Fallimenti in calo. La volta buona?

Un altro segnale per quanti sono certi che il vento, in economia, se proprio non è cambiato ce la sta comunque mettendo tutta per farlo. Questa volta a invertire la tendenza sono i fallimenti che, stando ai dati dell’Osservatorio trimestrale su Fallimenti, Procedure e Chiusure di imprese di Cerved, nei primi tre mesi del 2015 si è registrato il 2,8% in meno di fallimenti rispetto al primo trimestre 2014. È il primo calo dopo 10 trimestri consecutivi di segni più.

Dopo quasi tre anni, i dati relativi alle chiusure sono finalmente positivi – ha commentato l’a.d. di Cerved Gianandrea De Bernardis parlando dei fallimenti -, con un miglioramento diffuso a tutte le procedure che monitoriamo. Chiudono meno imprese e quelle rimaste sul mercato pagano prima i fornitori: con la ripresa già in atto ci aspettiamo nei prossimi mesi un rafforzamento di questo trend positivo“.

Entrando nel dettaglio dei numeri, le imprese che hanno aperto procedure di fallimenti sono state 3.800 e, nello stesso periodo sono anche calate del 3,5% anno su anno (21mila), le imprese che hanno chiuso tra fallimenti, procedure concorsuali non fallimentari e liquidazioni volontarie.

Secondo i dati Cerved sui fallimenti, nel trimestre in esame sono calate anche le procedure concorsuali non fallimentari di circa il 20% rispetto al corrispondente trimestre 2014. Sono state solo 600, un dato influenzato dalla marcata diminuzione dei concordati preventivi (-25,3%) e dal calo dei concordati in bianco: 650 -27% rispetto al 2014 e oltre il 50% in meno rispetto al 2013.

Il dietro front nei fallimenti ha favorito soprattutto il settore dell’industria e delle costruzioni, quest’ultimo massacrato negli anni più bui della crisi.

Una situazione a macchia di leopardo si registra per i fallimenti nelle varie macro aree italiane. Il Nord Ovest (-9%) e il Sud (-4,2%) hanno fatto registrare i cali più importanti sul versante dei fallimenti; lo stesso Sud (-12,2%) e il Centro (-10,1%) hanno visto calare sensibilmente le liquidazioni volontarie; un po’ tutte le regioni hanno fatto registrare forti cali delle procedure concorsuali non fallimentari.

Confindustria: uniti per salvare le imprese

La crisi economica continua e a farne le spese sono le aziende, che, con una media di 40 al giorno, sono costrette a chiudere.
Per questo motivo, occorre prendere misure concrete per portare fine a questa critica situazione e salvare le imprese italiane dal fallimento.

E’ quanto sostiene Aurelio Regina, vicepresidente di Confindustria, il quale ha dichiarato: “L’economia italiana è stagnante e sprofondata in una delle crisi più acute della sua storia, basti pensare che la produzione industriale dal 2007 ad oggi è scesa del 25 per cento, abbiamo perso 70mila imprese manifatturiere dal 1997. Perdiamo 40 aziende al giorno, davanti a questa situazione serve una terapia d’urto che riduca il cuneo fiscale, sul costo del lavoro, liberi dei costi eccessivi il monde delle imprese e si riprenda immediatamente una via di crescita e sviluppo“.

Regina si appella ai sindacati, con i quali occorre fare fronte comune per salvaguardare l’unica certezza che ancora oggi è rappresentata dal posto di lavoro. E se manca quello, crolla tutto, non solo a livello personale ma anche sociale.

Data l’entità della crisi, il vicepresidente di Confindustria auspica un intervento trasversale, che coinvolga anche le istituzioni e il mondo politico, quest’ultimo chiamato a mettere, come primo punto saliente in agenda, lo sviluppo del Paese.

Vera MORETTI