Il pregiudizio del creditore

Nell’articolo precedente abbiamo iniziato ad introdurre l’argomento “tutela del patrimonio”. C’è un punto fondamentale, che è meglio chiarire da subito. Se vogliamo che la tutela sia realmente efficace, questa deve essere posta quando non esistono pregiudizi sul patrimonio. Mi spiego: un pregiudizio è, ad esempio, un debito verso un fornitore, un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, un danno causato ad un terzo. Se noi siamo a conoscenza di un qualsiasi elemento che possa ( a ragione o a torto) minacciare il nostro patrimonio, siamo in presenza di un pregiudizio.

Se esiste questo pregiudizio, qualsiasi strumento a protezione può essere revocato, a discrezione del giudice.

I presupposti dell’azione revocatoria sono oggettivi (esistenza del credito e pregiudizio alle ragioni del creditore), e soggettivi (conoscenza del pregiudizio da parte del debitore e, nei casi di atti a titolo oneroso, anche da parte del terzo).

Se una persona sa o sospetta di essere creditore di un’altra persona, o ente, o azienda e  compie degli atti (non necessariamente fraudolenti o consapevoli) che possono rendere più difficile la soddisfazione del creditore, questi atti possono essere revocati.

Un esempio chiarirà meglio. Nestore, mio debitore, ha un unico bene, una casa, che vende a Ulrico. Ulrico, che può essere anche la moglie, il figlio, o una persona che è d’accordo col debitore (quindi in questo caso c’è fraudolenza), sa che la vendita viene fatta per far sì che Nestore risulti nullatente e quindi io non riceva più nulla e Nestore non sia costretto a perdere il suo bene. Ora, se io creditore non riuscissi a revocare la vendita, mi troverei con un pugno di mosche in mano. Con l’azione revocatoria viene revocato l’atto di compravendita e quindi io creditore potrò, per ipotesi, iscrivere ipoteca su quella casa del mio debitore e successivamente chiederne la vendita ricevendone il ricavato fino alla concorrenza del mio credito.

Chiariamo anche il concetto di responsabilità. L’art. 2043 del vigente codice civile dice: “Qualunque fatto, doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

L’art. 2740 inoltre recita: “Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabilite dalla legge” e poi che “Il patrimonio del debitore è la garanzia del creditore”.

Quindi è estremamente importante pensare a porre in atto i rimedi per tutelare un patrimonio prima che sorga, anche solo all’orizzonte, qualsiasi possibile creditore. Vedremo come con i prossimi contributi.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

La tutela del patrimonio

La pianificazione finanziaria della gestione del proprio patrimonio pone il problema della tutela dei propri beni, vale a dire della protezione del patrimonio personale da eventi che potrebbero distruggerlo. Nessuno è esente da questi rischi.

Hai mai pensato a quale responsabilità ha l’amministratore di una società? O semplicemente a quali responsabilità ha un padre di famiglia? Facciamo qualche esempio.

L’Art. 28  della Costituzione dice che: “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti”. L’Art. 2476 C.C.  dice che “Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società”. E poi: “L’introduzione, nelle S.r.l., della possibilità spettante a ciascun socio,  indipendentemente dalla quota di capitale sociale sottoscritto, di promuovere azioni di responsabilità nei confronti degli Amministratori”. Il Decreto Legislativo 81/2008 definisce ‘Le responsabilità del committente nella sicurezza del cantiere’, dove committente viene definito come il “soggetto per conto del quale l’intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione”. Cioè un banale lavoro di tinteggiatura nella propria abitazione genera una responsabilità del committente.

Avere una responsabilità significa doverne rispondere con i propri beni, presenti e futuri. E se il patrimonio viene distrutto, è evidente che non si potrà raggiungere nessun obiettivo. Esistono alcuni strumenti, legalmente riconosciuti, a tutela del patrimonio o degli eredi (per citarne alcuni, fondo patrimoniale, trust, vincoli di destinazione), il cui utilizzo (singolo o combinato) è strettamente legato alle persone da tutelare e alle loro esigenze. In un ambito di planning complessivo, è necessario quindi valutare se esistono dei rischi per il patrimonio e quanto sono probabili, quindi utilizzare gli strumenti più adatti alla protezione della famiglia.

