Brand del lusso, +8% nelle performance digitali

Migliorano tra i top player del lusso le performance legate all’esperienza digitale che il consumatore fa del brand: lo dicono i risultati dello studio “The Race is On” (disponibile in download gratuito a questo sito) realizzato da ContactLab ed Exane BNP Paribas, che ha registrato una crescita complessiva dell’8% tra ottobre 2014 e gennaio 2015 delle performance digitali dei 28 brand del lusso mappati dalla Digital Competitive Map, un tool proprietario messo a punto dalle due società.

La ricerca, presentata da Luca Solca, Managing Director Sector Head Global Luxury Goods di Exane BNP Paribas nei giorni scorsi a Milano al convegno di AltagammaConsumer and Retail Insight 2015” conferma la collaborazione tra Exane BNP Paribas, leader in Equity research e ContactLab, leader in Italia nel digital direct marketing e unica italiana inclusa da Gartner nell’edizione della Market Guide for Email Marketing rilasciata a giugno 2014.

I brand del lusso si stanno muovendo velocemente per esprimere appieno il proprio potenziale nell’offrire un’esperienza digitale soddisfacente al consumatore: complessivamente il panel ha registrato una crescita dell’8% nelle performance solo nell’ultimo trimestre 2014. Quasi tutti i 28 brand analizzati hanno migliorato rispetto alla precedente rilevazione il proprio posizionamento all’interno della mappa competitiva. In particolare i brand del lusso europei hanno fatto i progressi maggiori in termini di digital engagement.

Il report evidenzia che i maggiori progressi nelle performance digitali sono stati realizzati da brand del lusso come Gucci, Cartier, Bulgari, Saint Laurent, Brunello Cucinelli, Michael Kors, seguiti da Ralph Lauren, Tory Burch, Tiffany e Zegna. Tra tutti i 28 brand mappati i passi avanti più significativi si sono avuti sull’asse della digital customer experience, che prende in considerazione parametri legati a tre macroaree di osservazione: l’esperienza di acquisto online, di navigazione sul web e la cross-canalità del brand. I brand del lusso insomma sembrano intenti a raggiungere l’eccellenza in primo luogo sui servizi correlati all’e-commerce, per poi espandersi ulteriormente e ancor più nel dettaglio nel mondo digitale.

Più lenta è invece la progressione sull’asse dell’e-commerce strategic reach, che più rappresenta le scelte strategiche dell’alta direzione. Globalmente i risultati sono cresciuti in quest’ambito del 4%: un dato che ci racconta di una certa cautela ancora presente nelle decisioni del top management e, nello stesso tempo, di una complessità di attuazione di tutti gli aspetti legati ad un’espansione su scala globale.

Si vedono segnali di crescita (+7% rispetto alle precedenti rilevazioni) anche nelle performance di questi brand in termini di esperienza cross canale di acquisto. In particolare i brand del lusso sono sempre più attenti a garantire al consumatore un’esperienza di acquisto fluida. C’è chi ad esempio dà la possibilità di acquistare online e ritirare in negozio, magari localizzando il punto vendita più vicino alla propria residenza; oppure al contrario consente al consumatore di visualizzare online la reale disponibilità dei prodotti in negozio. Alcuni brand cominciano anche a realizzare app per mobile.

Altro fattore di crescita delle performance dei brand del lusso è il miglioramento dell’usabilità dei canali online. Un merchant su quattro ha rinnovato il proprio sito, altri hanno introdotto una versione mobile, così che ad oggi la quasi totalità dei marchi mappati dalla Digital Competitive Map (26 su 28) offre agli utenti un’esperienza di navigazione ottimale sia da smartphone che da tablet.

Questo ultimo punto è molto importante se si prende in considerazione il risultato di un’altra rilevazione firmata ContactLab, che analizza periodicamente i dati di spedito provenienti dalla sua piattaforma. Su un benchmark di oltre 1 miliardo e mezzo di email inviate il 38% delle aperture avviene su mobile, usanza in costante crescita destinata a radicarsi sempre di più e a sostituire le modalità di fruizione tradizionale dell’email.

La Digital Competitive Map è un tool proprietario messo a punto da ContactLab che misura attraverso 66 diversi parametri quantitativi le capacità di engagement di un brand con il proprio pubblico, mettendole a confronto con quelle degli altri player del suo settore. ContactLab ha applicato con Exane BNP Paribas questa metodologia per analizzare un set di brand del lusso selezionato dalla firma di Equity research.

