Intesa Sanpaolo sbarca a Londra e strizza l’occhio agli azionisti

Nei giorni scorsi Intesa Sanpaolo ha avviato a Londra le attività della nuova filiale della Divisione Private Banking del Gruppo, la prima divisione completamente dedicata alla clientela private operante in UK.

Alla presentazione della sede londinese della divisione c’erano l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, e l’amministratore delegato e direttore generale di Fideuram – Intesa Sanpaolo Private Banking, Paolo Molesini.

Entrambi hanno sottolineato che l’apertura della nuova filiale prosegue il percorso di sviluppo della divisone, avviato con il recente rilancio delle attività in Svizzera. Lo sbarco di Fideuram – Intesa Sanpaolo Private Banking nella principale piazza finanziaria europea dimostra la volontà del gruppo di incrementare il valore già considerevole delle masse amministrate dalla divisione: 184,2 miliardi di euro, che pongono Fideuram – Intesa Sanpaolo al primo posto in Italia e al quarto in Europa in questo settore.

La presentazione della filiale è stata anche l’occasione per Messina di fare il punto sull’esercizio 2015 di Intesa Sanpaolo, con un occhio agli azionisti. Il Ceo ritiene infatti che il monte dividendi di 2 miliardi promesso agli azionisti possa essere ragionevolmente incrementato, nonostante il forte impatto che su Intesa Sanpaolo ha avuto la partecipazione al salvataggio delle 4 banche italiane in crisi tramite il Fondo risoluzione.

Noi abbiamo 2,7 miliardi di utile già fatto nei 9 mesi – ha affermato l’ad di Intesa Sanpaolo – e sinceramente credo che ci sia ancora spazio per puntare a rendere felici i nostri azionisti. Vedremo l’ammontare del dividendo sulla base dei risultati di fine anno e soprattutto delle decisioni del consiglio. Comunque confermo che 2 miliardi di euro sono il dividendo minimo e se le condizioni lo consentiranno ci permetteranno di superarlo“.

Banche italiane, in 3 anni persi 100 miliardi di prestiti

Come segnala rapporto mensile dell’Abi,l’associazione di settore del mondo bancario e finanziario italiano, la sofferenza bancaria continua a crescere nel nostro Paese. A marzo, secondo il rapporto di Palazzo Altieri, “risalgono a 80,9 miliardi di euro i crediti sofferenti netti, dopo la discesa nei 2 mesi precedenti, mentre quelle lorde arrivano a 189,52 miliardi, quasi il 12% del pil, pari al 9,8% degli impieghi, in netto aumento dall’8,6% dello stesso mese del 2014 e dal 2,8% di fine 2007, ultimo anno prima dello scoppio dellacrisi finanziaria. Le sofferenze salgono al 16,7% tra le imprese, mentre tra le famiglie sono al 7,1%”.

Non solo cattive notizie perché il rapporto, tra le altre cose, rileva un “netto miglioramento dei nuovi prestiti alle imprese nel primo trimestre dell’anno, per una crescita dell’8,1%, mentre è vero boom per i mutui concessi alle famiglie (+50%)”. L’abbassarsi degli spread a seguito del Quantitative easing, come dicono gli esperimenti, della Bce ha portato in basso anche i tassi: quello medio sui prestiti è al 3,54% e quello dei mutui per la casa al 2,64%.

Business in Egitto? Ecco i finanziamenti

In nord Africa il momento attuale non è dei migliori per fare affari, con la Libia sotto scacco dell’Isis e molti Paesi alle prese con la minaccia terroristica. Per chi vuole fare business in Egitto, però, c’è un’interessante opportunità.

L’Abi ha infatti rilevato che le banche italiane hanno messo a disposizione 1,2 miliardi per sostenere l’operatività commerciale e finanziaria delle imprese nei settori ad alto potenziale del mercato egiziano, per fare business in Egitto.

Il dato, presentato nei giorni scorsi al Forum economico tenutosi al Cairo, in occasione della missione di sistema organizzata da banche, imprese e Istituzioni, dimostra l’attenzione delle banche italiane per le imprese che vogliono fare business in Egitto.

Alla missione ha infatti partecipato una delegazione di cinque dei principali gruppi bancari, che rappresenta circa il 60% del mondo bancario italiano in termini di totale attivo e circa il 60,5% in termini di sportelli: Intesa Sanpaolo, UniCredit, Ubi Banca, Monte dei Paschi di Siena, Ubae. “

Del plafond dei crediti messo a disposizione dalle banche italiane per le aziende che puntano al business in Egitto – 1205,9 milioni di euro – fino ad oggi è stato impiegato solo il 30%, di cui il 25 % (pari a 184,2 milioni di euro) sul breve termine. Oltre alle linee di credito, gli imprenditori che fanno business in Egitto possono avvalersi dell’assistenza degli istituti in loco, poiché una delle banche è direttamente presente in Egitto attraverso una controllata e due tra i maggiori gruppi italiani hanno uffici di rappresentanza al Cairo.

