La crisi fa tornare in auge il baratto

La crisi continua imperterrita a tenere banco: sui giornali, sul web, in televisione non si parla d’altro, anche se a risentirne maggiormente sono soprattutto i cittadini.

Dopo aver rinunciato a cinema, teatro, serate al ristorante, quest’anno la metà degli italiani si è vista costretta a dire no anche alle vacanze e, notizia dell’ultima ora, anche alla qualità del cibo che acquista.

Ma se i soldi scarseggiano, c’è chi ha trovato una soluzione per poter acquistare comunque ciò che si desidera, o ciò che davvero serve, a seconda dei casi.
D’altra parte, si sa, la necessità aguzza l’ingegno e noi italiani, in questo, siamo davvero impagabili.

E’ giunto il momento di sbarazzarsi dei cimeli di famiglia, custoditi gelosamente nelle soffitte e nelle cantine di casa, in attesa di tempi migliori, che però sembrano non arrivare mai.
Dopo una bella spolverata, dunque, ecco tornare alla luce del sole vecchi orologi, radio antiche, stilografiche d’epoca, ma anche pizzi che le nostre bisnonne portavano orgogliosamente, insieme a improbabili ma preziose parure.

Il motivo di questa riesumazione non è la voglia di tornare all’antico, ma, piuttosto, scambiare oggetti che per alcuni rappresentano preziosi accessori d’antiquariato con qualcosa di più appetibile e moderno, ma anche utile e mangereccio.

Ciò è quanto accaduto durante la domenica del baratto, organizzata qualche settimana a all’ombra del Castello Sforzesco meneghino, ideata da Coldiretti: voglia di formaggi bio e salamini gustosi? Eccoli in cambio di ninnoli, quadri e scarpe.
E in un colpo solo si imbandisce la tavola e ci si libera di cimeli ormai inutili.

A spingere verso la tendenza del swapping, ovvero lo shopping senza denaro, è proprio la mancanza di liquidità, da mesi denunciata in particolare dai cittadini “normali”, quelli che non hanno un patrimonio da gestire ma una famiglia da sfamare. Per Coldiretti, questo trend “ha un senso salutistico oltre che economicamente valido e poi questa nuova modalità di mercato piace a tre italiani su quattro”.

Certo, non è stato inventato nulla, perché il baratto è presente nel nostro immaginario da tempo immemore ed oggi, come accadeva ai nostri avi, torna alla ribalta, come è tornata in auge, purtroppo, la povertà, che sta attanagliando l’italiano medio, il cui potere d’acquisto è ridotto ad un lumicino.

Esistono anche alcune banche che offrono alle imprese uno scambio multilaterale di beni o servizi. Questa pratica si chiama bartering: un mediatore regola un circuito in cui molteplici imprese ad esso associate comprano beni e servizi disponibili nel circuito assumendo un debito (che non produce interessi) nei confronti del mediatore, che compenseranno successivamente con la vendita di beni e servizi propri.

Nato in Svizzera nel 1939, il bartering è presente anche in Italia, e in particolare in Sardegna, dove è nato Sardex, una moneta locale ma sottoforma di fido commerciale, che vale a livello regionale, per facilitare lo scambio di prodotti.

C’è però chi ricorre allo scambio in ambito più casalingo, dove sono sempre più diffusi gli swap party, ovvero feste del baratto dove tutto diventa merce di scambio, tranne l’euro, fortemente bandito da queste iniziative.
Esistono anche gli swap shop, dove addirittura si scambiano oggetti di lusso, per ottenerne altri di uguale valore.

Al posto del denaro,si usano tessere a punti ( più merce porti e più credito hai) , bollini di cartone e fiches. Un pezzo viene stimato e ha un suo valore: uno, due tre bollini e con gli stessi si può comprare. Vietato usare il portafoglio, vietata la carta di credito.