La rilevazione, valida su qualsiasi settore di mercato, è in grado di indicare per un brand la qualità dell’esperienza di navigazione su ogni device, il livello del servizio di e-commerce e il numero dei Paesi serviti. La mappa prende in considerazione parametri come la varietà dell’offerta, la logistica e le condizioni di vendita, la copertura linguistica e l’integrazione cross canale tra il negozio fisico e l’online store.

Brunello Cucinelli, ricavi a 175 milioni di euro

 

Settembre tempo di bilanci semestrali anche per Brunello Cucinelli: la prestigiosa maison del cashmere, nata e sviluppatasi nello stupendo borgo medioevale di Solomeo sulle colline umbre, ha alzato finalmente il velo sui conti del primo semestre dichiarando una crescita di utili e ricavi stabilmente sulla doppia cifra, pari, rispettivamente, a 15 milioni di euro (+17,8%) e a 175 milioni (+11,6%).

“In un contesto di grave incertezza e imperterrito rallentamento per il settore, Cucinelli sta confermando le attese di crescita beneficiando del posizionamento di nicchia e della forza indiscutibile del proprio brand” hanno dichiarato gli analisti di Equita.

Come se non bastassero le importanti cifre raggiunte nei primi sei mesi dell’anno, inoltre, il presidente Brunello Cucinelli prevede “una crescita a 2 cifre sia in termini di utile che di fatturato” per il secondo semestre del 2014. Il brand è oggi distribuito a livello mondiale in ben 60 Paesi attraverso 102 negozi monomarca nelle più importanti città e nelle più esclusive località resort, con una presenza significativa in circa 700 selezionati multibrand, compresi i principali department stores del lusso.

JM

Lusso Made in Italy più forte dell’euro

A livello europeo, solo la manifattura tedesca riesce a resistere ad un tasso di cambio euro/dollaro Usa a 1,40. La crisi è ancora troppo vicina e la situazione è ancora molto pesante per le aziende esportatrici, anche per quelle italiane.

C’è, però, un settore che in Italia si sta dimostrando più forte dell’euro forte, ovvero il Made in Italy di lusso.

Ancora una volta, dunque, si ha la dimostrazione che il comparto del lusso non sembra proprio conoscere crisi e, anzi, vede le sue cifre aumentare sempre, indipendentemente dalle condizioni economiche e finanziarie in cui versa il Belpaese.

Guardando ai risultati di bilancio del primo trimestre 2014 di quattro importanti marchi quotati in Piazza Affari, ovvero Luxottica, Salvatore Ferragamo, Brunello Cucinelli e Tod’s, si scopre che il fatturato e i margini sono saliti (nei primi tre casi) o sono rimasti stabili (nel caso di Tod’s) nonostante la valuta forte non abbia certo aiutato l’export e ci sia stato il rallentamento dell’Asia, soprattutto del mercato cinese.

Stando alle previsioni del management, a loro volta basate sugli ordinativi già acquisiti, le previsioni per il 2014 sono improntate ad un cauto ottimismo.

Alla luce di questi dati, la correzione che questi titoli hanno subito da inizio anno (dal -16% di Ferragamo al -23% di Cucinelli, passando per il -18% di Tod’s) è frutto più di una valutazione al ribasso dell’intero settore lusso a livello mondiale, che ha corso molto nel 2012 e nel 2013, piuttosto che di un’inversione di tendenza delle società del comparto.

Questi titoli potrebbero quindi rappresentare un’occasione d’acquisto per gli investitori poco esposti o del tutto assenti in un settore che mantiene prospettive favorevoli a medio lungo termine.
Occorre inoltre considerare le notevoli ricadute positive derivanti da una possibile svalutazione della moneta unica rispetto al dollaro nei prossimi mesi.

Vera MORETTI

Acquisizione di lusso per Cucinelli

Se finora rappresentativa il primo punto di riferimento in quanto a cachemire, ora Brunello Cucinelli si appresta ad ingrandirsi e a fare capolino nella produzione di abiti maschili.

Noto a tutti per la sua pregiata maglieria, il leader del cachemire e del pret-a-porter di lusso ha ingrandito la sua florida azienda, spa da 947 milioni di euro, con l’acquisizione di D’Avenza, storica azienda carrarese che in passato ha vestito Sir Winston Churchill, lo statista più amato e apprezzato nella storia del Regno Unito.

Suo è anche il leggendario cappotto cammello indossato da Marlon Brando in “Ultimo tango a Parigi” e, per arrivare ai nostri giorni, la stola color panna incastonata di cristalli di rocca di Tatiana Santo Domingo, fresca sposa del principe Andrea Casiraghi.

