Prestiti alle imprese? Meglio i titoli di stato

Come sempre accade, anche quando si parla di imprese il bicchiere si può vedere mezzo pieno o mezzo vuoto. Prendiamo i prestiti alle imprese. Secondo i dati presentati dall’Ufficio studi della Cgia, se da un lato il crollo dei prestiti alle imprese sta rallentando, dall’altro per le banche si è registrata un’impennata delle sofferenze che ha avuto sui prestiti alle imprese un riflesso negativo.

Entrando nello specifico delle cifre, da ottobre 2013 a ottobre 2014, i prestiti alle imprese hanno subito un calo di 6 miliardi (pari al -0,7%), mentre dalla fine di ottobre 2011, da quando la stretta dei prestiti alle imprese (o credit crunch) è iniziata, la stretta è di 95 miliardi di euro (-9,4%). Ebbene, nello stesso periodo (ottobre 2013-ottobre 2014) le sofferenze sono cresciute del 25,5% (29 miliardi), mentre dall’ottobre 2011 siamo nell’ordine dell’85,6 di crescita (66 miliardi).

Naturalmente, di fronte a questo scenario le banche hanno deciso di ridurre i prestiti alle imprese privilegiando gli investimenti in Bot, Btp, Cct e Ctz da ottobre 2011 a ottobre 2014 si è passati da uno stock di asset governativi di 208,6 miliardi a 414,3 miliardi. Acquistati con i soldi (255 miliardi) che la Bce ha erogato a tassi vantaggiosissimi alle banche affinché li immettessero nella economia reale. Leggi, effettuassero prestiti alle imprese.

Secondo il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi, “è ancora prematuro stilare un giudizio definitivo. Comunque, secondo i dati di via Nazionale riportati qualche settimana fa dalla stampa specializzata, nello scorso mese di ottobre le banche italiane hanno investito 18,4 miliardi di euro in Btp che rappresentano il 70 per cento dei 26 miliardi di euro che hanno preso in prestito dalla Bce nell’asta TLTRO del settembre scorso. Cosa che non è passata inosservata a Francoforte, visto che Mario Draghi ha annunciato che in occasione delle prossime aste i prestiti dovranno essere assolutamente erogati a famiglie e imprese. Un invito che speriamo sia seguito alla lettera dai nostri istituti di credito”.

Inutile dire che i prestiti alle imprese sarebbero la priorità per cercare di far ripartire l’economia ed evitare i fallimenti. Ma dalla Cgia sono comunque realisti. “Questa operazione non va demonizzata – conclude Bortolussi -. A seguito di questi copiosi investimenti nei titoli di Stato ci siamo riappropriati del nostro debito pubblico che 4 anni fa era per il 40,4 per cento nelle mani degli investitori stranieri; oggi, invece, tale quota è scesa al 34 per cento. Certo, a seguito della contrazione degli impieghi non sono state poche le attività che hanno chiuso i battenti. Pertanto è necessario cambiare rotta”.

Artigiani, dai Confidi sempre meno finanziamenti

Secondo quanto emerge da una ricerca sullo stato del credito realizzata da Fedart Fidi (Federazione nazionale unitaria dei Confidi dell’artigianato), dal 2010 ad oggi è stato sempre meno denaro il denaro erogato dalle banche ad artigiani e Pmi, con una evidente contrazione dei finanziamenti bancari che beneficiano della garanzia dei Confidi. La stretta è stata solo in parte compensata da un impegno più elevato dei Confidi, che per la prima volta negli ultimi anni hanno aumentato la quota di garanzia rilasciata.

Secondo la ricerca, i Confidi aderenti a Fedart hanno in essere quasi 14 miliardi di finanziamenti garantiti, ma quelli erogati nel 2013 sono stati pari a soli 5 miliardi (rispetto ai 6 del 2012) e la tendenza negativa prosegue anche con l’analisi dei dati al 30 giugno 2014. Si rende quindi sempre più necessario un intervento pubblico a sostegno di un sistema che svolge, per sua natura, una funzione di natura pubblicistica.

Se da una parte vi è un tasso di sofferenza che per la prima volta dall’avvio della crisi ha toccato valori a due cifre anche per i Confidi, oltre che per il comparto artigiano (12,5% per i primi, 15,9% per il secondo), i bilanci delle strutture risentono di rettifiche che assorbono del tutto i ricavi generati dalla garanzia collettiva dei fidi.

Il paradosso sta quindi tutto qui. Se da una parte i Confidi sono centrali per finanziare le imprese che hanno possibilità di sviluppo, dall’altra si trovano ad avere necessità di credito per portare avanti i propri obiettivi sul mercato.

Fondi per le imprese che fanno investimenti in Vietnam

I soldi per le imprese ci sono ma non vengono sfruttati. Intesa Sanpaolo, UniCredit, BNL, UBI Banca e Banca Popolare dell’Emilia Romagna hanno messo a disposizione delle imprese 800 milioni di euro per finanziare le esportazioni e gli investimenti in Vietnam. Si tratta di cinque dei principali gruppi bancari che rappresentano circa il 60% del settore in termini di totale attivo.

