“L’avvocatura del futuro”, un ciclo di seminari a Roma

L’avvocato Matteo Santini insieme al collega Fabrizio Bruni ha inaugurato un ciclo di incontri sul tema delle PARI OPPORTUNITA’ NELLE PROFESSIONI.

Il primo incontro (fissato per il 15 dicembre ore 13-15 nella Sala Conferenze della Chiesa Valdese di Roma in Via Pietro Cossa 42) sarà dedicato alle donne nell’avvocatura (seguirà la costituzione della commissione legislativa sulle pari opportunità alla quale tutti i colleghi interessati sono invitati a partecipare attivamente per la redazione di un disegno di legge a tutela delle “avvocatesse” madri).

Il secondo incontro verterà sulle problematiche dei giovani professionisti nell’ambito dell’avvocatura (sarà costituita una Commissione Scientifica finalizzata alla redazione di un disegno di legge che agevoli i giovani nell’esercizio, in proprio, dell’attività professionale attraverso la previsione di una serie di sgravi fiscali effettivi e mediante l’accesso a finanziamenti agevolati o prestiti di onore).

Nel terzo e conclusivo incontro si affronterà il tema dell’avvocato in difficoltà cercando di individuare le opportune soluzioni per supportare i colleghi che per situazioni contingenti (problemi di salute, familiari, crisi economica, ecc.) si trovano a dover fronteggiare periodi di estrema difficoltà. Un dovere degli avvocati, come cittadini e colleghi, quello di non abbandonare mai tali colleghi.

Per prenotarsi all’incontro gratuito del 15 dicembre ore 13 sul tema della DONNA NELLA PROFESSIONE è possibile scaricare il modulo all’interno del sito www.dirittodellafamiglia.com

Crediti formativi obbligatori, un sistema molto poco qualificante

di Matteo SANTINI e Fabrizio BRUNI, Avvocati in Roma

La formazione di un professionista rappresenta un elemento imprescindibile per l’esercizio della professione. Una formazione effettiva e qualificata non può certo realizzarsi mediante il sistema dei “crediti formativi obbligatori“, per il semplice fatto che esso non rappresenta uno strumento idoneo ad accrescere le competenze specifiche del singolo avvocato. Ormai tutti i colleghi sono a conoscenza del fatto che, i vari convegni e corsi formativi (gratuiti o a pagamento) vengono spesso frequentati solo per il raggiungimento del numero minimo di crediti richiesto e non per l’aggiornamento; con la conseguenza che, l’avvocato finirà per seguire in modo disinteressato corsi magari non attinenti alle materie nelle quali esercita la propria attività o ancor peggio, concentrando la frequentazione dei corsi solo in prossimità della scadenza dei termini per il “raccoglimento” dei crediti oppure, prediligendo corsi particolarmente lunghi a livello orario, al fine di “raccogliere” in un’unica soluzione quanti più crediti possibile.

Convegni stracolmi di colleghi disinteressati o ancor peggio quotidiani aperti in sala e sbadigli ricorrenti, la dicono tutta sull’entusiasmo e sull’efficacia dello strumento dei “crediti obbligatori“. O ancora peggio: è possibile ricorrere ad escamotage quali l’invio di fax di prenotazione a convegni per i quali si sa in anticipo che non vi sono più posti disponibili, consentendo al collega di “accumulare” i crediti corrispondenti a quel determinato convegno al quale non si è potuto partecipare. Possiamo immagine, senza troppi sforzi intellettivi, quali possano essere i risultati in termini di accrescimento culturale e di aggiornamento professionale.