Durante gli incontri di business, le cinque banche italiane partecipanti alla missione hanno messo a disposizione altrettanti desk di assistenza, per supportare le imprese italiane ed egiziane nell’individuazione delle soluzioni finanziarie più adatte per realizzare nuove operazioni di business in Egitto.

Mutui in aumento, ma ancora non si vedono benefici

Ottenere un mutuo, per una giovane coppia con un solo stipendio a tempo indeterminate, è pressoché impossibile e questo impedisce nella maggior parte dei casi di costruirsi una propria vita.
Senza prestiti, infatti, ormai nessuno può permettersi di acquistare casa, o di ristrutturarla, e così, addio progetti per il futuro.

Si tratta di una situazione oggettiva, che offre ben pochi margini di speranza, ma Abi, l’Associazione delle banche italiane, sostiene che nei primi otto mesi dell’anno i mutui erogati alle famiglie italiane sono cresciuti.

I dati analizzati dall’Associazione hanno preso in considerazione 84 banche, le quali hanno erogato, tra gennaio ed agosto oltre 15,6 miliardi di euro di mutui con un aumento del 28,6% sullo stesso periodo del 2013, come ha confermato Abi in un comunicato: “i dati relativi ai primi otto mesi del 2014 evidenziano la ripresa del mercato dei finanziamenti alle famiglie per l’acquisto delle abitazioni”.

Ma si tratta di numeri che riguardano chi ha buone basi di partenza, mentre chi ne ha veramente bisogno, poiché senza ormai liquidità, fa ancora fatica ad ottenere un prestito da qualsiasi istituto di credito.

L’ammontare delle nuove erogazioni di mutui nel 2014 è superiore anche al dato dei primi otto mesi del 2012, quando si attestarono sui 13,924 miliardi di euro.

In aumento sono in particolare i mutui a tasso variabile, che rappresentano, nei primi otto mesi del 2014, il 79,7% delle nuove erogazioni complessive; tale valore era del 77,2% nello stesso periodo del 2013 e del 69,1% nei primi otto mesi del 2012.

Vera MORETTI

Intesa Sanpaolo preferita da Credit Suisse

Credit Suisse ha effettuato un’indagine particolareggiata sulle banche italiane e ne è emerso, che, se da una parte i progressi sono molto lenti, dall’altra non sono stati registrati passi indietro.

Nel report, tra le altre cose, si auspica ad una flessione del 20-30% dei costi di finanziamento nel 2014-2016 ed anche un graduale calo degli accantonamenti su crediti.

Facendo i nomi degli istituti di credito del Belpaese, in cima al rating c’è ancora Intesa Sanpaolo, saldamente al comando grazie ai più forti ritorni e ad una maggiore flessibilità del capitale.

Sempre secondo Credit Suisse, Ubi Banca è considerata a buon mercato e rappresenta una valida alternativa nel lungo termine mentre Unicredit rimane neutral data l’incertezza nell’area dei paesi Cee compensata sia dalla ripresa italiana sia da una posizione di capitale della banca rafforzata.

Tra i fanalini di coda, ecco Monte dei Paschi di Siena, sebbene rimanga neutral in scia al ridotto rischio di ulteriori requisiti di capitale.

Vera MORETTI

Le banche italiane schiacciate dalla pressione fiscale

Nel dossier consegnato da Abi al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan è emerso che la pressione fiscale sulle banche italiane e sulle banche estere operanti in Italia è superiore almeno del 15% rispetto agli altri mercati europei.

Alla luce di questi dati, ma soprattutto in vista dell’Unione bancaria e della maggiore integrazione del mercato finanziario europeo, i banchieri chiedono che venga garantito :”un terreno di gioco livellato per le banche che operano in Italia, rimuovendo le numerose penalizzazioni che oggi contribuiscono gravemente a comprimere la redditività delle banche e, per questa via, la loro capacità di svolgere il loro ruolo di sostegno all’economia e alla crescita“.

Antonio Patuelli, presidente di Abi, ha precisato, nel messaggio contenuto nel dossier, che non sono privilegi quelli che la categoria richiede, ma, piuttosto, che non ci siano discriminazioni, neppure di natura fiscale, tra banche italiane ed europee. Questo perché “con forti difformità fiscali in Europa esploderebbero contraddizioni con ricadute gravi per economia ed occupazione“.