Non è mio compito costituire trust o fondi patrimoniali (lo fa il notaio), ma è fondamentale capire di cosa il cliente ha bisogno e in quale misura, per poter indicare le soluzioni più efficaci, sempre considerando il patrimonio nel suo insieme. Il notaio annota quello che  il cliente dice di fare, nel rispetto della legge, ma non sa, perché non ne conosce tutti gli aspetti, se quello che egli decide è veramente adatto alla sua situazione. E’ necessaria anche l’assistenza di chi, come un consulente patrimoniale, ha chiaro il quadro complessivo e gli obiettivi della vita della persona, e non ha prodotti da vendere.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Visioni finanziarie della vita

Vorrei iniziare dal punto in cui ho terminato nello scorso articolo, traducendo per intero questa frase di George Kinder, padre del Life Planning:

In 30 anni di attività come consulente finanziario, ho scoperto una semplice ma potente verità, sulla gente e sul suo denaro. La gente non ha obiettivi finanziari: la gente ha degli obiettivi che richiedono risorse finanziare per essere soddisfatti. Imparando qualcosa che riguarda questi obiettivi, noi scopriamo sogni di libertà finanziaria dei clienti e le loro più entusiasmanti visioni della vita che vogliono condurre”.

Ora, che cos’è un sogno? Una fantasia, qualcosa che alberga nella nostra mente, nulla di concreto. Che cos’è invece una visione della vita? Un’idea di come ci piacerebbe che fosse la nostra vita, cioè qualcosa di più concreto di un sogno. Possiamo trasformare sogni e visioni in progetti di vita, se sono:

1) stimolanti
2) concreti
3) misurabili
4) raggiungibili con le risorse a disposizione, ora o nel futuro

Una volta che abbiamo stabilito un progetto (la rotta), che può comprendere uno o più obiettivi (i porti da raggiungere), dobbiamo stabilire come raggiungerli e cercare di individuare quali ostacoli ci possono essere.

Soprattutto, quali ostacoli ci possono mettere in difficoltà davvero. Per esempio: il progetto è andare in pensione in anticipo rispetto all’età pensionabile, mantenendo un potere di acquisto pressoché identico. Senza entrare nei dettagli numerici, quali ostacoli ci potrebbero essere? Uno potrebbe essere la variazione delle regole relative alle pensioni, che magari potrebbero ridurre l’importo della pensione o allontanare nel tempo la possibilità. Una difficoltà, certo, ma non insormontabile. Ma l’altra domanda che invece dovremmo farci è che cosa potrebbe impedire l’esecuzione del progetto: una malattia di un familiare, ad esempio, potrebbe distogliere le risorse necessarie, anche per sempre.

Quindi è fondamentale definire sia gli obiettivi che gli eventuali ostacoli, specificando quali obiettivi sono primari e quali secondari, quali ostacoli sono superabili e quali non lo sono e così via.

Non è una cosa facile, perché si tratta di mettere in relazione una parte emotiva (i sogni, le speranze, i desideri) con una parte razionale di noi stessi (cosa, quanto, quando) e soprattutto immaginare cosa potrebbe accadere se qualcosa andasse storto.

Ma un progetto finanziario “per la visione di vita” che vorremmo, se ben fatto, serve proprio ad evitare di trovarsi in difficoltà e ad avere da subito chiare quali sono le alternative percorribili. Non è un vantaggio da poco.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Libertà finanziaria: un sogno che può diventare realtà

Adesso arriva anche la Tobin Tax! Tassa sulle transazioni finanziarie, 11 Paesi europei, tra cui l’Italia, l’hanno approvata. Si parla di 0,1% sul valore delle compravendite di azioni e obbligazioni, in pratica 10 euro ogni 10.000 euro acquistati o venduti.

Non è un cifra esorbitante, non è neppure poco. La cosa strana è che il settore che fa il maggior numero di compravendite, quello dei derivati, pare sarà tassato dello 0,01%, cioè un decimo rispetto alle più convenzionali azioni e obbligazioni. Ciò comporterà una migrazione delle transazioni verso i Paesi che non applicano l’imposta.