Il tutto condito da una serie continua di deroghe parziali e di proroghe, che manifestano in tutta la loro drammaticità la confusione, l’inutilità e la poca incisività dello strumento dei crediti formativi obbligatori. Richiedere che l’avvocato sia competente ed aggiornato è assolutamente legittimo e doveroso, ma il sistema dei crediti obbligatori, così come concepito è assolutamente inutile. L’aggiornamento non rappresenta solo un obbligo per l’avvocato; esso è innanzitutto un “interesse” dello stesso. L’avvocato competente ed aggiornato avrà maggiori possibilità di vincere le cause e di conseguenza, potrà aumentare considerevolmente la propria clientela. E’ il mercato a fare la selezione. D’altro canto un avvocato poco competente è destinato a “scomparire” dalla scena.
FORSE SAREBBE IL CASO DI INDIRE UN’ASSEMBLEA TRA TUTTI I COLLEGHI, PER ASCOLTARE PROPOSTE, DISCUTERE SULL’ARGOMENTO E TROVARE UNA SOLUZIONE CHE SODDISFI LA MAGGIORANZA DEGLI AVVOCATI.

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma

È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.

Avv. Fabrizio BRUNI |bruniavv[at]inwind.it

Avv. Fabrizio Bruni del Foro di Roma. Avvocato civilista, esperto in diritto degli appalti, pubblici e privati, diritto della navigazione e delle assicurazioni. Presidente Nazionale dell’Associazione degli Avvocati Romani e co – fondatore del Notiziario Giuridico stragiudiziale. Mette a disposizione una presentazione sulla formazione continua degli avvocati sul sito: www.associazionedegliavvocatiromani.it

Avvocati e rapporti con la stampa

di Matteo SANTINI e Fabrizio BRUNI, Avvocati in Roma

Il rapporto dell’avvocato con i media è una questione molto delicata, dibattuta e attuale.

L’articolo 18 del codice deontologico forense stabilisce che:

Nei rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di diffusione l’avvocato deve ispirarsi a criteri di equilibrio e misura nel rilasciare interviste, per il rispetto dei doveri di discrezione e riservatezza.
I. Il difensore, con il consenso del proprio assistito e nell’esclusivo interesse dello stesso, può fornire agli organi di informazione e di stampa notizie che non siano coperte dal segreto di indagine.
II. In ogni caso, nei rapporti con gli organi di informazione e con gli altri mezzi di diffusione, è fatto divieto all’avvocato di enfatizzare la propria capacità professionale, di spendere il nome dei propri clienti, di sollecitare articoli di stampa o interviste sia su organi di informazione sia su altri mezzi di diffusione; è fatto divieto altresì di convocare conferenze stampa fatte salve le esigenze di difesa del cliente.
III. È consentito all’avvocato, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, di tenere o curare rubriche fisse su organi di stampa con l’indicazione del proprio nome e di partecipare a rubriche fisse televisive o radiofoniche.

A bene vedere, le disposizioni di cui all’articolo 18 contengono riferimenti più o meno diretti anche ad altre norme e doveri codificati del codice deontologico. Tant’è che in molti casi, a seguito del comportamento dell’avvocato, posto in essere in presunta violazione dell’articolo 18, viene aperto un procedimento disciplinare dove viene contestata non solo la violazione dell’articolo 18 ma anche la violazione di altri articoli del codice.
Comprendiamo pertanto come, la disposizione di cui all’articolo 18 debba essere necessariamente rapportata e coordinata con altre disposizioni del codice deontologico di carattere generale.
Il principio in base al quale ciascun individuo, avvocato compreso, possa comunicare o intrattenere rapporti con la stampa o con i media è contenuto nella Costituzione, la quale all’articolo 21 afferma che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
Esistono però delle limitazioni, dettate nel caso degli avvocati, dal ruolo e dalla funzione che l’avvocato esercita e dalla posizione che gli riveste.
Certamente nell’intrattenere rapporti con i media e con la stampa l’avvocato dovrà rispettare anche l’articolo. 5 che concerne i doveri di probità, dignità e decoro. In particolare; “l’avvocato deve ispirare la propria condotta all’osservanza dei doveri di probità, dignità e decoro“. (Vediamo quindi come la disposizione dell’articolo 5 sia strettamente connessa all’articolo 18 nella parte in cui parla di “discrezione” e di “divieto di sollecitare interviste“).

