Soldi in banca a rischio per i risparmiatori? Gli effetti di guerra e pandemia

Ci sono banche italiane che stanno perdendo molto in Borsa. Perdite ingenti per esempio, per la nostra Intesa San Paolo. Ma non è l’unica. Il motivo? La guerra in Ucraina per esempio. Ma anche su questo, non è solo il conflitto Russia-Ucraina a minare l’economia globale. Prendiamo ad esempio l’Italia. Il governo italiano ha deciso di aprire uno stato di emergenza fino a fine 2022. Per la guerra naturalmente. Ma oggi in Italia, paradossalmente, sono aperti due stati si emergenza. Uno per l’emergenza epidemiologica per il Covid, l’altro appunto per la guerra in Ucraina. Come di collegano due emergenze così diverse con la crisi economica e con il potenziale fallimento delle banche che porterebbe al rischio di perdere soldi per i risparmiatori, è argomento mai così attuale.

Italia, in Paese di risparmiatori

Che l’Italia sia un Paese che ha una grande platea di risparmiatori lo dicono tutti. Adesso c’è chi pensa che siamo arrivati ai soldi in banca a rischio per i risparmiatori. Basta tornare indietro all’ultimo governo Conte, quando si andò a Bruxelles per spillare i fondi del Recovery Plan per l’emergenza Covid. I Paesi frugali, contrari agli aiuti massicci all’Italia, sostenevano proprio che l’elevato numero di soldi detenuti dalle banche ma dei risparmiatori, età un fattore da considerare. L’Italia è un paese di risparmiatori. Non ci sono altri Paesi dove le banche hanno un così alto numero di depositi da parte dei cittadini. Ma adesso sono soldi a rischio per via di una crisi globale che rischia di diventare sempre più forte? La risposta la daremo con questo articolo, partendo dal presupposto che niente può essere considerato sicuro al 100% soprattutto se si parla di crisi legate a guerre o conflitto. L’imprevedibilità degli scenari che possono sopraggiungere in guerra, non dà sicurezza alcuna.

Cosa sta succedendo alle banche con la guerra in Ucraina

La guerra nell’est Europa appare distante dall’Italia, almeno geograficamente. Per esempio, era molto più vicina quella del conflitto nell’ex Jugoslavia. Ma tra UE, Nato e così via, anche l’Italia ne è coinvolta, forse non ancora militarmente, ma economicamente per forza. Le sanzioni che i governi occidentali hanno deciso di applicare contro Putin e la Russia, incideranno sull’economia non solo della Russia. Sono molteplici gli istituti di credito, anche italiani, che hanno rapporti con le banche russe.

Ed il blocco di queste operazioni come per il blocco di tutte le operazioni commerciali di questa specie di embargo imposto alla Russia, mina la stabilità anche degli istituti di credito.

In altri termini, le sanzioni economiche stabilite dall’Occidente nei confronti della Russia stanno avendo ripercussioni anche sull’economia degli stessi  Paesi che hanno imposto le sanzioni, pur non entrando nel conflitto. E tra queste l’Italia, che rischia una nuova crisi economica, forse anche peggiore di quella da cui sembra si stesse uscendo, cioè quella dell’emergenza epidemiologica.

Come ogni azienda, anche una banca può fallire, e per le motivazioni più svariate. Una crisi economica dovuta ad un conflitto è una di queste. La paura dei risparmiatori è quella di perdere i soldi che con tanti sacrifici hanno risparmiato e lasciati alle banche. Ma è un rischio reale o fa parte solo dell’ansia del momento?

Cosa accade se i correntisti o i risparmiatori tolgono i soldi dalle banche

Come reagiscono i risparmiatori nel momento in cui arriva il timore che si possono perdere i soldi propri depositati in banca? Il primo passaggio inevitabile è il prelievo dei soldi fino al quasi azzeramento dei propri depositi. La corsa al prelievo può essere una delle cause scatenanti di un fallimento di una banca.

