Decreto Aiuti 2022: aumenta il credito di imposta per formazione e investimenti

Novità per le imprese: con il Decreto Aiuti 2022 n° 75, approvato il 2 maggio dal Consiglio del Ministri, sono potenziati gli aiuti grazie a un aumento del credito di imposta per la Formazione 4.0 e per gli Investimenti 4.0. Ecco i nuovi importi di cui potranno avvalersi le imprese che decideranno di puntare sull’innovazione tecnologica.

Credito di imposta per Formazione 4.0

Il credito di imposta per la Formazione 4.0 è stato introdotto per la prima volta con la legge di bilancio 2020 e consiste in un sostegno alle piccole e medie imprese che decidono di investire in formazione 4.0 in favore dei lavoratori. Si tratta di adeguare le competenze del personale all’uso in sicurezza delle nuove tecnologie che possono accelerare o migliorare il processo di produzione o consentono di aumentare la qualità dei prodotti. In questo modo i dipendenti hanno nuove competenze spendibili nel mondo del lavoro e non c’è perdita di lavoro legata a conoscenze obsolete dei dipendenti.

Affinché si possa accedere al credito di imposta per la formazione 4.0 è necessario che le attività di formazione a carico dei dipendenti siano erogate da soggetti specifici individuati in un decreto del MISE (Ministero dello Sviluppo Economico), inoltre al termine dei corsi di formazione devono essere rilasciati certificati in cui sono indicate le competenze acquisite dai dipendenti.

Tra le tematiche che possono essere affrontate nei corsi ci sono big data, cyber security, realtà virtuale e realtà aumentata, analisi dei dati e robotica.

Attualmente gli aiuti previsti sono:

  • 30% per le grandi imprese (budget massimo di spesa 250.000 euro);
  • 40% per le medie imprese ( sempre con budget massimo di spesa di 250.000 euro);
  • 50% per le micro e piccole imprese, in questo caso con budget di spesa massima annuale di 300.000 euro.

Con l’entrata in vigore delle nuove norme previste nel decreto Aiuti 2022 le piccole e medie imprese possono ottenere maggiori agevolazioni, infatti il credito di imposta sarà di:

  • 70% per micro e piccole e imprese;
  • 50% per le medie imprese.

Per conoscere se la tua impresa può essere classificata come piccola o media, leggi l’articolo: Micro, Piccola e Media Impresa: definizione e differenze

Nel decreto Aiuti 2022 aumenta il credito di imposta per Investimenti 4.0 in beni immateriali

Naturalmente la Formazione 4.0 ha poco senso se all’interno dell’impresa non vi sono tecnologie 4.0. Proprio per questo motivo il decreto Aiuti 2022 varato dal Consiglio dei Ministri c’è la previsione del credito di imposta anche per gli investimenti 4.0.

In questo caso l’obiettivo è supportare le imprese che investono in beni immateriali come software, piattaforme e applicazioni. Tale misura è stata introdotta per la prima volta con la legge di bilancio 2017 e ora aumentano le aliquote per i soli beni immateriali.

In questo caso l’aliquota del credito di imposta aumenta dal 20% al 50%.

Tale maggiorazione si applica per gli investimenti 4.0 effettuati dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, inoltre si può ottenere la maggiorazione anche per gli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2022 al 30 giugno 2023, ma in questo caso vi è un’ulteriore condizione e cioè che l’ordine sia stato accettato dal venditore entro il 31 dicembre 2022 e sia stato versato entro la stessa data un acconto pari almeno al 20% del valore dei beni acquistati.

Per il credito di imposta per gli investimenti 4.0 è comunque previsto un tetto massimo per la spesa, questo è fissato in un milione di euro.

Restano immutati gli aiuti previsti per l’acquisto di beni materiali. Si può avere una disamina su questi nell’articolo: Piano industria 4.0 e finanza agevolata. Benefici per le imprese

Il credito di imposta potrà essere fatto valere dalle imprese attraverso l’uso del modello F24 per la compensazione dei crediti con i “debiti fiscali”.

Vuoi guadagnare dai dati personali? Arriva HUDI per monetizzarli

Ogni giorno ognuno di noi cede costantemente i propri dati personali, anche semplicemente cliccando su “accetta cookie”, mentre si telefona e si naviga in rete, attraverso i vari social che tutti utilizziamo in modo più o meno invasivo. I dati raccolti vanno nel grande calderone dei data base/big data e per le aziende a cui li cediamo, che a loro volta nella maggior parte dei casi li cedono a terzi, sono business e allora perché non venderli e guadagnare dai dati personali? Per farlo arriva HUDI Human Data Income, che ha l’obiettivo di creare il mercato dei dati personali. Ecco di cosa si tratta.

