Cenone di Capodanno? Meglio il discount!

di Alessia CASIRAGHI

Cenone della Vigilia, pranzo di Natale, abbuffata di Capodanno. Le feste natalizie sono all’insegna della buona cucina e della riscoperta delle delizie gastronomiche del Bel Paese. Natale a parte, la vendita di prodotti alimentari ha segnato una netta ripresa nell’ultimo quadrimestre del 2011, con un +0,7% nel mese di ottobre rispetto a settembre. Lo rivela un’indagine dell’Istat secondo cui le vendite dei beni alimentari al dettaglio hanno registrato un trend positivo, con una crescita su base annua dello 0,9% per il 2011. L’indagine Istat ha evidenziato inoltre come nella grande distribuzione siano i discount alimentari a guadagnare in termini di vendite, con un + 2,9% rispetto alle altre categorie di esercizi.

A frenare gli entusiasmi, il Codacons, secondo cui la crescita registrata a ottobre sarebbe il frutto di un effetto ottico, dovuto al fatto che i dati presi in considerazione , incorporano sia la dinamica delle quantità che dei prezzi. Se nel mese di ottobre 2011, secondo l’Istat, a causa dell’aumento dell’Iva, si era registrata una inflazione record, su base annua, pari al 3,4%, questo fa dedurre che gli italiani continuano a mangiare sempre meno rispetto al 2010. Si tratta quindi di un sintomo più che evidente della povertà crescente che colpisce le famiglie italiane, confermata anche dal calo delle vendite degli ipermercati (-1,3% su base annua) a vantaggio dei discount (+2,9%).

Le famiglie italiane, costrette ad abbandonare i negozi tradizionali e gli ipermercati, pur avendo questi ultimi prezzi inferiori anche del 20% rispetto all’esercizio sottocasa, preferiscono il discount. Il risultato? Gli italiani abbandonano i brand leader della produzione alimentare italiana, e acquistano prodotti sconosciuti ma più economici, causando con un danno economico notevole per tutte quelle industrie che avevano fatto da traino all’economia nei decenni passati. E’ il gatto che si mangia la coda, insomma, o forse nemmeno quella.

Inflazione: nel 2012 salirà al 2,4%

Inflazione al +2,4% in media d’anno nel 2012. E’ la previsione dell’INDIS, Istituto dell’Unioncamere specializzato nella distribuzione dei servizi (che periodicamente riunisce operatori delle diverse filiere e rappresentanti delle istituzioni) che ha effettuato anche una valutazione delle ripercussioni delle manovre estive e del decreto “Salva Italia” sui prezzi al consumo.

Le previsioni per il 2012: inflazione al 2.4%. Rincari per le tariffe pubbliche

L’aumento delle tariffe pubbliche, l’innalzamento dell’Iva e delle imposte sui carburanti hanno causato un rialzo dell’inflazione che la colloca ben al di sopra delle retribuzioni contrattuali. Tra i principali interventi del decreto “Salva Italia” varato dal Governo Monti, alcune misure, rileva l’Unioncamere, vanno ad impattare in misura sensibile sull’inflazione: oltre all’aumento dell’accisa sui carburanti, all’introduzione del super bollo sulle auto di grossa cilindrata e sulle attività finanziarie, il previsto intervento sulle aliquote dell’IVA (che scatterà automaticamente in assenza di una riforma assistenziale e fiscale varata entro il mese di settembre del prossimo anno) determinerà un innalzamento dell’inflazione di un punto e mezzo percentuale a regime, anche se tempi e modalità di revisione dei listini dipenderanno dal vigore della domanda interna, che per il 2012 è prevista di segno ampiamente negativo. Ammettendo tale scenario, il 2012 dovrebbe chiudersi con una variazione dei prezzi al consumo pari al 2.4% in media d’anno. In una situazione di dinamica salariale in rallentamento, tale situazione contribuirà ad aggravare l’erosione del potere d’acquisto da parte delle famiglie. Tra i vari aggregati, attesi forti rincari per le tariffe pubbliche, soprattutto in ragione dei tagli ai trasferimenti locali stabiliti dalle manovre correttive dei conti pubblici varate nel 2011.

Il 2011 si chiude con rincari superiori al 5% dei prezzi alimentari alla produzione

È proseguita nei mesi autunnali la corsa dell’inflazione alimentare: ad ottobre l’Osservatorio “Prezzi e mercati” di Indis-Unioncamere certifica per il paniere integrato di 46 prodotti una variazione in aumento pari al 5.7% su base annua, con un incremento superiore al mezzo punto percentuale rispetto al mese precedente. Gli aumenti risultano trasversali ai vari reparti ma hanno interessato in modo specifico le carni (+8.7% tendenziale) e lo scatolame (+6.9%). Per quel che concerne le referenze soggette alle maggiori tensioni, oltre ai noti aumenti messi a segno negli ultimi dodici mesi dallo zucchero (+22.8%), dall’olio di semi (+18.9%) e dal caffè in grani (+17.9%), vanno annoverati quelli relativi alla carne di vitello (+12.7% tendenziale) ed alla carne in scatola (+9.7%). Sul fronte dei prezzi al consumo, la componente trasformata dell’aggregato alimentare sperimenta una moderata progressione: ad ottobre il saggio di crescita si è portato al 2.8% su base annua dal 2.6% di agosto. Si confermano oggetto dei rincari più elevati i latticini (in testa grana padano e parmigiano reggiano, rispettivamente +10.9% e 9.9% anno su anno), lo zucchero (+16.1%) ed il caffè (+16.4%). Le anticipazioni degli operatori della grande distribuzione e della distribuzione organizzata per le negoziazioni con l’industria prevedono per i mesi a venire un graduale rallentamento dei prezzi dei generi alimentari.

