Prevedere e controllare la crescita dell’impresa: il business plan

Nel mondo dell’economia e della finanza fare previsioni è diventato sempre più difficile. La globalizzazione e internet hanno incrementato in modo esponenziale lo scambio di informazioni, di beni e di servizi; sono aumentate le relazioni tra le persone, tra le imprese e, quindi, gli imprevisti.

Il piano strategico, industriale e finanziario, cioè il business plan, è uno strumento molto importante per le imprese nell’ambito del processo di controllo previsionale della gestione della loro attività; serve per descrivere un progetto imprenditoriale e capire se è fattibile, in un’ottica di medio periodo, analizzandone i punti di debolezza e di forza.

Il business plan guida l’imprenditore nel fare delle scelte precise in presenza di determinati presupposti, senza essere travolto dagli eventi. Deve essere uno strumento attendibile, costruito sulla base di un’analisi della struttura patrimoniale e finanziaria dell’impresa, dei mercati attuali e potenziali in cui collocarsi.

Il business plan è necessario che venga condiviso anche con gli altri operatori del mercato: soci attuali e potenziali, banche, altri finanziatori.

I soci attuali e potenziali sono chiamati a sottoscrivere un aumento del capitale sociale e a confermare la loro intenzione a sostenere lo sviluppo della società; se il business plan manca di prospetti chiari con diversi scenari di previsione economica, allora i soci non possono appoggiare il progetto imprenditoriale, in quanto non riescono a valutare quale sarà la redditività futura del loro capitale investito.

Le banche intervengono nella concessione dei prestiti per finanziare il progetto imprenditoriale; se il business plan non analizza la struttura patrimoniale e finanziaria di partenza dell’impresa, allora le banche non riescono a valutare il rischio di credito.

Gli altri finanziatori, ad esempio le istituzioni pubbliche, concedono finanziamenti a tasso zero e contributi a fondo perduto attraverso la partecipazione dell’impresa a dei bandi di finanza agevolata; se la descrizione del progetto imprenditoriale non risponde ai requisiti previsti dal bando e se gli scenari economici riportati nel business plan non sono reputati attendibili, l’istituzione governativa non può concedere il contributo.

Sono poche in Italia e nel resto del mondo le imprese in grado di sviluppare e dare attuazione a dei progetti di sviluppo attingendo solo a risorse interne. E allora, se si vuole crescere, si deve condividere con altri il progetto imprenditoriale, descrivendolo e motivandolo in modo chiaro e con dovizia di particolari.

Dott. Giovanni DE LORENZI | g.delorenzi[at]infoiva.it | www.gdlstudio.it | Padova

Padovano, classe ’73, laurea in Discipline Economiche e Sociali e master in Economics presso l’Università Bocconi di Milano. Prima dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione di Dottore Commercialista ha lavorato come analista dei processi informativi bancari. Attualmente collabora con la società Advance Group Srl per la consulenza nel campo della finanza agevolata e con la società AD Soluzioni Avanzate Srl per la consulenza nel campo dell’informatizzazione dei processi aziendali.
E’ iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Padova, all’Albo dei Consulenti Tecnici d’Ufficio del Tribunale di Padova e al Registro dei Revisori dei Conti.
Dal 2007 è titolare di gdl Studio, che fornisce attività di consulenza in campo fiscale, dei processi informativi e dell’organizzazione aziendale e della finanza agevolata.

Guidare l’impresa tra pianificazione e controllo

Ognuno di noi avrà provato, almeno una volta, a pianificare le attività da svolgere nell’arco di una giornata e a fare delle scelte; tante sono le cose da fare e, molto spesso, ci si trova di fronte a degli imprevisti che ci costringono a rinunciare a un appuntamento o a posticiparlo.

Una realtà complessa come quella d’impresa pianifica le sue attività per valutare tra alternative decisionali.

Il management dell’impresa elabora degli scenari indicando le attività e le risorse umane, tecnologiche e finanziarie, da impiegare nelle scelte da fare per il raggiungimento degli obiettivi: aumento del fatturato, innovazione tecnologica, riduzione dei costi fissi, eccetera.

Gli scenari devono essere attendibili e costruiti tenendo conto dell’effettiva struttura dimensionale dell’impresa, della sua storia passata, del tipo di attività che svolge e dei mercati di sbocco dei propri prodotti.