Il dato interessante è che del plafond di crediti messo a disposizione dalle banche in questione, circa il 39% è stato utilizzato per progetti, iniziative di business e investimenti in Vietnam, mentre il 61% è ancora disponibile per sostenere nuove attività imprenditoriali in quest’area. Inoltre, il 56% del plafond è impegnato in operazioni a breve, mentre il rimanente 44% è allocato sul medio-lungo termine.

Oltre alle linee di credito, gli imprenditori che operano e fanno investimenti in Vietnam possono avvalersi dell’assistenza che due tra i maggiori gruppi italiani già presenti ad Hanoi e Ho Chi Minh con uffici di rappresentanza possono dare. Gli imprenditori italiani, inoltre, possono contare anche sul supporto fornito da una banca italiana attraverso la capogruppo estera, presente sul territorio con una filiale e un ufficio di rappresentanza. Vi sono infine numerosi accordi di collaborazione con le principali banche vietnamite per agevolare gli investimenti in Vietnam e per garantire ai clienti italiani l’accesso privilegiato ai servizi bancari locali.

Imprese, accesso al credito sempre più difficile

L’allarme lanciato da Rete Imprese Italia è uno di quelli che non può lasciare indifferenti: secondo i dati dell’Osservatorio nazionale sul credito delle Pmi relativi al terzo trimestre 2012, permane elevatissima la quota di imprese che non riesce a ottenere il credito di cui ha bisogno.

Si registra una riduzione nel terzo trimestre del 2012, rispetto al trimestre precedente, della percentuale delle piccole imprese che si sono rivolte alle banche per richiedere un nuovo prestito o la rinegoziazione di un prestito preesistente (15,4% rispetto a 21,7%). Tale dinamica trova conferma anche per le imprese artigiane (13,1% rispetto a 19,2%). Inoltre, il 30,8% delle piccole imprese ha ottenuto un ammontare pari o superiore rispetto a quello richiesto, contro il 36,5% del trimestre precedente. Il 13,7% ha ottenuto un ammontare inferiore rispetto a quello richiesto, contro il precedente 25,3%. Il 22,1% (rispetto al precedente 11,1%) ha visto rifiutata la propria domanda di credito.

Dopo diversi trimestri inizia anche a ridursi la cosiddetta “area di irrigidimento”, costituita dalla somma delle imprese che si sono viste accordare un credito inferiore, rispetto a quello richiesto, e da quelle alle quali il credito è stato rifiutato. Nel 3° trimestre 2012 l’area del credit crunch ha interessato il 35,8% delle piccole imprese, contro il 36,4% del 2° trimestre. Tale area, confermando le aspettative, è più ampia nelle regioni del Centro e del Sud.

La cosiddetta “area di stabilità”, costituita dalle imprese che hanno visto accogliere la propria domanda di credito secondo un ammontare pari o superiore alla richiesta, caratterizza le regioni del Nord (in particolare quelle del Nord Ovest), in misura circa cinque volte superiore alla media del Centro, Sud e Isole. In termini di finalità della richiesta del finanziamento, si osserva una generalizzata crescita delle esigenze di liquidità e cassa da un lato e di ristrutturazione del debito dall’altro, a scapito delle esigenze di investimento. Gli interventi creditizi sono pertanto finalizzati principalmente a consentire la semplice e ordinaria
gestione delle attività.

Sul fronte dei finanziamenti in essere, al 30 giugno 2012, i prestiti bancari ai settori produttivi domestici erano pari a 978.492 milioni di euro, in diminuzione del 2,5% su base annua (- 24.925 milioni di euro), con una leggera crescita del peso dei prestiti a medio/lungo termine a discapito di quelli a breve termine. Il 14,9% dei suddetti prestiti bancari è in favore delle imprese del “Commercio” ed il 6,1% di quelle del “Turismo”. Aggiungendo a tali percentuali la quota delle imprese artigiane che non rientrano nei settori già considerati, pari al 4,1%, si raggiunge il 25,1%, rappresentativo della quota complessiva dei prestiti bancari a favore delle imprese riconducibili a Rete Imprese Italia, pari a circa la metà del contributo che tali imprese apportano al valore aggiunto ed all’occupazione.

Di conseguenza, è peggiorata la capacità degli operatori di fare fronte al proprio fabbisogno finanziario, ossia sono aumentate le imprese in difficoltà nell’effettuare i propri pagamenti (- 41% dal -33,7% del 2° trimestre). In particolare, sono le ditte individuali a manifestare le maggiori difficoltà, ma anche le altre tipologie d’impresa hanno fatto registrare un significativo deterioramento. In questo quadro, le imprese del Nord Ovest presentano la situazione migliore, come pure quelle dell’Italia Centrale. Dall’analisi settoriale emergono in forte sofferenza le imprese del settore del turismo e quelle manifatturiere, mentre segnali di recupero si osservano nel comparto delle imprese dei servizi e – in misura inferiore – in quello delle costruzioni.