L’avvocato ha il dovere di muoversi ed agire nel rispetto del decoro che il suo ruolo impone; ed anche agire con prudenza; e questo non solo nell’adempimento del proprio mandato professionale ma anche nella vita di tutti i giorni; in tutti quei comportamenti ed in quelle azioni che possono essere solo indirettamente connesse al suo ruolo di avvocato o che, addirittura, sono completamente svincolate dalla sfera professionale (sempre l’articolo 5 afferma infatti che “L’avvocato è soggetto a procedimento disciplinare per fatti anche non riguardanti l’attività forense quando si riflettano sulla sua reputazione professionale o compromettano l’immagine della classe forense“).

Altro dovere stabilito dall’articolo 18, imposto all’avvocato che intrattenere rapporti con la stampa è quello connesso alla riservatezza e alla discrezione. Dovere importantissimo e fondamentale per chi esercita la professione di avvocato.
Pertanto, ove l’avvocato rilasci interviste o partecipi a trasmissioni televisive, sarà sempre opportuno non parlare dei casi specifici che l’avvocato sta trattando in quel momento, se non nella misura in cui, le informazioni divulgate siano già di dominio pubblico (ad esempio perché si tratta di una caso mediatico, sul quale si conoscono particolari e risvolti della vicenda).

A nostro parere comunque, l’avvocato dovrebbe astenersi dal rilasciare interviste relative a procedimenti dei quali si sta occupando e ciò in quanto, proprio per la sua conoscenza del caso e per la sua ovvia parzialità, le sue affermazioni potrebbero in qualche modo interferire sul sereno e corretto svolgimento del processo e trasferire il processo, dalla sua sede naturale (il tribunale) alla impropria sede televisiva.

Inoltre, esiste l’obbligo per l’avvocato di non rivelare i nomi dei clienti (ovviamente quando ciò non sia di dominio pubblico); e ciò vale ovviamente anche per quanto riguarda la rivelazione fatta ai giornali e ai media.

Accade ormai spessissimo che gli avvocati rilascino interviste o scrivano articoli su giornali o su riviste più o meno specializzate (sia cartacee che on line). E questo avviene nella maggior parte dei casi, non trattando questioni connesse a singoli procedimenti, ma semplicemente o scrivendo articoli di diritto o di presentazione del proprio studio e della propria attività professionale.

Sugli articoli che affrontano tematiche giuridiche nulla quaestio; è assolutamente ammissibile che l’avvocato possa contribuire mediante l’invio di articoli alla crescita scientifica.

La questione diventa più delicata quando l’avvocato scrive articoli e rilascia interviste che in modo più o meno palese, siano dirette a pubblicizzare la propria attività e le proprie competenze. A tal proposito, l’articolo 18 vieta all’avvocato, sempre nell’ambito dei rapporti con la stampa di “enfatizzare la propria capacità professionale“. Divieto che deve necessariamente essere connesso con le disposizioni, di natura generale, e quindi non riferite solo ai rapporti con la stampa, in materia di pubblicità dell’avvocato. Vale a dire gli articoli 17 e 17 bis del codice deontologico.

Pertanto, l’avvocato che voglia tramite la carta stampata far conoscere il proprio studio o la propria attività, potrà farlo ma nel rispetto delle disposizioni dell’articolo 17 e 17 bis (dovrà certamente evitare di parlare di percentuali di cause vinte, o inserire titoli inesistenti ed evitare di parlare di “eccellenza” “elevata competenza“; e cioè evitare tutte quelle espressioni che possano palesare una pubblicità di tipo elogiativo); potrà invece tranquillamente scrivere un articolo affrontando una tematica giuridica o trattando un istituto giuridico, inserendo alla fine il proprio nome ed i riferimenti dello studio.

È importante sottolineare che, affinchè si possa configurare un illecito disciplinare, il comportamento dell’avvocato che intende farsi pubblicità in modo non conforme al codice, deve essere volontario e consapevole.