Il fiorente mercato dei dati personali

I più cauti prestano attenzione, senza riuscirci, gli altri neanche si accorgono di cedere costantemente dati, le ricerche in rete, la visita dei siti, le volte in cui apriamo un e-commerce per controllare cosa vende, ogni volta che mettiamo il nostro dito su uno smartphone stiamo letteralmente regalando dati che consentono di profilare e targettizzare e soprattutto di guadagnare dai dati personali che possono anche riguardare la salute, le opinioni politiche e religiose, dati quindi sensibili e supersensibili e dall’alto valore umano ed economico.

Ciò che noi stiamo regalando, altri lo pagano piuttosto bene perché alle aziende serve sapere dove sono i potenziali clienti e allora nasce l’idea dei fratelli Gianluigi e Francesco Ballarani che cercano di mettere a regime un sistema che consenta alle persone di vendere i propri dati. Attualmente si calcola che il valore dei dati raccolti da pochi soggetti, spesso all’insaputa degli utenti, sia di oltre 1000 miliardi di dollari l’anno. Con questo sistema si crea una sorta di ricchezza diffusa, perché ognuno potrà vendere consapevolmente i propri dati e monetizzarli.

Ecco come guadagnare dai dati personali

Il sistema HUDI Human Data Income è basato su una tecnologia blockchain, si tratta dello stesso sistema utilizzato per il mercato delle criptovalute, una sorta di registro che consente di raccogliere e tracciare le transazioni. Attraverso il Token HUDI sarà possibile anche creare una vera e propria borsa con andamento del valore dei dati stessi, proprio come se fossero dei bitcoin. La stessa sarà collegata a sistemi di finanza decentralizzata, in questo modo i proprietari dei dati potranno creare un vero reddito immediato ed esigibile attraverso degli utility token, praticamente gettoni.

Naturalmente il sistema potrà essere tassato, infatti l’Agenzia delle Entrate si sta già occupando della materia, ad esempio con la risposta ad interpello n. 110, pubblicata il 20 aprile 2020: in essa sottolinea che c’è sicuramente bisogno di una disciplina uniforme sulla materia, ma nel frattempo comunque è possibile tassare andando ad applicare norme per analogia. In particolare l’Agenzia delle Entrate ritiene che gli utility token siano qualificabili come una “prestazione di servizi generica, ai sensi dell’art. 3, co. 1, d.P.R. n. 633 del 1972, assoggettabile ad Iva con l’aliquota ordinaria del 22 per cento”

Si creerà una vera piattaforma di scambio dove gli utenti potranno vendere in forma anonima i loro dati e le aziende potranno comprarli, il tutto in modo sicuro e controllato.

Prospetttive del progetto HUDI per monetizzare i dati personali

Il progetto mira ad avere già entro il 2026 50 milioni di utenti. Attualmente siamo in fase preliminare, nel progetto sono presenti, oltre ai fratelli Gianluigi e Francesco Ballarani che a Londra si occupano di performance marketing e della lead generation, ci sono Andrea Silvi che si occupa di crypto e legal tech italiano, Stefano Capaccioli, commercialista esperto in monete virtuali, Marco Tullio Giordano e Giuseppe Vaciago che possono essere definiti Tech Lawyer, quindi legali esperti nelle nuove tecnologie; Matteo Floral, esperto in strategie digitali; Luca Cotta, esperto in Blockchain e finanza decentralizzata. L’insieme di tali professiponalità dovrebbe rendere possibile creare un mercato dei dati personali nel pieno rospetto della normativa sulla privacy come il GDPR (Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati 679 del 2016).

La IDO del Token, cioè Initial DEX Offering (sistema di scambio digitalizzato) sarà disponibile da metà settembre 2021 sulla piattaforma PancakeSwap e consentirà ai privati di operare in modo autonomo quindi di effettuare scambi dei dati personali.

Le strategie disponibili per guadagnare dai dati personali

Nel frattempo per ottenere dei piccoli guadagni, o comunque un sistema di controllo dei dati lasciati in rete, ci sono altri sistemi come Weople, un’app sviluppata dalla startup milanese Hoda. Una volta iscritti alla stessa è possibile attuare una ricerca delle aziende che posseggono i propri dati, in seguito in forma anonima la società li rivende li rivende dando un piccolo compenso a chi li cede. Un’altra opportunità è Gener8 che funziona attraverso un’estensione dei browser Google Chrome e Firefox e che permette di guadagnare per le pubblicità guardate online, in cambio si ottengono buoni o prodotti Amazon oppure ticket da devolvere in beneficenza.

Gener 8 è stato realizzato da Sam Jones, ex direttore marketing della Red Bull, che ha sottolineato quanto sia assurdo il fatto che i provati cedano gratuitamente ogni giorno i propri dati che per le aziende hanno un valore immenso e auspica un sistema di compensi adeguato. Gener8 attualmente è disponibile solo per la versione desktop e non da mobile e permette ai clienti di scegliere tra “modalità privacy”, che impedisce di tracciare la navigazione e “modalità ricompense”, che appunto permette di avere delle ricompense per i dati forniti. L’utente riceve dei punti per i dati raccolti, massimo 15 al giorno e permette di avere una ricompensa che oscilla tra 5 e 25 sterline al mese.