Effetto IVA e tariffe pubbliche: inflazione ancora sotto pressione

Complice l’aumento di un punto percentuale dell’aliquota ordinaria dell’IVA, passata dal 20% al 21%, per i prezzi al consumo è stata rilevata la variazione in aumento più elevata degli ultimi tre anni (+3.4% tendenziale). Il contributo più significativo all’accelerazione proviene dai settori dei beni non alimentari (ad ottobre +2.2% tendenziale, con un aumento dello 0.7% nel solo mese di ottobre) e da quello delle tariffe pubbliche, in recupero dall’1.5% di agosto sino al 2.4% di ottobre. Sui beni non alimentari incide in buona misura l’adeguamento dell’imposta sul valore aggiunto disposto dalla manovra anti crisi di settembre. Nel complesso tutti i gruppi merceologici del comparto sono stati interessati da aumenti sostanziali ma alcuni di essi hanno mostrato maggiore velocità nel revisionare al rialzo i listini: si tratta dell’abbigliamento (+1.1% su settembre), delle autovetture e dei motocicli (+0.8%) e dei generi casalinghi (+0.6%). Procede sostenuta, nel contempo, la marcia dell’inflazione tariffaria: il saggio di crescita tendenziale relativo al mese di ottobre è pari al 2.4% se misurato con l’indice interno per l’intera collettività ed all’8.5% prendendo in esame l’indice armonizzato, che quantifica l’effettivo aggravio di spesa sostenuto dalle famiglie. Guardando a quest’ultimo indicatore è possibile constatare come le tensioni accomunino le categorie delle tariffe locali (+9.9%) e di quelle energetiche (+9.8%). Spiccano i ritocchi messi a segno dai trasporti locali (a settembre ed ottobre aumento superiore al 10%, per effetto dell’entrata in vigore dei nuovi tariffari dei mezzi pubblici in molti Comuni, tra cui Milano) ed il gas naturale (l’incremento tendenziale del 12.8% su base annua è l’effetto congiunto dell’aggiornamento trimestrale delle condizioni economiche della tutela disposte dall’AEEG e dell’innalzamento di un punto percentuale dell’aliquota ordinaria IVA che grava sui primi 480 metri cubi di consumo domestico).

Fonte: unioncamere.gov.it

d.S.

IVA al 21%: da oggi è realtà

L’aumento dell’Iva dal 20 al 21% è ormai cosa nota, ma, nel dettaglio, in quanti sanno che cosa rincarerà, e da quando?
Occorre, a questo proposito, fare un po’ di chiarezza, ed analizzare la situazione in modo preciso.

Ciò che è importante da sapere, per i professionisiti, gli esercenti, gli imprenditori, è che da oggi scatteranno i rialzi per alcuni prodotti e servizi. Per i consumatori questo infatti sarà il primo week-end di shopping al 21%.

In generale, possiamo dire che l’aumento non si avvertirà sul singolo acquisto perché, per fare un esempio, un paio di scarpe subirà un rincaro di 1 euro ma, se si pensa che si prevede l’arrivo nelle casse dello Stato di 700 milioni di euro già quest’anno, allora ci rendiamo conto che sì, qualcosa cambierà anche nelle nostre tasche. E non sarà un gioco al rialzo.

Secondo una stima fatta dalla Cgia di Mestre, l’esborso per le famiglie sarebbe di 123 euro in più all’anno, mentre Federconsumatori e Adusbef ritengono che la cifra si avvicinerà più a 173 euro, fino ai preoccupanti 500 euro di rincaro previste dalle grandi catene di distribuzione.

Sembra dunque difficile dare dati certi e del tutto attendibili. Vero è che tutti saremo “colpiti” da questa spada di Damocle, perchè tanti sono i prodotti, anche di consumo quotidiano, che ci costeranno di più.

|F.A.Q.| Se il software di fatturazione o del registratore di cassa non è aggiornato con l’Iva al 21%, cosa succede? leggi la risposta

La buona notizia è che nessun rincaro ci sarà per pane, latte, pomodori e giornali, per fare degli esempi di prodotti con Iva al 4%.

I golosi di cioccolato, invece, faranno fatica ad orientarsi: aumenti in vista per le confezioni di pregio, prezzi fermi invece per le comuni ‘tavolette’.