Se un’impresa che produce macchine agricole decide di raddoppiare il fatturato entrando nel mercato della moda, allora sta costruendo degli scenari che non corrispondono alla realtà.

La costruzione di scenari fatta in modo razionale è molto importante per poter esercitare una corretta funzione di controllo delle attività dell’impresa e, quindi, per intervenire in modo tempestivo ogniqualvolta si presentino delle criticità gestionali.

Il controllo di gestione è necessario per poter utilizzare al meglio le risorse umane, tecnologiche e finanziarie dell’impresa, in modo da consentire il raggiungimento degli obiettivi stabili e verificare che la gestione si svolga secondo criteri di economicità al fine di consentire il perdurare dell’impresa nel tempo.

È necessario formulare degli obiettivi intermedi di breve periodo per analizzare eventuali scostamenti della gestione operativa dalle linee stabilite in sede di pianificazione strategica.

Una pianificazione fatta tenendo conto della storia passata e del presente dell’impresa consente di individuare gli elementi che disturbano e ostacolano il raggiungimento del profitto.

Lo strumento del controllo di gestione deve vestire l’impresa come un abito sartoriale. L’efficacia del controllo di gestione, infatti, dipende dai legami con la struttura organizzativa dell’impresa.
Soltanto se costruito come un abito su misura, allora il controllo di gestione potrà agire in modo efficace sui processi gestionali dell’impresa, regolandoli in tutti quelle situazioni dove si sono manifestati gli scostamenti tra gli obiettivi e i risultati effettivamente conseguiti.

Dott. Giovanni DE LORENZI | g.delorenzi[at]infoiva.it | www.gdlstudio.it | Padova

Padovano, classe ’73, laurea in Discipline Economiche e Sociali e master in Economics presso l’Università Bocconi di Milano. Prima dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione di Dottore Commercialista ha lavorato come analista dei processi informativi bancari. Attualmente collabora con la società Advance Group Srl per la consulenza nel campo della finanza agevolata e con la società AD Soluzioni Avanzate Srl per la consulenza nel campo dell’informatizzazione dei processi aziendali.
E’ iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Padova, all’Albo dei Consulenti Tecnici d’Ufficio del Tribunale di Padova e al Registro dei Revisori dei Conti.
Dal 2007 è titolare di gdl Studio, che fornisce attività di consulenza in campo fiscale, dei processi informativi e dell’organizzazione aziendale e della finanza agevolata.

Gli indici di bilancio: il termometro per l’impresa

Anche i numeri hanno un’anima; in apparenza freddi e insignificanti, nascondono tantissime informazioni. I numeri sono razionali e la loro obiettività è di grande aiuto per le persone che hanno in mano la gestione di realtà complesse come quella d’impresa.

Se il bilancio d’esercizio è una sommatoria di numeri ognuno dei quali rappresenta il valore di una determinata voce o aggregato (ad esempio i costi per le materie prime, i costi per le consulenze, i beni materiali), gli indici di bilancio sono dati da relazioni tra voci e/aggregativi di bilancio: pensiamo all’indice che misura la redditività d’impresa, il grado d’indebitamento, il livello di giacenza delle materie prime nel magazzino.

La redditività d’impresa è misurata dal rapporto tra l’utile e il capitale sociale e rappresenta il grado di remunerazione del capitale di rischio. Per un’attività di impresa avviata da pochi anni questo indicatore, in molti casi, ha un valore negativo. Questo deriva dal fatto che un’impresa, con alti livelli di investimento iniziale, difficilmente raggiunge in pochi anni una situazione di pareggio.

Se l’impresa è sana e il mercato di sbocco offre opportunità di sviluppo, i margini di guadagno inizieranno a vedersi dopo diversi anni di attività.

Per crescere e svilupparsi, oltre all’apporto di capitale da parte dei proprietari e all’autofinanziamento, un’impresa ricorre al mercato del debito. Il capitale di terzi è da sempre un’arma a doppio taglio, da gestire con prudenza e perizia.