Infatti, si tratta di un taglio delle liquidità delle banche che si va ad aggiungere, come detto, al taglio delle interazioni finanziarie con le banche Russe. Parliamo di uno scenario che può essere definito apocalittico dal punto di vista bancario, ma che non è da escludere del tutto.

Le banche funzionano in maniera assai semplice. I soldi depositati da chi li ha, servono per dare prestiti a chi non li ha. La differenza tra gli interessi che la banca paga a chi deposita soldi (pochi interessi), e quelli che chiede a chi ottiene un prestito piuttosto che un mutuo, sono l’utile che la banca porta a casa. Naturalmente non solo questo, perché poi ci sono gli investimenti, le azioni e tutto il resto.

Evidente però che se chi risparmia smette di farlo, la banca ha carenze nel poter esaudire le richieste di prestito che arriveranno e che sempre inevitabilmente, una fase di crisi aumenta esponenzialmente. Un circolo vizioso vero e proprio, un tunnel senza via di uscita.

La paura di perdere i soldi è arrivata anche in Italia, soldi in banca a rischio per i risparmiatori?

Ma perché i risparmiatori dovrebbero togliere i soldi dalle banche? Da un lato la necessità di far fronte alle spese quotidiane che un periodo di crisi economica non consente come in tempi di stabilità. Dall’altra la paura che di colpo una banca che fallisce, decide di “espropriare” i soldi depositati. Certo, non è una cosa facile quest’ultima, ed esistono delle normative che salvaguardano i risparmiatori, ma non tutti e non su tutte le somme depositate.

Il nostro articolo non vuole essere un incentivo a correre in banca a smobilitare i soldi da parte naturalmente, ma parliamo di un problema che molti ipotizzano e molti altri nemmeno conoscono. Esiste uno strumento conosciuto come “bail-in” che mette a rischio i soldi in banca.

Cos’è il bail-in e come impatta sui depositi in banca

Raccogliere i soldi dei risparmi di alcune persone  per metterli a disposizione di altri, è la funzione della banca, che però non è certo il “Robin Hood” dell’economia, che rubava ai ricchi per darli ai poveri. Dietro c’è un ricavo che la banca fa su questa doppia operazione.

Senza ricavi una banca come una qualsiasi azienda, può fallire. Rispetto ad una azienda però, che fallisce nel momento in cui ha la cassa vuota, la banca può fallire nonostante ci siano soldi depositati sui conti, sui libretti e così via. Ma sono soldi che non appartengono alla banca, ma ai risparmiatori.

Inoltre, come sta accadendo adesso, con il blocco dello Swift perle banche russe, ai nostri istituti di credito viene a mancare una discreta fonte di utile per via dei tanti casi di operazioni internazionali tra Stati diversi.

Il blocco dello Swift per le banche russe impedisce loro di ricevere denaro dai debitori esteri, Italia compresa, ma ha lo stesso inverso effetto, cioè anche le nostre banche, con i loro correntisti che sono creditori di banche russe e aziende russe, non possono ricevere soldi.

La fine di una banca potrebbe mettere a rischio i risparmiatori nel momento in cui si attiva quel meccanismo del bail-in. Soldi in banca a rischio per i risparmiatori quindi. Lo strumento nasce per evitare che le banche, che dispongono di liquidità non propria dei suoi risparmiatori, non vadano ad incidere troppo sulla spesa pubblica, cioè non siano a completo carico dello Stato nelle operazioni di salvataggio.

E così si tirano dentro i clienti delle banche. Quando una banca fallisce, si usano i fondi dei soci azionisti delle banche stesse. In seconda battuta vengono colpiti i soggetti che hanno investito nella banca, i semplici azionisti o obbligazionisti non soci. Infine si arriva ai normali risparmiatori.

Due scenari possibili se una banca chiude, i soldi in banca a rischio per i risparmiatori

Se una banca chiude e viene assorbita da un altro istituto di credito nessun problema. Se invece chiude del tutto, i risparmiatori che hanno meno di 100.000 euro in banca non rischiano nulla. I soldi verranno restituiti tutti alla chiusura definitiva della banca. Per i conti cointestati la soglia è di 200.000 euro.