Discorso analogo per gli habitueè del caffè: sé è da aspettarsi un rincaro per la confezione al supermercato, invariato dovrebbe restare il prezzo della tazzina al bar, perche nel primo caso l’Iva è al 20 e aumenterà al 21% nel secondo caso è al 10% e resta com’è.

Una delle tante note dolenti sarà la benzina che, con l’aumento dell’Iva, ha calcolato l’Unione Petrolifera, “aumenterà di 1,2-1,3 centesimi al litro”.

Ecco un elenco dei principali beni per i quali aumenta l’imposta di consumo dal 20 al 21% (Fonte: Ufficio studi Confcommercio Imprese per l’Italia):

– Televisori e prodotti per l’home entertainment – Macchine fotografiche e videocamere
– Computer desktop, portatile, palmare e tablet – Autocaravan, caravan e rimorchi
– Imbarcazioni, motori fuoribordo ed equipaggiamento barche – Strumenti musicali
– Giocattoli, giochi tradizionali ed elettronici – Articoli sportivi
– Manifestazioni sportive e parchi divertimento – Stabilimento balneare
– Piscine, palestre e altri servizi sportivi – Articoli di cartoleria e cancelleria
– Pacchetti vacanza
– Automobili, ciclomotori e biciclette
– Trasferimento proprietà auto e moto
– Affitto garage, posti auto e noleggio mezzi di trasporto – Pedaggi e parchimetri
– Apparecchi per la telefonia fissa, mobile e telefax – Servizi di telefonia fissa, mobile e connessioni internet – Tabacchi
– Abbigliamento e calzature
– Rasoi elettrici, taglia capelli, phon – Articoli per la pulizia e per l’igiene personale – Profumi e Cosmetici
– Gioielleria e orologeria
– Valigie e borse e altri accessori
– Servizi di parrucchiere
– Servizi legali e contabili
– Mobili e articoli per illuminazioni
– Biancheria e tessuti per la casa
– Frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie, forno – Piccoli elettrodomestici per la casa
– Piatti, stoviglie e utensili per la casa – Detergenti e prodotti per la pulizia della casa – Carburanti
– Caffè
– Bevande gassate, succhi di frutta e bevande analcoliche – Liquori, superalcolici, aperitivi alcolici – Vini e spumanti.

Vera Moretti

La manovra economica contro la crescita del Paese

La manovra finanziaria sembra davvero un boccone troppo difficile da digerire, perché non permette di guardare al futuro con ottimismo.

Ivan Malavasi, presidente portavoce di Rete Imprese Italia, non usa mezzi termini e, anzi, parla di un rischio piuttosto grave: quello di arrivare a livelli record di pressione fiscale.

Ciò di cui avrebbe bisogno il Paese sarebbe un maggiore controllo delle componenti strutturali della spesa, come gli assetti amministrativi ed istituzionali, senza dimenticare la spesa previdenziale.
L’aumento della pressione fiscale, invece, rende ancora più remota la riforma tanto annunciata e anche il federalismo fiscale, secondo Malavasi, a fronte degli ulteriori inasprimenti a livello locale, non sembra attuabile.

Anche l’incremento dell’Iva rappresenta un motivo di preoccupazione e malcontento, perché contribuirà, ribadisce il presidente di Rete Imprese Italia, a penalizzare consumi ed occupazione, oltre a rallentare la crescita del Paese.

Non si può immaginare di far ripartire l’economia se non si contengono le entrate e non si realizza un pieno controllo della spesa pubblica, che va, peraltro, riqualificata per sostenere sviluppo ed efficienza della pubblica amministrazione“.

Ma l’amara analisi di Malavasi prosegue : “La cancellazione dell’emendamento sull’accelerazione dei pagamenti dei debiti della PA alle imprese è la prova di come non si sia prestata la necessaria attenzione alle effettive necessità dell’economia reale del Paese. E’ tempo di riscrivere un nuovo patto sociale per condividere, responsabilmente, obiettivi, impegni e sacrifici che assicurino la tenuta del Paese e la crescita. Rete Imprese Italia è pronta a fare la sua parte“.

Vera Moretti

Romani: il governo non vuole alzare l’Iva

Il ministro dello Sviluppo Economico Romani all’Assemblea di Confcommercio ha confermato che il governo non ha nessuna intenzione di aumentare l’Iva: “Non è assolutamente intenzione del governo costruire la riforma fiscale sull’aumento dell’Iva; sarebbe uno strumento che frena la crescita mentre serve un forte stimolo alla domanda interna“.

Priorità del governo in questo momento è di “coniugare crescita e rigore”. “Il sistema paese ha retto – ha affermato Romani – subendo un ridimensionamento. Ora occorre indirizzare gli sforzi verso un impegno comune”. A chi gli chiedeva dove saranno reperite le risorse per la riforma fiscale che come ha chiarito “va condivisa”, il ministro ha replicato che “non e’ obbligatorio che ci siano risorse”.

Per questo andranno potenziati gli strumenti per la lotta all’evasione fiscale mentre per quanto riguarda un aumento dell’età pensionabile per le donne Romani ha affermato che ancora i tempi non sono maturi per affrontare questo tema.