L’indice di indebitamento, dato dal rapporto tra il capitale investito e il patrimonio netto, aiuta l’impresa nelle scelte finanziarie. Il capitale investito rappresenta la ricchezza impiegata per acquistare i beni materiali e immateriali e corrisponde alla somma tra il capitale proprio e il capitale dei soggetti esterni all’impresa. Un rapporto pari a 2, ad esempio, indica che un’impresa è finanziata per il 50% con il capitale proprio e per il 50% con il capitale di terzi.
L’indebitamento è visto come uno dei mali delle nostre economie: basti pensare al debito pubblico che grava sul bilancio del nostro Paese.

Ma non è sempre e soltanto così: se il costo del capitale di terzi preso a prestito è minore della redditività dell’impresa allora conviene indebitarsi in quanto si attirano capitali che generano un effetto leva positivo per l’impresa. Certo che per avere redditività un’impresa deve adottare anche politiche di contenimento dei costi. Per le imprese che hanno un magazzino, ad esempio, avere un indice di rotazione delle materie prime basso significa costi fissi elevati per la merce che rimane in giacenza per lunghi periodi di tempo.

Gli indici di bilancio sono un ottimo strumento per capire come sta andando l’impresa nel tempo perché sintetizzano le diverse dinamiche che si sviluppano all’interno di organizzazioni complesse.

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Il bilancio d’esercizio: la bussola d’oro

Torna da oggi a scrivere sulle pagine di Infoiva il dott. Giovanni De Lorenzi, dottore commercialista in Padova. Dopo averci accompagnato, nei mesi scorsi, nel mondo della finanza agevolata, ora svilupperà, in 8 puntate, il concetto di controllo di gestione.

Il primo bilancio non si scorda mai. Mi ricordo ancora dell’agenda che i miei genitori tenevano per controllare le uscite settimanali. Alla fine del mese, calcolavano quanto erano riusciti a risparmiare, confrontando le uscite con le entrate. Seppure in forma molto rudimentale, utilizzando il metodo della cassa, avevano costruito un bilancio.

Nel caso di una realtà complessa come l’impresa, il bilancio si redige utilizzando dei metodi e delle regole previsti dai Principi contabili e dal Codice Civile; lo scopo è arrivare a un documento che possa essere letto da tutti gli operatori economici che vogliono avere informazioni circa l’andamento dell’impresa.

Senza delle regole condivise nella redazione di un bilancio, sarebbe impossibile esprimere dei giudizi sull’andamento dell’economia: le banche non potrebbero valutare il merito creditizio e calcolare il rischio nella concessione di un prestito; gli Istituti di statistica non potrebbero calcolare la crescita o meno dei settori in cui operano le imprese; gli uffici erariali non potrebbero stimare gli introiti derivanti dalle imposte e tantomeno verificare in modo oggettivo eventuali evasioni d’imposta.

Il bilancio è la bussola d’oro che guida il mondo dell’economia: un documento che sintetizza le operazioni che l’impresa ha svolto nel corso di un periodo di tempo e che hanno un loro impatto sulla sua situazione economica, patrimoniale e finanziaria.

La situazione economica è data dalla differenza tra ricavi e costi, riepilogati nel Conto Economico con il metodo della competenza; se i ricavi sono superiori ai costi ho un utile, altrimenti ho una perdita.

La situazione patrimoniale è data dall’insieme dei beni materiali e immateriali posseduti dall’impresa e, quindi, rappresenta la ricchezza dell’impresa.

L’impresa che fa utile consolida e accresce la propria ricchezza; il suo patrimonio aumenta grazie al risultato positivo della gestione economica.
L’impresa che va in perdita deteriora il proprio patrimonio e aumentano le difficoltà nei rapporti con i fornitori e le istituzioni finanziarie.

Per evitare che la perdita possa contagiare gli altri operatori del mercato, il legislatore ha posto delle forme di tutela, come il reintegro del capitale sociale dell’impresa nel caso di forte deterioramento del patrimonio.
Per prevenire le cause di indebolimento della propria struttura patrimoniale, l’impresa deve analizzare nel dettaglio la propria attività.

Il bilancio, elaborato con le regole e i metodi previsti dalla disciplina aziendale, è il punto di partenza per costruire indicatori e processi volti a migliorare la gestione d’impresa e quindi ad accrescerne il patrimonio nel tempo.

Dott. Giovanni DE LORENZI | g.delorenzi[at]infoiva.it | www.gdlstudio.it | Padova

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