In sostegno a questi risparmiatori arriva un fondo di garanzia che salvaguarda i risparmi presenti in una banca fallita. Se invece i correntisti hanno più di 100.000 euro sul conto, rischiano di rimetterci. Il bail-in infatti opera in un modo particolare. Ai correntisti che hanno oltre 100.000 euro sul conto corrente verrà restituita la somma esatta di 100.000 euro. Sarà la parte eccedente ad essere tagliate dell’8%. In buona sostanza, se una persona ha 300.000 euro in banca, perderà 16.000 euro dei suoi risparmi in un colpo solo, cioè l’8% di 200.000 euro, che è la parte eccedente i 100.000 euro sempre salvaguardati.

Bail in, ovvero gli investitori chiamati a salvare le banche – Parte II

Dopo aver fatto il punto ieri sulle caratteristiche del bail in, vediamo come funziona il fondo di Garanzia dei Depositi, attraverso delle semplici domande e risposte e con un video esaustivo.

Che cosa garantisce il fondo?

In pratica i depositi che la banca si è obbligata a restituire e gli assegni circolari. Quindi sono esclusi depositi e fondi rimborsabili al portatore, titoli, pagherò cambiari, accettazioni.

Fino a quale cifra il fondo rimborsa?

100mila euro per depositante.

Chi garantisce i depositi?

Non lo Stato, ma le stesse banche consorziate, che intervengono “a chiamata”, cioè in caso di necessità, e per quote di contribuzione proporzionate a quanto “assicurano” presso il fondo, cioè all’ammontare dei depositi tutelati, non agli attivi in generale. Può accadere che una piccola banca abbia molti conti deposito e che una grande banca ne abbia pochi. Il fondo quindi non ha una dotazione finanziaria propria, se non per le spese di funzionamento, ma interviene solo quando necessario, chiedendo alle consorziate di mettere a disposizione gli importi necessari a coprire il buco creato dalla consorziata in difficoltà.

Quante volte è intervenuto il fondo?

Raramente, solo nove in venticinque anni, sempre per banche a carattere locale e solo una volta la soluzione è stata il rimborso dei depositanti: negli altri casi si è proceduto alla cessione delle attività e delle passività, in pratica un altro istituto ne ha rilevato le quote.

Se una banca con depositi molto elevati dovesse essere posta in liquidazione coatta, le altre banche riuscirebbero ad avere le risorse sufficienti per rimborsare i depositanti? E se le banche in crisi dovessero essere più di una contemporaneamente o a cascata? Il fondo garantirebbe i depositi per tutti?

Di fatto, la tutela presenta parecchi punti deboli, che in caso di grave crisi del sistema bancario potrebbe non reggere l’impatto e non riuscire a far fronte agli impegni presi.

Una riflessione ulteriore riguarda le PMI, poiché anche i conti intestati a queste potranno essere chiamati a contribuire al salvataggio: molte aziende hanno liquidità temporanee e fluttuanti, per esigenze finanziarie legate a pagamenti ed esborsi, quindi potrebbero rischiare di trovarsi coinvolte nel dissesto della banca. Inoltre, a peggiorare la situazione, fino al 31 dicembre 2018, i depositi superiori a 100mila euro delle imprese contribuiscono alla risoluzione in ugual misura rispetto agli altri crediti non garantiti, quindi con un grado di rischio superiore ai normali depositi.

Oltre ai depositi fino a 100mila euro sono esclusi dal bail-in:

– passività garantite (covered bonds e altri strumenti garantiti);

– passività derivanti dalla detenzione di beni della clientela (come il contenuto delle cassette di sicurezza) o in virtù di una relazione fiduciaria (come i titoli detenuti in un conto apposito);

Ma il bail in si può applicare anche a strumenti sottoscritti prima dell’1 gennaio 2016, quindi attenzione anche a quello che si è sottoscritto in passato: meglio controllare a quale rischio si può essere effettivamente coinvolti.

dott. Marco Degiorgis – Consulente patrimoniale indipendente, Studio Degiorgis

Bail in, ovvero gli investitori chiamati a salvare le banche – Parte I

Non si tratta di un prelievo forzoso, ma di una corresponsabilità degli investitori nella gestione della banca, senza troppe distinzioni tra capitale di rischio e capitale di debito.