Ovviamente anche in rete si sono attrezzati, ed ora è proprio online che si trovano le maggiori opportunità: tra i siti di scambio, ecco Swapstore! e Barattopoli, ma anche in questo caso, conviene stare all’erta, perché la truffa è sempre in agguato, se un partecipante aderisce, recupera merce e poi non ricambia.

Anche le vacanze possono essere organizzate ricorrendo al baratto: ci sono agriturismi che ospitano la clientela per un week-end in cambio di una notte da trascorrere in una grande città, anche se la formula di scambio vacanziero più conosciuta è quella di Scambiocasa.com.

Da non dimenticare, infine, le associazioni che anno parte della Banca del tempo, dove è possibile rimediare un’ora di lezione di inglese in cambio della riparazione di una lampadina o di qualche lavoretto in casa (stiratura, imbiancatura e lavori di idraulica vanno per la maggiore).

Vera MORETTI

Le alternative agli investimenti alternativi

Diversificare ‘cum grano salis’, questo era l’argomento dell’ultimo contributo in tema di investimenti a tutela del patrimonio, ovvero quanto è corretto diversificare i propri risparmi e come.

Qui vorrei parlarvi di un investimento alternativo molto caro agli italiani, l’immobile da reddito, altra cosa dall’immobile in cui si abita.
Per la verità, noi siamo un popolo che crede indispensabile possedere la casa di residenza e vi investiamo spesso una parte consistente del nostro patrimonio. Al contrario, in molti altri Paesi, l’immobile è visto solo come un investimento, pertanto la dimora dove si vive spesso non è di proprietà.

Escludendo dunque la casa di residenza dal calcolo del patrimonio complessivo, quanti immobili sarà saggio possedere per diversificare proficuamente I nostri investimenti?
Facciamo due conti.
Un immobile del valore di 150.000 euro rappresenta il 15% di un patrimonio complessivo di 1 milione di euro, quello che gli anglosassoni chiamano High Net Worth Individuals, somma già rispettabile e corrispondente ad una famiglia benestante. Stabilire se il 15% investito in un solo immobile sia corretto è complesso e solo un bravo life planner, che conosca molto bene la situazione del suo cliente, puo’ valutarlo. Nel caso di patrimoni molto elevati, cioè sopra ai 5 milioni di euro, i Very High Net Worth Individuals, o addirittura sopra ai 30 milioni di euro, i cosiddetti Ultra High Net Worth Individuals, potrebbe essere adeguato investire in più immobili; ad esempio, in tre immobili di 300.000 euro ciascuno, per un totale di 900.000 euro; se il patrimonio complessivo è di 10 milioni, corrisponde al 9%. E’ impossibile però fornire a priori o in generale ricette e dosi precise e metto in guardia i lettori da chi propone soluzioni “pret a porter”, che vanno bene per tutti.

Inoltre, l’immobile, per molti anni investimento per eccellenza degli italiani, sta dando sempre piu’ preoccupazioni, quali:

  • l’inquilino non paga l’affitto
  • l’immobile è sfitto da parecchio tempo
  • i costi di ristrutturazione interna: ogni inquilino lascia traccia del proprio passaggio…
  • i costi di manutenzione straordinaria sono aumentati
  • le tasse sono aumentate
  • il prezzo di vendita è diminuito
  • i tempi per la vendita si sono allungati
  • il numero di acquirenti è diminuito e il numero di immobili in vendita è aumentato

L’immobile è dunque ancora un investimento sicuro o lo è mai stato?
E’ una questione di proporzioni: certamente, se avete capitali elevati, qualche milione di euro, allora potete pensare di investirne una parte (quanta parte sarebbe da vedere in base ad altre considerazioni) in immobili da reddito. Al di sotto di certe cifre, l’immobile può essere una trappola peggiore delle sabbie mobili: il vostro capitale è immobilizzato tutto nello stesso investimento, quindi o lo realizzate per intero o niente, non potete venderne solo una parte. A meno che non possediate dei monolocali. C’è mercato pero’ per i monolocali?