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma

È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.

Avv. Fabrizio BRUNI |bruniavv[at]inwind.it

Avv. Fabrizio Bruni del Foro di Roma. Avvocato civilista, esperto in diritto degli appalti, pubblici e privati, diritto della navigazione e delle assicurazioni. Presidente Nazionale dell’Associazione degli Avvocati Romani e co – fondatore del Notiziario Giuridico stragiudiziale. Mette a disposizione una presentazione sulla formazione continua degli avvocati sul sito: www.associazionedegliavvocatiromani.it

La formazione continua degli avvocati

di Matteo SANTINI e Fabrizio BRUNI, Avvocati in Roma

L’offerta professionale costituisce una delle più importanti risorse di una nazione a mercato libero.
La professione forense in particolare, per il tipo di formazione che presuppone, comporta necessariamente una crescita culturale del singolo e una piena consapevolezza del contesto sociale in cui si opera.

L’Avvocato non può essere considerato un intellettuale solo per il titolo che consegue dopo l’abilitazione, ma può e deve offrire un contributo di pensiero alla società, oltre che un servizio di elevata qualità al Suo cliente nell’ambito del mandato ricevuto. Non v’è dubbio quindi che l’Avvocato debba essere in grado di accrescere e approfondire le proprie conoscenze e competenze professionali.

Come previsto dalla normativa in vigore (regolamento approvato dal c.n.f. il 13 luglio 2007) l’aggiornamento professionale si deve attuare con la partecipazione ad iniziative culturali in campo giuridico rispettando gli obblighi ed i programmi formativi del Consiglio Nazionale Forense e degli Ordini Territoriali.
L’obbligo formativo degli Avvocati è, come abbiamo visto, derivante da un testo di recente approvazione, essendo in vigore solo dal 2007, ma risulta imperfetto.

L’aggiornamento professionale, necessario al fine di raggiungere e mantenere la perizia necessaria per offrire al proprio assistito una prestazione adeguata all’incarico ricevuto, è imprescindibile per un avvocato. Non è questo il punto.
Le perplessità sorgono in ordine alle modalità dell’aggiornamento imposte agli Avvocati, fondate esclusivamente sull’acquisizione di un determinato numero di crediti mediante la partecipazione ad eventi formativi organizzati.
Tale sistema, così come è concepito, non prende, nemmeno in parte, in considerazione l’attività di aggiornamento e formazione che l’Avvocato quotidianamente svolge nel proprio studio per sé e per i suoi collaboratori, investendo risorse economiche e tempo per migliorarsi nella costante competizione che il mercato gli impone.

Si auspica quindi una parziale riforma che possa tener conto anche di questi aspetti, permettendo al professionista di dimostrare il proprio costante impegno di aggiornamento professionale sulla base di criteri obiettivi legati allo svolgimento dell’attività.

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma

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Avv. Fabrizio Bruni del Foro di Roma. Avvocato civilista, esperto in diritto degli appalti, pubblici e privati, diritto della navigazione e delle assicurazioni. Presidente Nazionale dell’Associazione degli Avvocati Romani e co – fondatore del Notiziario Giuridico stragiudiziale. Mette a disposizione una presentazione sulla formazione continua degli avvocati sul sito: www.associazionedegliavvocatiromani.it

Regolamento sulle Specializzazioni: l’auto-attribuzione arbitraria di un potere normativo

di Matteo SANTINI e Fabrizio BRUNI, avvocati in Roma
Con il “Regolamento per il riconoscimento del titolo di avvocato specialista“, approvato dal Consiglio Nazionale Forense nella seduta amministrativa del 24.9.2010, questo organo ha dichiarato l’intento di predisporre una serie di norme sulla materia specifica al fine di supplire alla inerzia del legislatore nell’approvazione del disegno di legge sull’ordinamento professionale.