L’acquisizione, questa volta, è tutta italiana, e vede unirsi due aziende pregiate, che del passato e del presente hanno fatto tesoro, pronti ad affrontare un futuro che appare più che mai produttivo.

Le basi sono più che solide: Brunello Cucinelli esporta in 59 Paesi e si fonda sul tailored, quel fatto a mano considerato un marchio di fabbrica, e quindi irrinunciabile.
Niente è lasciato al caso, a cominciare dalla formazione, con corsi di alta specializzazione che si tengono nella casa-laboratorio in un’ala del trecentesco Castello di Solomeo, il borgo presso Perugia. Poco più in là, a Castel Rigione, 406 abitanti, ci sono gli uffici, la fabbrica e la scuola della Brunello Cucinelli spa.

D’Avenza, però, non verrà inglobata dalla Cucinelli ma manterrà la sua identità, potendo contare però su un appoggio notevole. E l’azienda toscana certo darà il suo contributo, permettendo a Cucinelli di addentrarsi in un mondo sconosciuto, ovvero quello dell’alta sartoria e dei capi a spalla.

L’entusiasmo è alle stelle da entrambe le parti, tanto che da D’Avenza hanno fatto sapere: “Il re del cachemire ha sposato pienamente la filosofia dell’azienda D’Avenza. Siamo contenti del fatto che Cucinelli abbia espresso l’onore di collaborare con Renato Cecchi. I suoi numeri parlano chiaro”.

E in effetti, i dati sono sorprendenti: i ricavi del 2012, anno difficile per (quasi) tutti, ammontano a 279,3 milioni di euro, il 15,1% in più rispetto al 2011. E questo è sicuramente un ottimo punto di (ri)partenza.

Vera MORETTI

La moda Made in Italy vince anche a Piazza Affari

Il lusso Made in Italy corre anche in borsa, dove i titoli della moda che conta sembrano avviati verso un’inarrestabile ascesa, anche e soprattutto nel prossimo autunno.
A determinare il successo a Piazza Affari sono state anche le numerose acquisizioni e fusioni, annunciate e non, e poco importa se il ruolo giocato dai marchi è stato quello dei predatore o della preda.

Qualche esempio pratico è quello di Tod’s, che ha guadagnato il +48,7%, Ferragamo il 52,8%, Luxottica il 31,5%, Brunello Cucinelli il 68,7% e Damiani il 19,3%.
Si tratta di segni più che positivi, in grado di sbaragliare anche la più rosea delle previsioni.

Ora che si apprestano ad affrontare gli ultimi mesi dell’anno, sembra che la strada dei grandi marchi sia sempre più spianata, complici due congiunture che, nell’avversità della crisi, si sono rivelate ottime alleate: la debolezza dell’euro, soprattutto rispetto al dollaro, dovrebbe aiutare a mantenere intatti i flussi commerciali verso gli Usa, mentre la crisi, tuttora in corso, potrebbe contribuire a creare nuove opportunità di merger & acquisition, fattore che alimenta la speculazione.

Le stime più eclatanti riguardano Tod’s, che secondo gli esperti di Citigroup il titolo potrebbe arrivare fino a 158 euro, grazie alla buona gestione della società e al legame con Lvmh: il presidente del gruppo del lusso francese, Bernard Arnault, possiede il 3,5% di Tod’s, e il numero uno Diego Della Valle fa parte del cda di Lvmh dal 2002.

Discorso analogo anche per Luxottica, poiché anche in questo caso viene visto di buon occhio “il potenziale di m&a che aggiunge appeal ai fondamentali solidi del gruppo“.
La società di Leonardo Del Vecchio potrebbe fare la parte della predatrice, con una notevole espansione dal punto di vista commerciale.

La questione è invece diversa per quanto riguarda Ferragamo, considerata a buon prezzo ma ancora senza nessun papabile partner. Secondo il Credit Suisse, che ha abbassato il target in area 24 euro, con il 77,63% del capitale saldamente in mano alla famiglia del fondatore l’azienda è tutto meno che scalabile.

Si prevede in questo caso un cambio di rotta, che potrebbe portare anche ad un’espansione nei mercati emergenti di Cina e Russia.
Il primo nome a cui si fa riferimento è quello di Brunello Cucinelli, la società simile a Loro Piana, che tratta a premio rispetto ai valori della cugina biellese, nonostante il fatturato sia più modesto.

Vera MORETTI