Gli acquirenti sono diminuiti e gli immobili in offerta sono aumentati, ribaltando le proporzioni del passato: ora ci sono in media 5 immobili per ogni acquirente, qualche anno fa c’erano 5 acquirenti per ogni immobile in vendita. Quindi per chi vuole acquistare aumenta la possibilità di guardarsi intorno e di scegliere, chi vende deve forse cedere sul prezzo ed essere più accondiscendente sulle richieste.
E poi se l’inquilino non paga o vi causa dei danni, cosa potete fare? Chiedere lo sfratto o fargli causa? Con i tempi della nostra giustizia, è dura.

Altro settore può essere quello degli immobili per le vacanze.
Comportano comunque costi e se li volete vendere, lo scenario di prima ritorna. Ci sono, è vero, alcune località più fortunate di altre, che non conoscono ribassi ne’ di prezzi ne di richieste. Pertanto, prima di acquistare mattoni ad uso vacanza, valutate realisticamente i seguenti fattori.

  • la località: considerate le prospettive future di espansione o contrazione del mercato. Se siete in un posto esclusivo e alla moda, sarebbe bene capire da quanto tempo è di moda e per quanto tempo lo sarà. Se invece è una località che deve ancora essere scoperta, beh, rischiate che rimanga sconosciuta per sempre!
  • Quanto potrete sfruttare il bene: per meno di 30 giorni in tutto l’anno, forse non ne vale la pena;
  • i costi di manutenzione ordinaria e straordinaria. Questi dipendono dalle condizioni generali dello stabile e dal tipo di condomini che lo abitano. Se la maggioranza decide di fare un intervento di manutenzione, non vi potete opporre, anche se non lo ritenete necessario o non potete permettervelo.

In sostanza, un investimento alternativo sicuro in immobili è solo un bene di grande pregio, in zone molto appetibili. Parliamo di soluzioni esclusive, con caratteristiche uniche o rare: un castello, una villa sul mare, un palazzo nobiliare in centro città… Questo comporta anche un prezzo molto elevato di acquisto e costi ingenti in quanto a tasse, manutenzione, gestione. E quindi ritorna nuovamente la domanda: quanto pesa sul patrimonio complessivo il valore dell’immobile, se ha queste caratteristiche esclusive e quindi un prezzo molto elevato?
Insomma, diversificare in immobili, oggi piu’ che mai, e’ difficile e per non sentirsi in un dedalo, meglio consultare un life planner di fiducia.

dott. Marco Degiorgis – Life Planner / Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Le alternative agli investimenti alternativi: gli immobili da reddito

Diversificare ‘cum grano salis’, questo era l’argomento dell’ultimo contributo in tema di investimenti a tutela del patrimonio, ovvero quanto è corretto diversificare i propri risparmi e come.

Qui vorrei parlarvi di un investimento alternativo molto caro agli italiani, l’immobile da reddito, altra cosa dall’immobile in cui si abita.

Per la verità, noi siamo un popolo che crede indispensabile possedere la casa di residenza e vi investiamo spesso una parte consistente del nostro patrimonio. Al contrario, in molti altri Paesi, l’immobile è visto solo come un investimento, pertanto la dimora dove si vive spesso non è di proprietà.

Escludendo dunque la casa di residenza dal calcolo del patrimonio complessivo, quanti immobili sarà saggio possedere per diversificare proficuamente I nostri investimenti? Facciamo due conti.

Un immobile del valore di 150mila euro rappresenta il 15% di un patrimonio complessivo di 1 milione di euro, quello che gli anglosassoni chiamano High Net Worth Individuals, somma già rispettabile e corrispondente ad una famiglia benestante. Stabilire se il 15% investito in un solo immobile sia corretto è complesso e solo un bravo life planner, che conosca molto bene la situazione del suo cliente, può valutarlo.