Tra i nodi fiscali che maggiormente pesano sulle banche c’è l’applicazione di una addizionale Ires di 8,5 punti percentuali per il periodo di imposta 2013, che ha portato l’aliquota complessiva Ires dovuta dalle banche al 36%, rispetto alla misura ordinaria prevista per le altre imprese che è rimasta ferma al 27,5%.

Dito puntato anche contro le penalizzazioni che riguardano i prodotti, ricordando che dal primo luglio di quest’anno sarà applicata la nuova aliquota del 26%, destinata a sostituire quella del 20% applicabile alla generalità dei prodotti di risparmio, con l’eccezione dei titoli di stato e di quelli ad essi equiparati ai fini fiscali.

A questo proposito, si legge nel documento: “La nuova maggiore aliquota rischia inevitabilmente da un lato, di amplificare alcune criticità dell’impianto normativo, e dall’altro, di disincentivare sempre di più l’afflusso di capitali esteri nel nostro Paese“.

L’Abi si chiede infine se non siano maturi i tempi per una vera riforma “che abbandoni il meccanismo della tassazione secca proporzionale per riportare i redditi di natura finanziaria nella base imponibile con tassazione ad aliquote progressive“.

C’è inoltre da ricordare che le banche italiane, contrariamente a quelle europee, negli anni della crisi non hanno beneficiato di aiuti pubblici, per non pesare sui contribuenti.
In Italia gli aiuti sono ammontati a 6,3 miliardi di euro, lo 0,4% del pil, cifra ben inferiore rispetto agli 83 miliardi della Gran Bretagna, 63,7 miliardi della Germania, 62 miliardi dell’Islanda e 60 miliardi della Spagna.

Nonostante la crisi, lo sforzo di ricapitalizzazione, che é volto in ultima analisi a mettersi in condizioni di poter erogare maggior credito quando qualità e quantità della domanda lo consentiranno, è stato interamente sostenuto dal settore e dai suoi azionisti: nel complesso, negli ultimi sei anni, oltre 40 miliardi di euro di incremento di capitale tra operazioni realizzate e in corso.

Vera MORETTI

Accesso al credito: la tendenza negativa sta per invertirsi

Le condizioni di accesso al credito sempre più difficoltose hanno reso l’Italia sempre meno competitiva, e questo, ormai, è un dato di fatto.
Sembra, però, che ora qualcosa si stia muovendo e che i muri invalicabili delle banche si stiano aprendo, anche se debolmente.

A dimostrarlo, sono due indagini condotte da Banca d’Italia e Bce.
Secondo Bankitalia, infatti, dopo un secondo semestre in cui le politiche di “offerta dei prestiti alle imprese sono divenute lievemente più restrittive, riflettendo principalmente prospettive sfavorevoli per l’attività economica e un connesso maggiore rischio di credito“, il terzo trimestre potrebbe svelare una nuova tendenza.

Non si tratta, comunque, di una vera e propria svolta, poiché le banche hanno ancora offerto i prestiti a condizioni peggiori rispetto al trimestre precedente, ma “nelle valutazioni prospettiche degli intermediari l’irrigidimento delle condizioni di offerta si interromperebbe nel trimestre in corso“.
Ad interrompersi, questa volta davvero, è l’irrigidimento delle condizioni d’offerta dei prestiti alle famiglie, in particolare per l’attivazione di mutui, come conseguenza di una lieve ripresa del mercato immobiliare,

Ad essere interpellati per l’indagine, sono stati otto tra i maggiori istituti di credito italiani, i quali hanno tutti sottolineato come la fiacchezza degli investimenti e la bassa fiducia dei consumatori siano stati elementi preponderanti per il peggioramento delle condizioni di accesso al credito.
Le previsioni per il trimestre in corso rimangono, secondo le banche, ancora negative, anche se le condizioni di accesso ai finanziamenti stanno migliorando, grazie all’allentamento delle tensioni per quanto riguarda il debito.

La ricerca condotta da Bce, invece, pone l’attenzione su un’altra criticità: “le politiche per l’offerta dei prestiti alle imprese sono divenute nel secondo trimestre 2013 lievemente più restrittive riflettendo le prospettive sfavorevoli dell’economia e il maggior rischio di credito“.
Ma anche l’indagine Bce riconosce alcuni segnali positivi relativi al trimestre in atto: “Nelle valutazioni prospettiche degli intermediari l’irrigidimento delle condizioni di offerta si interromperebbe nel trimestre in corso“.

Vera MORETTI