Dal 1 gennaio 2016 è stata recepita anche in Italia la direttiva europea BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive) che regolamenta le crisi bancarie e disciplina anche il salvataggio dall’interno (bail in) delle banche in fallimento.

In pratica che cosa succede? Se una banca ha gestito male le proprie risorse finanziarie e non riesce più a far fronte ai propri debiti, non sarà più lo Stato ad intervenire (bail out), ma la banca stessa dovrà provvedere a risanare la situazione con risorse interne, anche con i soldi dei clienti.

E’ una norma di equità rispetto alle imprese, per incentivare le banche ad evitare gestione spericolate. Aumenta però il rischio per gli investitori. Attenzione quindi sia a sottoscrivere prodotti emessi dalla banca sia a lasciare il denaro sul conto corrente o in conti deposito.

La procedura di risoluzione, vera novità della direttiva, sarà l’alternativa alla liquidazione coatta amministrativa, che corrisponde invece al fallimento per le imprese.

La Banca d’Italia è l’unico soggetto che potrà intervenire preventivamente al fine di evitare il dissesto, ad esempio con piani di risanamento, sostituendo gli organi amministrativi e di controllo, avviando l’amministrazione straordinaria, ma potrà farlo anche successivamente:

– vendendo una parte dell’attivo;

– trasferendo temporaneamente le attività e passività a una banca veicolo in vista di una successiva cessione sul mercato o ad una bad bank per gestirne la liquidazione;

– applicando il bail in.

Il bail in coinvolge anche i clienti della banca, a diverso titolo.

– Azioni e altri strumenti finanziari assimilati al capitale, come le azioni di risparmio e le obbligazioni convertibili

– Titoli subordinati senza garanzia; crediti non garantiti, come le obbligazioni bancarie non garantite

– Depositi superiori a 100mila euro di persone fisiche e Pmi, solo per la parte eccedente i 100mila.

Con il bail-in il capitale della banca in crisi viene ricostituito mediante l’assorbimento delle perdite da parte di azioni e altri strumenti finanziari posseduti dagli investitori della banca: questi ultimi titoli finanziari potrebbero subire una riduzione, anche totale, oppure una conversione in azioni come nel caso delle obbligazioni subordinate. Se tale riduzione non bastasse, analogo trattamento potrebbe essere riservato alle obbligazioni non garantite. In ogni caso, l’eventuale perdita per i creditori della banca non potrà essere mai superiore al valore depositato.

La gerarchia è obbligata, nel senso che prima verranno intaccati gli strumenti più rischiosi, quindi le azioni, poi i titoli subordinati e così via, lasciando come ultima possibilità i depositi. I depositi si intendono per persona, quindi se la stessa persona ha più conti o ha conti cointestati, il valore da cui si calcolerà l’eccedenza sarà il totale intestato alla persona. In pratica, se c’è un solo conto e cointestato, fino a 200mila euro il conto non sarà soggetto al bail in.

Se invece ci saranno più conti intestati alla stessa persona e se la somma dei medesimi sarà superiore a 100mila euro, saranno colpiti dal bail in.

Invece conti correnti, conti deposito (anche vincolati), libretti di risparmio, assegni circolari e certificati di deposito nominativi sono tutelati dal fondo di Garanzia dei Depositi, a cui aderiscono tutte le banche operanti in Italia e che interviene nel caso una delle consorziate venga posta in liquidazione coatta amministrativa.

Vedremo domani, alcune caratteristiche del fondo di Garanzia dei Depositi e faremo una riflessione su bail in e PMI.

dott. Marco Degiorgis – Consulente patrimoniale indipendente, Studio Degiorgis