblico ai partiti per la legislatura in corso, in arrivo per fine luglio: circa 180 milioni, secondo il tesoriere del Pd Misiani. Noccioline in confronto ai 2,2 miliardi annui che finiscono nelle tasche dei partiti. Non sotto forma di finanziamento, nooo! Quello era stato abolito da noi, stupidi cittadini, con un referendum 18 anni fa. Quello attuale, inventato per aggirare la volontà popolare, si chiama rimborso elettorale ed è dovuto per le elezioni politiche, amministrative ed europee: 4 euro per ogni avente diritto al voto, si rechi esso alle urne o meno. Capite bene: si può tagliare un simile bengodi? Mai e poi mai.

E intanto aumentano le tasse, ma la spesa pubblica non si taglia. Aumentano i sacrifici ma i partiti continuano a ingrassare. E poi si dà la colpa dello spread che risale ai cattivoni che, dall’estero, remano contro l’Italia. Sentire certe cose dalla bocca dei professori al governo, mette davvero tristezza e rabbia addosso all’Italia che produce. L’Italia che i finanziamenti li va a chiedere alle banche, non agli elettori, e si becca le porte in faccia. L’Italia che non taglia i finanziamenti ma i posti di lavoro. L’Italia che taglierebbe volentieri tante teste (metaforicamente, si capisce) che, oggi come ieri, la governano e l’hanno governata.