Frodi Superbonus, dilatati i termini di accertamento

Con il decreto fiscale approvato il 25 gennaio 2024 cambiano i termini per l’accertamento delle frodi fiscali da Superbonus e altri bonus edilizi. Ecco cosa succede.

Frodi Superbonus, dilatati i termini per l’avviso di accertamento

Fin dal suo insediamento il Governo Meloni ha sottolineato che il Superbonus con la cessione del credito e lo sconto in fattura ha fatto lievitare in modo considerevole le frodi legate alle agevolazioni fiscali in edilizia. Il danno è ingente e diventa importante fare in modo che chi ha commesso errori paghi. Proprio per questo motivo si è provveduto ad aumentare i termini temporali entro i quali è possibile inviare l’avviso di accertamento ai contribuenti.

Nella generalità dei casi i termini per l’invio di un avviso di accertamento scadono al 31 dicembre del quinto anno successivo alla presentazione della dichiarazione sulla quale l’avviso stesso è stato emesso. A sottolineare l’importanza di questa novità è il vice-ministro all’Economia Maurizio Leo. Con le novità introdotte i termini salgono a 8 anni.

I documenti da conservare per  l’avviso di accertamento

Si sottolinea che le operazioni di indagine saranno concentrate soprattutto sulle operazioni di cessione del credito e sconto in fattura. Queste hanno permesso di eseguire i lavori senza anticipare le quote inerenti le agevolazioni fiscali. Le frodi finora scoperte hanno riguardato nel 5% dei casi il Superbonus, nel 23% dei casi l’ecobonus ordinario e nel 58% dei casi il bonus facciate.

Si invitano quindi i contribuenti che hanno effettuato tali lavori a conservare per un termine più lungo rispetto a quanto prima previsto la documentazione utile all’Agenzia delle Entrate per verificare i lavori.  Si devono conservare le fatture per i pagamenti, la comunicazione Enea, la delibera assembleare e le tabelle millesimali riferibili ai singoli condomini nel caso in cui i lavori siano eseguiti su parti comuni degli edifici.

Infine, deve essere ricordato che nel caso in cui emergano dati contraddittori inerenti operazioni di cessione del credito o sconto in fattura, saranno oggetto di controllo anche il fornitore e il cessionario.

Secondo le stime la maggior arte delle frodi fiscali operate sui bonus edilizi hanno avuto ad oggetto lavori inesistenti.

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Fisco: il contraddittorio preventivo con il contribuente deve essere esteso a tutti i contribuenti

La Corte Costituzionale, con la sentenza 47 del 21 marzo 2023, interviene in merito alla necessità di instaurare un contraddittorio preventivo tra Amministrazione finanziaria e contribuente prima dell’emissione di avvisi di accertamento.

Il contraddittorio preventivo in seguito ad ispezioni e accesso nei locali

L’articolo 12, comma 7, della legge 212 del 2000, o semplicemente Statuto del contribuente, stabilisce che in seguito ad accessi, ispezioni e verifiche nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali, l’amministrazione finanziaria è tenuta a redigere un verbale delle operazioni compiute e a consegnarlo al contribuente che nell’arco di 60 giorni può produrre osservazioni. Inizia così una fase di contraddittorio preventivo volto ad evitare l’emissione di avvisi di accertamento e quindi a ridurre i motivi di “contrasto” tra contribuente e Fisco.

Nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria ritenga di non poter accogliere le osservazioni del contribuente, è tenuta a dare una motivazione rafforzata al provvedimento finale.

La norma però prevede questo particolare contraddittorio solo nel caso in cui ci sia stato un accesso nei locali del contribuente ed esclude lo stesso in tutti gli altri casi. La Commissione tributaria della regione Toscana in merito ha sollevato una questione di legittimità costituzionale per la violazione dell’articolo 3 della Costituzione.

Corte Costituzionale: è auspicabile un intervento del legislatore che renda generalizzato il contraddittorio endoprocedimentale

La Corte Costituzionale ha ritenuto che la norma non sia incostituzionale. Tuttavia ha invitato il legislatore a modificarla alla luce del nuovo esplicarsi di rapporti tra Fisco e contribuente. La Corte Costituzionale sottolinea come nel nostro sistema manchi una norma che renda il contraddittorio endoprocedimentale obbligatorio, si tratterebbe di un sistema che potrebbe avvicinare il Fisco al contribuente ed evitare numerosi ricorsi che spesso hanno elevati costi e non portano alla riscossione delle somme pretese dall’Erario.

Il contraddittorio preventivo endoprocedimentale è però previsto per fattispecie specifiche, ad esempio articolo 38, comma 7, del Dpr 600 del 1973. Questo, in merito alla determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche, prevede che l’ufficio debba convocare il contribuente e solo in seguito avvii il procedimento di accertamento.

A ciò si aggiunge che l’Unione Europea in merito ai tributi armonizzati prevede in caso di controlli, l’Amministrazione finanziaria debba attivare il contraddittorio.

Alla luce di queste norme frammentarie ma univoche, ritiene la Corte Costituzionale che sarebbe auspicabile prevedere disposizioni che rendano il contraddittorio endo-procedimentale tra Fisco e contribuente un metodo ordinario volto a ridurre il contenzioso e a ottenere una più facile riscossione del tributi effettivamente dovuti.

Secondo la Corte attraverso il contraddittorio si otterrebbe l’ottimizzazione del controllo fiscale, strumentale al buon andamento della Amministrazione stessa.

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