Nel caso di patrimoni molto elevati, cioè sopra ai 5 milioni di euro, i Very High Net Worth Individuals, o addirittura sopra ai 30 milioni di euro, i cosiddetti Ultra High Net Worth Individuals, potrebbe essere adeguato investire in più immobili; ad esempio, in tre immobili di 300mila euro ciascuno, per un totale di 900mila euro; se il patrimonio complessivo è di 10 milioni, corrisponde al 9%.

E’ impossibile però fornire a priori o in generale ricette e dosi precise e metto in guardia i lettori da chi propone soluzioni “pret a porter”, che vanno bene per tutti.

Inoltre, l’immobile, per molti anni investimento per eccellenza degli italiani, sta dando sempre più preoccupazioni, quali:

1)  l’inquilino non paga l’affitto
2)  l’immobile è sfitto da parecchio tempo
3)  i costi di ristrutturazione interna: ogni inquilino lascia traccia del proprio passaggio…
4)  i costi di manutenzione straordinaria sono aumentati
5)  le tasse sono aumentate
6)  il prezzo di vendita è diminuito
7)  i tempi per la vendita si sono allungati
8)  il numero di acquirenti è diminuito e il numero di immobili in vendita è aumentato

Vedremo la prossima settimana se l’immobile è ancora un investimento sicuro o se lo è mai stato.

dott. Marco Degiorgis – Life Planner / Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Diversificare per proteggere il patrimonio

Dopo aver descritto uno scenario da economia del baratto –  eccessivamente catastrofico? – parlando dell’oro fisico, l’unico investimento alternativo che offre la possibilità di acquistarne e venderne quote anche molto piccole, anche un grammo (oggi pari a 40 euro), adattandosi quindi a tutte le dimensioni di patrimonio, ora prendiamo in considerazione una regola aurea degli investimenti, la diversificazione.

Con questo termine si indica la suddivisone del capitale su più tipi di investimento. Tale strategia si confronta con la dimensione complessiva del patrimonio; infatti, se, ad esempio, diversificare significa investire non più del 5% su ogni bene o prodotto, qualora il patrimonio complessivo (compresi immobili, ma esclusa l’abitazione principale, polizze assicurative, terreni, oggetti d’arte, partecipazioni societarie, brevetti…) fosse di 1 milione di euro, il 5% corrisponderebbe a 50mila euro. Quindi si tratterebbe di investire in ogni bene o prodotto 50mila euro al massimo.

Se trovate un immobile che sia in vendita a questa cifra, fatemelo sapere! Forse un box auto o un rudere in campagna, ma non di certo un appartamento di città! Ho reso l’idea?

Diversificare correttamente, in base alle risorse disponibili, è più difficile di quanto si pensi o di quanto vogliano farvi credere i venditori di prodotti o beni. In realtà non si possono fare generalizzazioni.

Bisogna prima capire quali sono i progetti di vita che portano la persona ad accantonare del denaro e poi stabilire come e quando raggiungerli. Non è così scontato che questi progetti di vita siano chiari al soggetto: la maggior parte delle volte vanno scovati nei meandri del cuore e della mente, con l’aiuto di un bravo life planner.

La diversificazione quindi è un modo per prevedere dei percorsi alternativi al raggiungimento delle mete prefissate, ma se si diversifica eccessivamente, il rischio è di non riuscire mai ad arrivare in meta, per usare un’espressione tipica di uno sport a me molto caro, il rugby. Se infatti ogni diversificazione conduce a risultati opposti, i benefici di un risultato positivo saranno annullati da un risultato negativo. Ci vengono in aiuto, come spesso avviene, i nostri antenati latini che dicevano “cum grano salis”, cioè diversificare con misura e buon senso. Magari facendovi aiutare da chi non deve vendervi nulla, se non i suoi consigli.

dott. Marco Degiorgis – Life Planner / Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Le alternative agli investimenti alternativi

Una volta si chiamavano beni rifugio. A me un rifugio fa venire in mente un pericolo da cui fuggire. Quale pericolo, nel caso del patrimonio? Una delle opzioni possibili nel prossimo futuro è il ritorno ad un’era di baratto, in cui la moneta cartacea non avrebbe più alcun valore.

