Si può entrare in un bar senza consumare?

Quante volte ci è capitato di entrare in un bar e notare che c’era qualcuno seduto che non consumava? L’amico un po’ troppo attento alle finanze in fondo lo abbiamo tutti. Quante volte gli esercenti hanno avuto la fatidica domanda “Posso usare il bagno?” e poi hanno visto il “non cliente” andare via? E allora la domanda che tutti si fanno è: posso entrare al bar senza consumare? Oppure, posso sedermi ai tavolini all’aperto del bar senza ordinare nulla? Cerchiamo di capire.

Bar, un luogo aperto al pubblico in cui si entra per consumare

Diciamo subito che per una questione di cortesia, quando qualcuno entra in un bar, si accomoda e non consuma, generalmente si è un po’ infastiditi, si guarda di traverso la persona ma non si dice nulla per il semplice fatto che magari sono presenti altri clienti e non si vuole fare la figura dei gestori scortesi, perché magari si spera che il cliente possa tornare un’altra volta, magari in compagnia e consumare, oppure perché si ha paura di una cattiva recensione, ma in realtà tale comportamento dal punto di vista legale è permesso?

La prima cosa da fare è definire il bar, si tratta di un luogo aperto al pubblico, quindi è accessibile a tutti, ma seguendo alcune condizioni, insomma sedersi al tavolino del bar senza consumare comunque implica che si usufruisce di un servizio e in teoria almeno si dovrebbe pagare il coperto. Insomma sedersi davanti a un bar, non consumare, alzarsi ed andarsene non è corretto neanche dal punto di vista legale.

Per capire la differenza si può pensare ad un luogo pubblico, ad esempio la piazza, in questo caso si può usufruire dei servizi (sedersi su una panchina senza pagare) perché trattasi di un luogo liberamente fruibile.

Non si può entrare in un bar senza consumare

Dalla premessa fatta consegue che il titolare, o chi ne fa le veci in un determinato momento, può cacciare dal bar il cliente che non consuma, non paga o in una qualunque altra situazione il cliente risulti molesto.

Lo stesso discorso può essere fatto per il bagno del bar, il “non cliente” non può chiedere di usufruirne senza aver consumato e senza intenzione di consumare o comunque pagare il servizio di cui usufruisce.

D’altronde l’articolo 187, regolamento attuazione T.u.l.p.s. ( Testo unico leggi pubblica sicurezza) stabilisce che esercenti non possono, senza un legittimo motivo, rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo, ma è appunto previsto il pagamento di un prezzo.

In sintesi, che il gestore del bar faccia valutazioni di opportunità e decida di non cacciare il “non cliente” non vuol dire che lo stesso abbia il diritto di entrare, sedersi, usufruire dei servizi.

Bar e ristoranti, contributi fino a 30mila euro per macchinari professionali

A favore del settore della ristorazione sono in arrivo i contributi a fondo perduto fino a 30 mila euro per comprare macchinari professionali. Bar e ristoranti hanno la possibilità di coprire fino al 70% del prezzo di acquisto dei macchinari senza incidere sulle imposte. Le risorse stanziate dal governo ammontano a 56 milioni di euro. I fondi sono distribuiti in 25 milioni di euro per l’anno in corso e 31 milioni per il prossimo anno.  In particolare, gli incentivi sono stati predisposti dal ministero per le Politiche agricole alimentari e forestali a sostegno delle aziende che operano nella ristorazione.

Beni durevoli e innovativi a bar e ristorante: c’è l’incentivo del 70% entro il limite di 30mila euro

I 56 milioni di euro saranno assegnati a bar e ristoranti come copertura delle spese effettuate, fino al 70% del costo, per un tetto massimo dei macchinari acquistati di 30 mila euro per ciascuna azienda. Le spese ammissibili riguardano la fornitura di macchinari professionali e di altri beni strumentali. Si tratta di beni che dovranno possedere due caratteristiche: essere innovativi e durevoli. I riferimenti normativi della misura sono contenuti nella Gazzetta ufficiale numero 155 del 5 luglio scorso. La misura di riferimento è il decreto del ministero per le Politiche agricole alimentari e forestali del 29 aprile scorso.