Il disegno di legge sull’ordinamento professionale giace in realtà in Parlamento ormai da qualche anno ed in verità non si tratta di un caso, dal momento che nel suo testo ultimo esprime una ratio del tutto conforme al testo che commentiamo in questo articolo.

Nella relazione di accompagnamento al Regolamento, si sostiene che lo scopo di quest’ultimo non è di creare aree di riserva a vantaggio di ristrette elite professionali; al contrario, si sostiene che esso è funzionale a tutelare l’affidamento del cittadino sulla professionalità dell’avvocato, favorendo, al contempo, l’acquisizione di saperi specialistici che sono, in quanto tali, garanzia di migliore qualità della prestazione.

Il giudizio su tali affermazioni non può risultare positivo considerato l’impianto del Regolamento che appare dimentico dei limiti che il legislatore ha posto all’organo in questione, e si risolve nella sua sostanza, nell’auto-attribuzione di poteri e di funzioni per legge assolutamente estranei al Consiglio Nazionale Forense nell’ordinamento vigente.
Si vogliono rammentare le funzioni del Consiglio Nazionale Forense de iure condito:

– una funzione prettamente amministrativa che consiste nella tenuta dell’Albo degli Avvocati Cassazionisti;
– un’altra funzione prettamente amministrativa che consiste nella predisposizione di pareri sui progetti di legge sulla Giustizia
– una funzione per così dire “normativo-amministrativa” in relazione al dovere, sancito dalla legge 1051/1957 (in relazione all’ art. 1 della L. 536/1949) di proporre la revisione ogni due anni delle tariffe forensi che poi sono comunque emanate con Decreto ministeriale (si è visto come tale potere, di reale interesse per gli avvocati, non sia stato mai osservato);
– una funzione giurisdizionale-disciplinare come organo deputato al giudizio disciplinare forense di secondo grado e nei confronti dei propri membri.

Del resto appare chiaro che al CNF non sia attribuito dalla legge alcun potere o facoltà di legiferare o porre in essere regolamenti con la finalità di custodire l’interesse dei cittadini o della collettività.

Non è quindi stabilito dalla legge che il CNF possa esercitare alcun ulteriore potere di natura normativa o regolamentare oltre quelli sopra indicati, dal momento che nel titolo V della Costituzione la materia delle professioni è attribuita alla legislazione dello Stato (e concorrente delle Regioni) mentre spetta esclusivamente allo Stato la individuazione delle figure professionali così come sancito dal Parere n. 67/2002 dall’Adunanza Generale del Consiglio di Stato del 11.4.2002.

Del resto, lo stesso art. 91 del RDL 1578/1933 dispone che:
Alle professioni di avvocato e di procuratore non si applicano le norme che disciplinano la qualifica di specialista nei vari rami di esercizio professionale“.

E’ più che mai evidente, infatti, che la disciplina delle “specializzazioni” nell’ambito della medesima professione forense, mediante l’attribuzione del titolo di specialista, possa provocare un effetto pesantemente distorsivo della concorrenza e giammai potrà essere operata sulla base di una normativa emanata da un soggetto privo del relativo potere.

Ciò che rileva ictu oculi nella normativa non è l’invisibile diritto “collettivo” del cittadino che si sostiene vorrebbe essere tutelato, ma un insieme di norme che consentono al Consiglio Nazionale Forense di:
– attribuire in via esclusiva il titolo di specialista mediante un esame centralizzato;
– controllare, anche mediante il sistema del “silenzio assenso” (è sufficiente non occuparsene) l’esistenza in vita e l’operatività degli organismi che potranno “concedere” agli avvocati il titolo di specialista;
– verificare i titoli e controllare periodicamente (seppur in via mediata dalla previa verifica degli ordini, degradati a controllori e delatori) della permanenza dei requisiti (da ottenersi previa la frequentazione di corsi di natura specialistica).

In tal modo si attua un sistema autoreferenziale di controllo effettivo del mercato e della concorrenza tra i professionisti legali.
Cui prodest?

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma

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