Tutto questo che impatto avrà sui comuni investitori? Dipende ovviamente dal numero di operazioni di acquisto e vendita che faremo, che dipendono a loro volta dall’impostazione tattica che abbiamo voluto dare agli investimenti. In pratica, se abbiamo stabilito una “rotta” che prevede molte transazioni, forse sarà opportuno ripensare al costo complessivo e rivedere la “rotta”.

Di solito, il life planning, cioè la pianificazione per obiettivi di vita, è cosa assai diversa da un piano di mercato, frenetica attività di compravendita di prodotti finanziari, per il raggiungimento del massimo profitto (ma con il rischio di ottenere la massima perdita, cioè perdere tutto il capitale).

Nel life planning si considerano progetti di vita, a breve, medio e lungo termine. Ad ogni progetto è associato un piano finanziario per il suo raggiungimento, con coerenti investimenti di diversa natura.

Le persone non hanno obiettivi finanziari: hanno degli obiettivi di vita che richiedono risorse finanziarie per essere soddisfatti. Gli obiettivi però, rispetto alle reali possibilità finanziarie che servono per raggiungerli, possono essere illusori, sogni. Come assicurarsi di essere ancorati alla realtà?

Semplice, occorre misurare le risorse finanziarie e finalizzarle. Un esempio: vivere di rendita può rimanere un sogno di libertà finanziaria se non quantifichiamo quanto intendiamo spendere per vivere e per quanto tempo. Solo così vivere di rendita diventerà un vero obiettivo, e non appunto una illusione.

Un altro esempio? Lasciare una cospicua eredità ai figli è solo un sogno di libertà finanziaria se non predisponiamo le nostre risorse a favore dei figli, evitando litigi e riducendo gli oneri fiscali, per quanto consentito dalle attuali norme.

Tradurre un sogno, una visione, un‘idea di vita, in qualcosa di concreto, non è un compito semplice, ma non è neppure impossibile. Solo misurando i pensieri con i numeri delle risorse finanziarie (un foglio di carta all’inizio può essere sufficiente), abbiamo una buona probabilità di raggiungere i nostri scopi di vita.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Investire sì, ma nella qualità

Partiamo con una puntualizzazione doverosa all’articolo sulla Bce della scorsa settimana: Draghi ha poi sostenuto che non intende stampare nuova moneta, che nessun Paese uscirà dall’Euro e che la Bce metterà a disposizione interventi illimitati. Ho la massima stima di Draghi, ma è un programma impegnativo, vediamo se sarà rispettato.

E veniamo al tema di oggi. Si parla sempre di rendimento, al massimo di diversificazione o di rischio, dell’investimento. Non si parla mai della qualità degli investimenti finanziari, cioè del loro comportamento di fronte ad eventi catastrofici (qualità della gestione) o della loro possibilità di subire tracolli (qualità dell’emittente). La qualità dell’emittente riguarda le scelte di gestione finanziaria, ma anche di gestione amministrativa ed economica, del prodotto.

Queste scelte condizionano l’andamento, nel tempo, del prodotto finanziario. Ad esempio basse commissioni di gestione per un fondo, la distribuzione costante degli utili per un’azione, il pagamento puntuale delle cedole per un’obbligazione sono tutti indicatori di una buona qualità. A ciò bisogna però associare la solidità finanziaria e la trasparenza dei bilanci societari dell’azienda (o dello Stato) emittente, nonché i buoni propositi per il futuro (piani strategici, industriali).

La qualità di gestione, invece, significa affrontare i mercati, mantenendo fede ai patti presi con gli investitori. E non è facile. Ad esempio, se un fondo comune di investimento si definisce “monetario”, non dovrebbe investire in derivati. Oppure se si chiama “obbligazionario”, non dovrebbe esagerare con le azioni in portafoglio. Di questi esempi ce ne sono a migliaia, il concetto è che le regole stabilite non sempre sono chiare e a volte lasciano una discrezionalità eccessiva al gestore. Un ‘comune mortale’ rischia di investire in un prodotto finanziario che credeva immune dai derivati o dalle azioni, e che invece non lo è.

E proprio i derivati sono gli ingredienti maggiormente utilizzati dai fondi. Il derivato è uno strumento, non è buono ne’ cattivo, dipende quale uso se ne fa. Il problema semmai è l’ effetto leva, cioè guadagno o perdo più di quello che ho investito, e l’ uso indiscriminato e non necessario. Infatti, se un fondo è obbligazionario, ma contiene derivati, il rischio percepito dall’investitore è inferiore a quello realmente sostenuto dal prodotto.