Chi può beneficiare degli incentivi per l’acquisto di beni durevoli riservati a bar e ristoranti?

Ammessi al finanziamento per l’acquisto di macchinari e beni durevoli sono le aziende che svolgono, in maniera prevalente, le attività indicate dai codici Ateco:

  • 56. 10, relativa ai servizi di ristorazione mobile;
  • 56.21, inerente la fornitura di pasti preparati e catering per gli eventi;
  • 56. 30, attività dei bar e gli altri servizi inerenti che non abbiano la cucina.

I dettagli delle imprese che possono presentare domanda per gli incentivi sui macchinari sono relative alle comunicazioni inviate all’Agenzia delle entrate con il modello AA7 e AA9. Inoltre, le aziende che presentano domanda devono essere iscritte al Registro delle imprese da non meno di 10 anni.

Richiesta di incentivi per l’acquisto di macchinari: cosa fare se non si hanno i 10 anni di iscrizione al Registro delle imprese?

Se non si hanno i 10 anni di iscrizione al Registro delle imprese, per la richiesta degli incentivi le imprese devono aver comprato prodotti con certificazione:

  • Igp;
  • Dop;
  • Sqnz;
  • Sqnpi;
  • prodotti biologici nell’anno che precede la pubblicazione del decreto dello scorso aprile.

Contributi a fondo perduto sui macchinari bar e ristoranti: non incidono sulla base imponibile imposte e valore produzione

L’incentivo fino al 70% del costo dei macchinari sono erogati sotto forma di contributi a fondo perduto. Gli incentivi rientrano nella disciplina comunitaria, in materia di aiuti di Stato alle imprese, relativi alla sezione 3.1 del Temporary Framework. L’ottenimento del contributo fino al 70% entro il limite di costi di 30 mila euro, inoltre, non concorre a formare la base imponibile ai fini delle imposte sui redditi. Infine, l’ottenimento dei contributi non incide nemmeno sulla formazione del valore netto della produzione.

 

Vuoi aprire un bar? Ecco il seminario che fa per te

La maggiore diffusione dell’autoimprenditorialità è uno dei risvolti più evidenti della crisi economica. Molti sono coloro i quali, espulsi dal mercato del lavoro, vista la difficoltà di rientrarvi si sono messi in proprio, spesso nell’ambito della ristorazione o dei bar.

È dunque interessante, alla luce di queste dinamiche, il seminario “Come aprire un bar: lo start up d’impresa tra franchising, bandi e innovazione 2016”, in programma il 29 febbraio (ore 10-11.30 Sala Seminari, Padiglione 1 di Golositalia, Fiera del Garda di Montichiari, BS) nell’ambito della quinta edizione di Golositalia & Aliment, fiera dedicata al mondo del food e delle attrezzature professionali.

Il seminario è curato da Confesercenti Lombardia Orientale ed è destinato a quanti hanno in mente avviare una nuova attività nel mondo della somministrazione di alimenti e bevande, aprendo un bar.

Ci sono agevolazioni? Dove è meglio aprire un bar? Come conquistare e fidelizzare nuovi clienti? Tutte domande che frullano nella testa di chi si vede dietro il bancone di un bar di proprietà e alle quali proveranno a rispondere i relatori del seminario: Nicola Dambelli, consulente franchising e membro di giunta Federfranchising-Confesercenti, che parlerà de “La Ristorazione Italiana in franchising, situazione attuale, il futuro e i competitors internazionali”, e Mirko Costa, responsabile settore Turismo di Confesercenti Lombardia Orientale, che parlerà di “Start up, dal Business plan alle forme di finanziamento”. Perché per aprire un bar, oltre che la passione servono gli strumenti giusti.

“Rinviare la Tares? Un palliativo”

di Davide PASSONI

La Tares è il nuovo spettro fiscale per imprese e privati, inutile negarlo. E intorno alla nuova tassa sui rifiuti si è scatenato più di un polverone, tanto che la maggiorazione sulla tassa sui rifiuti è stata rimandata a dicembre e non con la prima rata prevista a maggio, che rimarrà invariata. Ma che cosa pensa chi con questa tassa avrà una pesantissima mazzata? Lo abbiamo chiesto a Lino Stoppani, presidente di Fipe.

