Come posso difendere il diritto di proprietà su un immobile

Generalmente quando si ha un titolo in cui rileva la proprietà di un immobile e lo stesso è iscritto nei pubblici registri dei beni immobili, o semplicemente catasto, si può stare tranquilli e non è necessario difendere diritto di proprietà su un bene immobile. Vi sono però delle situazioni che richiedono tutela, ecco come difendere il diritto di proprietà su un immobile.

Il diritto di proprietà

Nonostante l’articolo 832 del codice civile sia abbastanza chiaro nel definire il diritto di proprietà come “diritto reale che attribuisce al suo titolare il diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico”  possono esservi delle azioni di disturbo da parte di altri soggetti, spesso un vicino, oppure è necessario rivendicare il diritto di proprietà nei confronti di chi la possiede in modo illegittimo. Il diritto prevede diverse azioni giudiziarie per difendere il diritto di proprietà su un immobile, qui si proverà una sintesi, rimandando a ulteriori approfondimenti già presenti sul sito e ricordando che in ogni caso per difendere il diritto di proprietà è necessario avvalersi della collaborazione di un avvocato specializzato in diritto civile e rapporti di vicinato che possa effettivamente introdurre un giudizio.

Difendere il diritto di proprietà: l’azione negatoria

Le situazioni che possono verificarsi sono diverse e ognuna deve essere trattata in modo adeguato. La prima cosa che può capitare è che ci sia un soggetto che disturba il mio diritto di proprietà affermando che lui ha un valido titolo di acquisto per questa stessa proprietà e che quindi vuole ottenere il bene.

In questo caso per evitare di essere costantemente disturbati da questo soggetto, si può esercitare un’azione negatoria, disciplinata dall’articolo 949 del codice civileIl proprietario può agire per far dichiarare l’inesistenza di diritti affermati da altri sulla cosa, quando ha motivo di temerne pregiudizio. Se sussistono anche turbative o molestie, il proprietario può chiedere che se ne ordini la cessazione, oltre la condanna al risarcimento del danno”.

Tale azione giuridica è ammessa per far cessare il disturbo altrui, quindi non può essere una mera azione di accertamento generico, deve esserci il disturbo altrui costituito in minacce, tentativi di effrazione o azioni simili, in caso contrario la domanda viene rigettata per mancanza dell’interesse ad agire, senza entrare nel merito.

In giudizio chi esercita l’azione, cioè il soggetto che subisce le altrui rivendicazioni deve semplicemente provare di avere un valido titolo di acquisto del bene, ad esempio un atto di compravendita regolare, non viziato, un testamento, o una successione legittima. L’azione negatoria è importante anche ai fini dell’usucapione, infatti questa evita che un soggetto che magari per anni ha coltivato senza titolo un fondo possa usucapirlo.

Difendere il mio diritto di proprietà: Azione di regolamento confini e apposizione termini

Un altro caso comune riguarda i confini, capita purtroppo spesso che il vicino del proprio fondo tenti di appropriarsi di strisce di terreno confinanti, magari inizia a coltivarci un piccolo orto, pianta qualche albero o addirittura costruisce una recinzione, magari confidando nella scarsa attenzione del vicino. In questo caso per difendere il diritto di proprietà su un immobile c’è l’azione di regolamento di confini disciplinata dall’articolo 950 del codice civile.  L’azione di regolamento dei confini presuppone che i termini di confine siano contestati o non chiari e di conseguenza sia necessario accertare nuovamente gli stessi. Ciascuna delle parti può provare con ogni mezzo il limite del proprio fondo. Il giudice però può anche non tenere in considerazione gli elementi di prova portati dalle parti e avvalersi semplicemente delle mappe catastali laddove queste riescano comunque a dare certezza dei confini.

L’articolo 951 del codice civile va oltre, infatti descrive l’azione di apposizione dei termini e stabilisce che quando i termini non sono apposti, non sono più visibili o sono irriconoscibili, ciascun proprietario ha il diritto di chiedere che questi siano apposti e le spese sono sostenute da tutte le parti coinvolte.

Ulteriori azioni a tutela del diritto di proprietà

Per difendere il diritto di proprietà su un immobile è possibile esercitare anche l’azione di rivendicazione, la stessa è già stata ampiamente discussa nell’approfondimento.

Leggi l’approfondimento sull’azione di rivendicazione.

Il diritto di proprietà può essere difeso anche nel caso in cui un soggetto vanti un’usucapione sull’immobile.

Scopri i requisiti per maturare l’usucapione;

Come evitare l’usucapione;

Scopri come provare l’usucapione.

Azione di rivendicazione: come si prova il diritto di proprietà

L’azione di rivendicazione è una particolare azione giudiziaria riconosciuta in favore di chi ritiene di essere stato ingiustamente spogliato di un bene di sua proprietà. Nel diritto italiano, a parte alcuni singoli casi in cui è prevista l’inversione dell’onere probatorio, chi afferma un fatto, deve dimostrarlo. Ciò capita proprio con l’azione di rivendicazione, ecco di seguito una disamina su come si prova la proprietà ai fini dell’azione di rivendicazione.