Banca e impresa, prove di dialogo online

di Davide PASSONI

Da qualche settimana a questa parte, Bnl spinge la comunicazione pubblicitaria sulla propria iniziativa Mestiere Impresa. Radio, tv, internet, affissioni, con messaggi nei quali passano le storie di piccoli imprenditori “veri” che raccontano di come hanno potuto sviluppare il proprio business grazie al supporto della banca. Niente da dire, gli spot sono ben fatti e i 6 video che raccontano altrettante storie d’impresa, ancora meglio: nulla di strano se alle spalle ci sono Tbwa\Italia e Shootin’Gun. Però… Però la voglia di capirne di più ci è venuta; del resto, tutti i giorni noi di Infoiva scriviamo d’impresa, parliamo con gli imprenditori e sappiamo quanto, in questo momento, per molti di loro i rapporti con le banche siano tutt’altro che rilassati… Possibile che per Bnl e le sue imprese clienti sia tutto rose e fiori? Che strategie commerciali ci sono dietro all’iniziativa? Insomma, viva le storie d’impresa ma, alla fine… Bnl che cosa vuole venderti?

Nulla. Siamo noi che, come al solito, pensiamo male, pare. Dall’ufficio stampa di Bnl precisano subito che Mestiere Impresa nasce come una “piattaforma” realizzata per aprire un canale di sostegno e di relazione con l’impresa: quello che la banca fa normalmente, ci dicono. Il passaggio in più è la creazione di una via di comunicazione strutturata, nella quale alcuni esperti (per ora interni a Bnl, poi anche esterni) possono rispondere alle domande che l’imprenditore pone attraverso la rete. Domande molto pratiche, di business, per le quali ci si aspettano risposte pratiche, di business. Il fine di Mestiere Impresa non è vendere un prodotto ma aprire un canale privilegiato di ascolto, comunicazione e confronto tra banca e impresa. Anche verso aziende non clienti di Bnl nonostante, per ovvi motivi, i protagonisti dei video siano clienti dell’istituto.

Delusi? No, stupiti. Perché, come detto, quando si parla di rapporto banche-imprese siamo portati a pensare male e l’uscita di Mestiere Impresa, in un momento delicato come l’attuale, ci sembrava un’operazione “simpatia” messa in campo da un grosso istituto di credito per reagire a un clima di diffidenza e sfiducia che caratterizza le banche agli occhi delle aziende. Del resto, sono molti gli istituti di credito che hanno delle business unit dedicate specificamente alle piccole imprese con a portafoglio prodotti finanziari ad hoc, salvo poi applicare delle condizioni molto pesanti, quando non proibitive, per l’accesso al credito. E invece no, da Bnl ci invitano a mettere da parte la malizia e a pensare a Mestiere Impresa solo come a “un luogo virtuale, ma con l’obiettivo reale e concreto di offrire agli imprenditori informazioni ed aggiornamenti, appuntamenti di loro interesse e tutto quello che può essere utile per renderli sempre più consapevoli anche per affrontare le sfide che il mercato italiano e quelli internazionali presentano loro quotidianamente“. Già la qualità dei video (non certo realizzabili in pochi giorni) fa capire che il progetto era in gestazione da tempo.

Bene, tutto molto chiaro. Ma, a fronte di 6 storie “a lieto fine”, quanti saranno gli imprenditori che con la banca hanno avuto problemi più o meno grandi e si sentiranno in dovere di dire la loro, sul sito o nei forum, contestando la linea editoriale di Mestiere Impresa? Accontentare tutti è impossibile, nella vita come nell’impresa. Un consiglio amichevole a Bnl; si attivi in maniera seria anche su questo fronte, come ha fatto con profitto su quello della promozione dell’iniziativa: un solo feedback negativo può fare più danni di quanti benefici possano portare 50 video con storie positive. Visto l’investimento in termini di creatività e, pensiamo, in termini finanziari, sarebbe un peccato per la banca, se succedesse.

Confindustria alle Banche: stop alla clausole unilaterali

È stata Confindustria a chiedere lo stop delle clausole unilaterali delle banche verso i le imprese,  e di questo tratta l’emendamento al Decreto Legge Sviluppo, che ha già passato il vaglio di ammissibilità nelle commissioni Bilancio e Finanze della Camera.

La possibilità concessa alle banche di modificare unilateralmente i contratti di mutuo sottoscritti dalle imprese sarà rivista e corretta.

Per quanto riguarda i nuovi contratti di mutuo, o finanziamenti di lunga durata, l’ipotesi è quella di introdurre una clausola in cui le parti indicano chiaramente quali potranno essere le clausole contrattuali oggetto di modifica, ovvero i casi in cui è possibile rivedere le condizioni del finanziamento a partire dai tassi di interesse.