Quanto vi lasciano soddisfatti le nuove scadenze che si vanno delineando per la Tares?
L’applicazione differita della Tares è un palliativo, visto il livello degli incrementi rispetto all’Imu. Significa solo rinviare un grande problema, che almeno impedisce un ingorgo fiscale pesantissimo con l’acconto Imu e l’aumento dell’Iva. Per cui piuttosto che niente meglio piuttosto, ma continuiamo a ritenere la Tares eccessivamente onerosa se considerata in rapporto alle tasse che sostituisce; è una soddisfazione per chi ha sempre chiesto il rinvio, speriamo che questo possa servire anche a rivederla dal profondo.

Era proprio necessario, a vostro avviso, il passaggio dalla Tarsu alla Tares?
Lo smaltimento rifiuti e la salvaguardia dell’ambiente sono grandi problemi, ma non possono sempre scaricarsi sulle tasche di aziende e famiglie, lo Stato deve avere l’intelligenza e la capacità di organizzarsi in altro modo per non aggravare una pressione fiscale già insostenibile.

E quindi?
Siamo produttori di rifiuti a tutti i livelli, è innegabile. E questa produzione è cresciuta nel tempo grazie al moltiplicarsi e al diversificarsi degli imballaggi, che pesano sui costi di smaltimento. Questo ha creato grandi investimenti e anche grandi problemi, tanto che la Tares dovrebbe servire anche a trovare soluzioni per questo problema. Prima si era pensato di legare l’importo della tassa agli effettivi consumi e “ingombri” del soggetto che produce i rifiuti; oggi si va per metri quadri disponibili, numeri di persone che compongono la famiglia, tipologia produttiva dell’azienda o dell’esercizio commerciale… Insomma, penso che la Tares porterà sollievo allo Stato ma disagi e costi aggiuntivi a famiglie e aziende.

Quali sono le preoccupazioni che, come Fipe, raccogliete dai vostri associati riguardo a questa nuova tassa?
C’è grande preoccupazione da parte dei nostri associati, sia sul lato imprenditoriale sia su quello dei bilanci familiari, loro e dei loro clienti.

Le stime di rincari nel passaggio Tarsu-Tares fatte per alcune tipologie di esercizi non rischiano di creare allarmismo eccessivo?
Per gli esercizi commerciali si ragiona di cifre importanti, le stime di Confcommercio parlano chiaro: una media del 60% in più per la maggior parte degli esercizi commerciali al dettaglio, con picchi per attività tipo ristoranti, +550%, bar, +70%, stazioni di servizio +170%.

Troppo…
Le cose vanno fatte con gradualità e, soprattutto, non gravando sempre sulle tasche dei cittadini e sui bilanci delle imprese.

A suo avviso, in generale, la tassa sui rifiuti urbani – indubbiamente alta – è compensata da una qualità del servizio di pari livello?
C’è ancora molto da fare, basti pensare alle emergenze periodiche che si ripropongono in varie città italiane. Sono molti i problemi non ancora risolti legati allo smaltimento dei rifiuti, perché ci sono resistenze, pregiudizi e cattiva informazione. Siamo molto indietro anche in termini di educazione, che parte dalla famiglia, da una corretta gestione della raccolta differenziata e da tutto il resto.

Quindi paghiamo per un servizio non all’altezza?
Anche in città come Milano – parlo della mia città -, un servizio di raccolta rifiuti puntuale, efficiente e ben erogato merita di essere pagato anche a prezzi superiori agli attuali, ma con questi livello di applicazione, quando si parla di maggiorazioni di 4 o 5 volte l’importo attuale, si sono superati tutti i limiti di sopportabilità economica.