Altri protagonisti della qualità possono essere titoli “spazzatura”, valute “esotiche”, partecipazioni in società non quotate acquistati da gestori con pochi scrupoli.

Purtroppo, si può toccare con mano la qualità solo dopo che è avvenuto un disastro finanziario: casi Parmalat o Lehman, Grecia o Islanda hanno fatto capire, a chi aveva investito in questi prodotti, quanto fosse bassa la loro qualità. Se non avviene nulla di così eclatante, è abbastanza difficile, per il normale investitore, percepire quanto rischio si è evitato scegliendo prodotti qualitativamente superiori. E’ compito di un buon consulente ricercare prodotti di qualità elevata, mantenendoli sotto osservazione, nel tempo.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

L’Ue di Draghi: come difendere i capitali privati

Nonostante la Bce non possa finanziare gli stati membri dell’Eurozona, pare che Draghi intenda stampare nuova moneta per salvare l’insalvabile, per andare incontro alle banche spagnole e forse anche italiane. Sostiene che è suo compito far funzionare la politica monetaria, anche in questo modo. In pratica, però, si creerebbe ricchezza dal nulla, semplicemente stampando carta/denaro.

Il sistema bancario compra quindi titoli di Stato, che, per ricapitalizzarsi, rivende alla Bce in cambio di denaro fresco; la Bce così si troverebbe in portafoglio titoli di Stato a rischio default, fallimento che a quel punto sarebbe a carico dei contribuenti dell’intera Unione Europea e non più dei singoli Paesi che hanno generato il debito. Chi ha più crediti, ha più da perderci, chi ha debiti ha solo da guadagnarci. Tra noi, gli spagnoli e i tedeschi, questi ultimi sono certamente i maggiori creditori.

E’ una strategia semplicistica, ma contorta: pare, però, sia questa la strada indicata da Draghi.

La Bundesbank è ovviamente contraria a questa politica, ritenendola non coerente con le prerogative della Banca centrale europea, mentre la Merkel è incredibilmente d’accordo sia con Draghi  sia con la Bundesbank!

Sarà il preludio degli Stati Uniti d’Europa, a cui Angela si sta candidando alla Presidenza? Quanti e quali Stati accetteranno di rinunciare alla loro sovranità fiscale in favore di quella europea? Quali Paesi vorranno vedersi sottratte le decisioni di spesa del gettito fiscale? Ci immaginiamo un’Italia così? Forse sarebbe auspicabile per risanare una volta tanto la situazione, ma dubito che i nostri politici rinunceranno al loro strapotere.

Sarà più probabile che si abbandoni l’Europa, reclamando a gran voce il diritto di spendere (o sprecare) come si ritiene più opportuno le entrate fiscali.

Ecco quindi sorgere un nuovo motivo di frattura nella Ue. Il problema è che chi ha debiti probabilmente non avrà molta voglia di accettare la severità dei provvedimenti Merkel, chi ha crediti invece è molto bendisposto verso questa rigidità.

Tutto ciò ha ovviamente ha a che fare con le decisioni di investimento dei risparmi e del capitale familiare, poiché un’uscita dall’Area Euro potrebbe causare riduzioni del potere di acquisto della nostra nuova moneta (un ritorno alla lira?) e dei beni reali connessi (in primis gli immobili). Se gli italiani, poco avvezzi ad un approccio comportamentale alla gestione del denaro, vorranno almeno mantenere intatto il valore del proprio patrimonio, sarà sempre più necessario il supporto di un financial planner indipendente.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Seguire la rotta per non perdersi

Perché concentriamo sempre la nostra attenzione sul rendimento dei nostri investimenti finanziari e non sul perché stiamo investendo denaro, invece, magari, di spenderlo tutto? Perché, di fondo, certe scelte avvengono senza una piena consapevolezza degli scopi, e perfino di se stessi. Questo aspetto, non l’andamento delle Borse, è il vero rischio degli investimenti finanziari.