Che cos’è l’azione di rivendicazione

L’azione di rivendicazione è disciplinata dall’articolo 948 del codice civile che sottolinea: Il proprietario può rivendicare la cosa da chiunque la possiede  o detiene e può proseguire l’esercizio dell’azione  anche  se  costui, dopo la domanda, ha  cessato,  per  fatto  proprio,  di  possedere  o detenere la cosa. In tal caso il convenuto e’ obbligato a ricuperarla per l’attore a proprie spese, o, in mancanza, a corrispondergliene il valore, oltre a risarcirgli il danno.                                                                                     Il proprietario, se consegue direttamente dal  nuovo  possessore  o detentore la restituzione della  cosa,  e’  tenuto  a  restituire  al precedente possessore o detentore la somma ricevuta in luogo di essa.   L’azione di rivendicazione non  si  prescrive,  salvi  gli  effetti dell’acquisto della proprietà da parte di altri per usucapione.

Si evince da questo articolo che l’azione di rivendicazione può essere esercitata nei confronti di chiunque, anche dei soggetti che successivamente hanno acquistato il bene ritenendo di acquistare dal legittimo proprietario.  Si può quindi esercitare l’azione anche nei confronti del terzo in buona fede.

Come provare il diritto di proprietà nell’azione di rivendicazione

Naturalmente la prova della proprietà non è così semplice come può sembrare. Per i beni immobili e per i beni mobili registrati solo erroneamente si può ritenere che sia più semplice fornire la prova. Ad esempio se anche si è titolari del diritto di proprietà per aver ricevuto il bene in seguito a un atto di compravendita oppure per una successione testamentaria o legittima, occorre provare anche che il soggetto da cui si è ricevuto il titolo, lo ha ottenuto e trasmesso in modo legittimo.

Chi esercita l’azione di rivendicazione, a meno che il titolo non sia stato acquisito a titolo originario,  deve provare il titolo del dante causa a ritroso fino al momento di arrivare all’acquisto a titolo originario del bene. In questi casi si è parlato anche di prova diabolica e tra gli strumenti utilizzabili vi è la visura storica sull’immobile. In alcuni casi gli archivi cartacei però sono andati distrutti.

Chi esercita l’azione di rivendicazione non solo deve provare i vari passaggi visti, ma deve provare anche la legittimità degli stessi.

L’azione di rivendicazione è un’azione reale, petitoria, o restitutoria.

La giurisprudenza sull’azione di rivendicazione

A supporto di questa tesi vi è la sentenza 5257 del 2011 della Corte di Cassazione che afferma: La prova della proprietà dei beni immobili non può essere fornita con la produzione dei certificati catastali, i quali sono solo elementi sussidiari.

Inoltre la sentenza del Tribunale di Catania 167 del 13 gennaio 2017 afferma che una domanda riconvenzionale che eccepisce l’usucapione da parte del convenuto non mitiga l’onere probatorio in quanto mira solo a difendere il proprio titolo, spetta comunque a chi esercita l’azione di rivendicazione provare la sua proprietà del bene oltre ogni ragionevole dubbio.

Tra l’altro l’usucapione, come si evince dal comma 3 dell’articolo 948, può portare alla prescrizione dell’azione di rivendicazione, imprescrittibile in tutti gli altri casi.

Altrettanto difficile è la prova della proprietà di un bene mobile, infatti qui si applica il principio del “possesso vale titolo” quindi chi detiene un  bene, ad esempio un gioiello, si ritiene ne sia il legittimo proprietario e chi afferma il contrario deve provarlo oltre ogni ragionevole dubbio, ma non essendovi registri la prova è ancora più ardua.

L’azione negatoria

L’azione che fa da contraltare all’azione di rivendicazione è l’azione negatoria, disciplinata dall’articolo 949 del codice civile e che mira a far smettere le pretese altrui su un bene, infine c’è l’azione di regolamento di confini (950 del codice civile) che mira a delineare i confini di un bene immobili al fine di far cessare l’incertezza determinata da pretese altrui. In questo caso trattasi di azioni di accertamento.

I mezzi di prova nell’azione di rivendicazione

Si è detto che nell’azione di rivendicazione la prova può essere considerata diabolica perché non è semplice provare la proprietà di un bene detenuto da altri, la legge però ammette che possono essere utilizzati tutti i mezzi di prova (per alcune azioni vi sono dei limiti) quindi è possibile portare in giudizio dei testimoni, oppure delle prove documentali.

L’azione di restituzione: differenze

L’azione di rivendicazione deve essere tenuta distinta dall’azione di restituzione che ha natura personale e non reale ed è volta ad ottenere la restituzione di un bene e si fonda sulla “insussistenza o sul sopravvenuto venir meno di un titolo di detenzione del bene da parte di chi attualmente lo detiene per averlo ricevuto dall’attore o dal suo dante causa, ed è rivolta, previo accertamento di quella insussistenza o di quel venir meno, ad ottenere conseguenzialmente la consegna del beneCass. civ. sez. III, 10 dicembre 2004, n. 23086.

Questa sentenza continua affermando che in questo caso non deve essere fornita dall’attore la prova diabolica che si è vista per l’azione di rivendicazione, ma l’attore deve solo provare i motivi dell’insussistenza e del venir meno del titolo a causa di invalidità, inefficacia, decorso del termine di durata, esercizio dell’eventuale facoltà di recesso. La domanda di restituzione e quella di rivendicazione possono essere presentate contestualmente  nello stesso giudizio in via alternativa o subordinata.