Come Fipe avete intenzione di intraprendere delle iniziative specifiche?
Ci siamo già attivati con le osserazioni di cui sopra sui tavoli del ministero dell’Ambiente e con il governo. Abbiamo avuto risposte deludenti, o perché ci hanno detto che ci sono vincoli di bilancio, o perché sono state ricevute direttive dall’Europa…

Conclusione?
Ci troveremo, dopo l’Imu, anche la Tares e che pagherà sarà, alla fine, sempre il cliente. Se, come esercizio pubblico, vedo aumentare i costi, devo aumentare anche i prezzi finali al cliente. Già facciamo fatica adesso: comprimere ulteriormente la capacità di spesa dei consumatori e aumentare una situazione fiscale già a livelli mai visti sono azioni che fanno bene alle casse dello Stato ma non al Paese.

EcoBar 2.0, il bar innovativo ed ecologico

Sono molte le persone che vorrebbero aprire un locale ed offrire ai clienti servizi di bar e piccola ristorazione, ma spesso non si sa da che parte cominciare.
Esiste una realtà, che opera in franchising, che propone un’idea innovativa, basata sulla qualità dei prodotti proposti e su un layout accattivante.

Si chiama Eco Bar 2.0 ed offre una serie di proposte light in linea con le tendenze del momento.
Ma, tra le idee originali, ci sono anche gadget divertenti con il logo del locale e spazi ricreativi pensati per i bambini.

I franchisee che desiderano buttarsi in questa avventura possono beneficiare di una serie di supporti:

  • Tutto il know-how ed un manuale operativo relativo alla gestione del punto vendita;
  • Allestimento ed arredo dei locali, secondo un format di immagine comune;
  • Informazioni relative alle pratiche burocratiche da esplicare per l’apertura;
  • Assistenza nella ricerca della location pià adatta;
  • Progetto/rendering per la realizzazione del punto vendita, indicando anche le eventuali modifiche da apportare per soddisfare ogni norma igienico-sanitaria ed edilizia;
  • Un piano marketing per il lancio dell’attività;
  • Tutto il materiale pubblicitario e la modulistica personalizzata per il punto vendita;
  • Organizzazione dell’iinaugurazione;
  • Consulenza continua all’attività del Punto Vendita durante tutto il corso della collaborazione, al fine di poterne incentivare le vendite con consigli e direttive appropriate;
  • Garanzia di escusiva di zona entro un bacino di 200.000 abitanti;
  • Inserimento punto vendita sul sito istituzionale e web marketing collegato.

Per ricevere ulteriori informazioni, collegarsi su EcoBar.

Alcol e sicurezza stradale: bar e ristoranti dovranno mettere a disposizione dei clienti l’alcol-test.

Scatterà fra tre mesi l’obbligo per i locali la cui attività si protrae oltre la mezzanotte di tenere a disposizione dei clienti precursori per la rilevazione del tasso alcolemico e le tabelle indicative degli stessi tassi. All’osservanza di tale obbligo non sono tenuti gli esercizi che non effettuano intrattenimenti danzanti e che cessano la loro attività entro le ore 24.

La proroga di tre mesi è prevista nell’articolo 54 della nuova riforma del codice della strada nella parte in cui recita […] “per il locali diversi da quelli ove si svolgono spettacoli o altre forme di intrattenimento, a decorrere dal terzo mese successivo alla data di entrata in vigore della presente legge ”.

d.S.

Gli italiani non rinunciano alla pizza. Cambiano le abitudini di consumo degli italiani, ma pizza e colazione non si discutono.

Durante l’Assemblea Elettiva Fiepet (Federazione Italiana Esercenti Pubblici e Turistici), tenutasi gli scorsi giorni, è stata presentata un’accurata indagine sulle abitudini di consumo degli italiani nei pubblici esercizi.

Dall’indagine risulta che il 15% degli italiani ha ridotto i consumi al bar, il 26% ha risparmiato sulle spese di ristorazione, ma resta una sana abitudine il rito della colazione ed alla pizza non si rinuncia. La pausa pranzo porta nei pubblici esercizi 8,7 milioni di consumatori ogni anno per un giro d’affari di circa 18,5 milioni di euro.

Conclusioni dell’indagine? in tempi di crisi, le abitudini di consumo degli italiani nei pubblici esercizi sono un po’ cambiate, ma le tradizioni resistono sempre.