Una breve storiella forse aiuterà a comprendere meglio la questione: Nestore, il risparmiatore, non si fida dei mercati azionari e si ripromette che mai e poi mai investirà in azioni. Il suo amico Ulrico, invece, che vuole comprarsi una barca a vela, ha iniziato ad investire in azioni, con notevole profitto. Dopo alcuni mesi, le azioni continuano a salire, Ulrico cerca di convincere il suo amico Nestore che sono un buon affare, ma Nestore non cede. Dopo altri mesi, e dopo che Ulrico ha realizzato il suo sogno con quanto guadagnato con le azioni, Nestore decide di investire. Lo dice ad Ulrico, che gli risponde: “Ah, io stavo proprio pensando di vendere parte delle mie azioni, perché ho già avuto tanto”. Nestore compra azioni e il mercato sale ancora un po’, ma poi inizia a scendere, fino a perdere il 30% del prezzo che ha pagato e Nestore, spaventatissimo, decide di vendere. Parlando con Ulrico, scopre che lui ora invece sta pensando di ricomprare un po’di azioni.

Quanto ci sentiamo Nestore e quanto Ulrico? Ovvero, quali sono i nostri obiettivi nelle scelte finanziarie?

Ogni investimento ha connesso uno o più rischi specifici, ed è quindi necessario misurare il rischio che siamo disposti a sopportare rispetto alle nostre finalità.

Se l’obiettivo di Nestore è, per esempio, raddoppiare il suo capitale di 200mila euro in 5 anni, perché  vuol comprare una casa al figlio, dovrà cercare un rendimento del 20% annuo medio, con conseguente rischio elevato. Se l’obiettivo di Ulrico è di comprarsi una barca a vela del costo di 100mila euro tra 5 anni, e ha un capitale di 500mila euro, sarà sufficiente un rendimento del 4%. Inoltre, i due obiettivi potrebbero avere priorità diverse.

La casa per il figlio potrebbe essere un obiettivo primario, la barca a vela un obiettivo secondario. Un obiettivo secondario non raggiunto non mette in crisi la vita, un obiettivo primario non conseguito, può creare seri problemi esistenziali. Ma poi perché investire in azioni e non in obbligazioni, titoli di stato, etf, fondi, derivati e così via? I mercati ci ricordano insomma che l’uso del denaro non è ‘inodore e incolore’, ma è sempre connesso ai valori e al senso della nostra vita. Il denaro può essere considerato un mezzo o un fine. Con tutte le conseguenze relative da mettere in conto. E alla fine comunque ne va della nostra esistenza.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Azioni, obbligazioni e strumenti di finanziamento delle società: un quadro esaustivo

Con il decreto legislativo n. 6 del 17 gennaio 2003 n. 6 sono stati disciplinati, tra le altre cose, gli strumenti diretti al finanziamento delle società di capitali.

Risulta quanto mai opportuno, individuare tutti gli strumenti leciti, che consentano alle imprese, di aumentare il patrimonio e ciò, non solo attraverso gli ordinari strumenti finanziari (come ad esempio tramite l’emissione di titoli azionari ed obbligazionari), ma anche ricorrendo ad altre forme che prevedano la possibilità di finanziare la società attraverso titoli non partecipativi che, quindi, non fanno acquisire al possessore la qualità di socio.
Si tratta di strumenti di reperimento delle risorse economiche utili all’attività d’impresa che, in molti casi vedono l’intervento diretto del socio. La legge prevede una forte tutela dei creditori sociali, tendendo a disincentivare l’abitudine a reperire finanziamenti dai propri soci, senza ricorrere alla forma del conferimento; e ciò nell’ottica di garantire, la reale ed effettiva consistenza del patrimonio. Affinché un socio possa finanziare la società, è necessaria l’iscrizione nel libro dei soci da almeno tre mesi, la partecipazione al capitale sociale pari ad almeno il 2% dell’ammontare del capitale nominale quale risultano dall’ultimo bilancio approvato nonché la previsione di tale possibilità nello statuto. Tali forme di finanziamento effettuate mediante versamenti, sono considerate infruttifere, salvo che venga inserita una specifica disposizione che stabilisce il contrario.

Ai sensi dell’articolo 2467 del codice civile, il rimborso di quanto finanziato dal socio è “postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori della società e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito.” Trattasi di norma inderogabile che, si applica anche, qualora nello statuto societario, venga stabilito diversamente. Tale disposizione introduce un’importante novità in materia, atteso che, in precedenza, i crediti vantati nei confronti della società erano considerato di pari grado rispetto a quello degli altri creditori. Lo stesso articolo 2467 prosegue, sancendo che “si intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”. Quindi, ogni finanziamento che sia stato posto in essere al di fuori dalle suddette condizioni è liberamente rimborsabile ai soci.

Lo strumento più utilizzato per finanziare una società di capitali rimane comunque il titolo azionario. Accanto alle azioni che hanno uguale valore e conferiscono ai loro possessori uguali diritti, troviamo le azioni, cosiddette privilegiate, con priorità nella distribuzione degli utili, nella restituzione del capitale e che possono essere postergate in caso di perdite. Le azioni privilegiate (art. 2369 c.c. 5° comma), possono essere emesse esclusivamente a seguito di una delibera dell’assemblea straordinaria e con un quorum deliberativo superiore ad un terzo del capitale sociale (in prima o in seconda convocazione).

Possono altresì esservi altre categorie di azioni, con diritti “limitati”. Lo statuto societario, infatti, può prevedere azioni, prive del diritto di voto o con voto limitato a particolari materie oppure, con voto subordinato al verificarsi di determinate condizioni. I soci cui non è attribuito il diritto di voto e che, pertanto, non possono impugnare le delibere, hanno comunque titolo per ottenere il risarcimento del danno loro arrecato da un’eventuale delibera illegittima posta in essere dalla società.

Esistono poi azioni, le quali possono essere emesse a favore dei dipendenti della società.

La legge, prevede altresì la possibilità di emettere di azioni a favore di persone non legate alla società da alcun rapporto di subordinazione; ciò può avvenire sia mediante aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione, sia attraverso un’assegnazione gratuita di azioni agli amministratori, sia con una vendita di propri titoli azionari a società controllanti o controllate.

Le azioni di godimento, invece, sono particolari titoli azionari attribuiti ai possessori di azioni ordinarie quando, a seguito di una riduzione del capitale per eccedenza, ne sia stato interamente rimborsato il valore nominale. La loro disciplina non è stata toccata dalla legge del 2003 e, salvo diversa disposizione dello statuto sociale, sono prive del diritto di voto.

Vi possono poi essere azioni, le quali prevedono prestazioni accessorie, i cui possessori, oltre all’obbligo del conferimento, hanno l’obbligo di prestare alla società un’attività di tipo personale.

Altro mezzo, frequentemente utilizzato nella prassi per finanziare una società di capitali è il ricorso alla collocazione delle azioni di risparmio. La loro disciplina è contenuta nel Testo Unico della Finanza. Sono azioni, che non attribuiscono il diritto di voto, finalizzate soprattutto ai piccoli risparmiatori interessati al vantaggio economico rappresentato dalla distribuzione degli utili.

Altro strumento di finanziamento è rappresentato dalle obbligazioni. I titolari di obbligazioni hanno il diritto alla restituzione del capitale e alla riscossione degli interessi; secondo il combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’articolo 2411 c.c.; tale diritto può essere, totalmente o parzialmente, subordinato alla piena soddisfazione dei diritti di altri creditori della società e la tempistica può variare in relazione alle condizioni economiche in cui si trova la medesima. La competenza ad emettere obbligazioni non convertibili – senza opzione sull’acquisto dell’azione – è attribuita agli amministratori, salvo che la legge o lo statuto non dispongano diversamente. L’emissione di obbligazioni convertibili, invece, rimane di competenza dell’assemblea straordinaria secondo quanto previsto dall’art. 2420 bis del codice civile.

Per ciò che riguarda i limiti quantitativi posti all’emissione di obbligazioni, per le società quotate in mercati regolamentati non è previsto alcun limite. Nei casi di società non quotate, alla società è consentita l’emissione solo per un ammontare che, complessivamente, non superi il doppio della somma del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili secondo l’ultimo bilancio approvato. Nel caso in cui tali titoli siano sottoscritti da investitori professionali oppure siano garantite da un’ipoteca, questo limite può essere superato, ma soltanto fino ai due terzi.

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma

È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.