Casi limite nella storia recente si sono già verificati: in Germania, durante la Repubblica di Weimar, la carta moneta valeva talmente poco che si pesava, invece di contarla. Per comprare qualcosa, era necessaria una carriolata di banconote, letteralmente. In un’ipotesi di questo genere, assumono valore solo poche cose, che in parte ho già trattato in un precedente articolo: oro, gioielli, auto d’epoca, oggetti d’arte, immobili.

Ce ne sono anche altri, tuttavia, ‘alternativi’, e vorrei trattarli brevemente uno ad uno, in questo e nei prossimi contributi. Inizio a parlarvi dell’investimento alternativo per eccellenza: l’oro.

Quali caratteristiche dovrebbe avere un bene rifugio? Deve essere anche facilmente vendibile, e anche facilmente divisibile in più lotti, senza che ne venga compromesso il valore. Non deve creare problemi di stoccaggio. Deve avere un valore riconosciuto a livello mondiale, quindi una quotazione ufficiale internazionale. Non deve essere soggetto a mode, gusti, tendenze. Deve mantenere il suo valore nel tempo, legato all’inflazione, pur potendo subire oscillazioni.

A me viene in mente un solo bene rifugio con tutte queste caratteristiche: l’oro fisico appunto. Preciso fisico, perché ora si possono acquistare etf e certificati sull’oro, che però hanno un difetto: sono dei pezzi di carta, che potrebbero diventare carta straccia in caso di catastrofe o crisi mondiale.

Inoltre l’oro, a differenza della altre materie prime, è anche considerabile una merce di scambio e una moneta (gli Stati detengono riserve aurifere come prova della loro solidità patrimoniale).

La richiesta di oro da parte degli Stati, soprattutto quelli emergenti, è in incremento, e l’oro non si consuma, quindi la sua scarsità deriva solo dal possesso di alcuni. A maggiori quantità che vengono trattenute e non commercializzate, corrispondono minori quantità in commercio, con un conseguente aumento del prezzo.

Per oro fisico intendo precisamente il lingotto o la moneta (non antica), perché questi hanno bassissimi costi di lavorazione e, in caso di rivendita, si recupera quasi per intero il loro valore. La stessa cosa non accade per i gioielli o gli orologi in oro, perché buona parte del loro prezzo di acquisto è costituito da costi di manifattura, che non vengono certamente pagati quando li si rivende (avete mai portato un anello ad un negozio di compro-oro? quanto ve la hanno valutato?).

Bene rifugio non significa però investimento speculativo: cioè, il prezzo può aumentare o diminuire, ma il bene non si vende per realizzare una plusvalenza (a meno che non sia  così elevate, come nel caso dell’oro, da consigliare una riduzione dell’esposizione complessiva). Inoltre, l’acquisto di oro come bene rifugio deve essere proporzionato al patrimonio complessivo e oggetto di opportune valutazioni sulle quantità necessarie allo scopo, in quanto la diversificazione rimane sempre un sano principio base nelle scelte sugli investimenti.

E’ vero che il prezzo dell’oro ha subito un forte incremento negli ultimi tempi ed è in costante crescita da dieci anni, quindi potrebbe avvicinarsi una bolla speculativa: però ha un suo valore intrinseco, che non dipende da mode o culture, e questo valore è collegato al costo della vita.

Un legionario romano comprava la sua divisa con un’oncia d’oro, più o meno quello che serve oggi per comprarsi un bel vestito.

dott. Marco Degiorgis – Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis