Il mercato mondiale degli smartwatch

Abbiamo visto nei giorni scorsi come sia sempre più diffuso nel mondo il fenomeno del BYOD, ossia l’utilizzo di dispositivi personali per accedere a documenti di lavoro. Uno dei dispositivi che si usano in alcuni di questi casi è lo smartwatch, anche se meno di frequente rispetto a smartphone e tablet. Ecco perché è interessante capire come è messo, oggi, il mercato degli smartwatch a livello mondiale.

A scattare una fotografia di questo mercato ci ha pensato la società di ricerche Strategy Analytics. Una fotografia che, riferita all’ultimo trimestre 2015, non è poi così inattesa: così come nel mercato degli smartphone, anche in quello degli smartwatch sono in testa Apple e Samsung.

Il colosso americano e quello coreano dominano, insieme, il 66% del mercato mondiale degli smartwatch e il 40% di quello degli smartphone. Il 66% è diviso nettamente pro Apple: 52% a 14%, che in termini di pezzi venduti fa 2,2 milioni contro 600mila. Rapporto di forze inverso rispetto agli smartphone, dove prevale Samsung.

Un dato che va depurato da risultati di dicembre 2015 quando, sotto Natale, la quota di mercato di Apple era schizzata al 63% e quella di Samsung era cresciuta solo di 2 punti, al 16%.

Per parte sua, Samsung sconta anche l’aumento della concorrenza nel mercato degli smartwatch da parte di altri player, i cui orologi “lavorano” con sistema operativo OS Android Wear, che Google distribuisce a quasi tutti i marchi non Apple. Se da un lato, dunque, Apple con il suo Apple Watch deve guardarsi da un aumento dei concorrenti, dall’altro Samsung rischia assai di più da questo aumento, con marchi che offrono prodotti tecnologicamente comparabili ai suoi, a volte a prezzi più bassi.

Ecco perché il mercato degli smartwatch va osservato sempre con estrema attenzione, non solo come un fenomeno di moda ma anche di straordinario impatto sull’economia e sulla vita di tutti i giorni.

Cresce il BYOD nel mondo

Il BYOD – Bring Your Own Device, ovvero l’utilizzo dei propri mobili per accedere alle informazioni messe a disposizione dall’azienda – è sempre più diffuso nel mondo e le aziende dovranno attrezzarsi di conseguenza.

Secondo i dati contenuti nel quarto rapporto annuale di Ovum sulla cosiddetta “enterprise mobility”, elaborato alla fine del 2015, il BYOD è così diffuso che il 60,5% degli impiegati utilizza almeno uno dei propri device mobili per lavorare.

Nello specifico, il 47,2% di loro usa il proprio smartphone, il 25,1% il proprio tablet e il 7,8% i cosiddetti wearable devices, come gli smartwatch. Il pc portatile personale è utilizzato in BYOD a fini lavorativi dal 4,1% degli impiegati.

Il commento sui dati dell’analisi su BYOD è affidato all’Enterprise mobility & IT service management research analyst di Ovum, Adam Holtby. “I risultati sono il frutto delle risposte di lavoratori, con mansioni differenti, provenienti da una grande varietà di regioni e di aziende, con l’obiettivo di capire meglio le loro abitudini di lavoro, e come i nuovi hardware e applicazioni stiano supportando i loro obiettivi di produttività”.

E ancora: “Come dimostrano i dati, le persone sono decisamente orientate ad affrontare il proprio lavoro utilizzando numerosi device, e non accettano di buon grado limitazioni che non consentano loro di raggiungere questo obiettivo. Si avverte dunque il bisogno di servizi di desk e IT per riconoscere le nuove opportunità che potranno derivare da questi nuovi comportamenti del lavoratori, e come rendere possibile e supportare il modello di spazio di lavoro digitale verso il quale si sta muovendo il mondo del lavoro”.

Lavoro in mobilità, crescita vertiginosa

Il lavoro in mobilità è da tempo una realtà e sarà sempre più diffuso con il passare degli anni, tanto che, entro il 2018, il 75% della forza lavoro dell’Europa occidentale sarà mobile. È quanto emerge da un white paper stilato dalla società di analisi IDC e sponsorizzato da OKI Europe. Driver di questo sviluppo potente è il BYOD.

Essendo stato sponsorizzato da una importante azienda di stampanti, il titolo del white paper è piuttosto scontato: “I vostri processi aziendali stanno soffocando la vostra opportunità di mercato? Stampa conveniente e gestione dei documenti tramite gli MFP (stampanti multifunzione, ndr) intelligenti”.

Risulta comunque interessante una tendenza, legata al continuo sviluppo del lavoro in mobilità: le imprese devono avere costantemente sotto controllo il modo in cui i dipendenti lavorano sia in BYOD, sia con i device aziendali, per proteggere la proprietà intellettuale dell’azienda e i dati sensibili, consentendo nello stesso tempo ai dipendenti di accedere alle informazioni ovunque e in qualsiasi momento tramite il lavoro in mobilità.

Del resto, già in uno studio del 2013 sulle abitudini europee e sulle tendenze di mercato dei servizi di stampa, IDC aveva rilevato che un terzo delle aziende consentiva ai propri dipendenti di utilizzare smartphone, laptop e tablet personali. Contestualmente, alla domanda rivolta alle Pmi sulla percezione dell’efficienza dei processi aziendali, molte di esse aveva concordato sulla necessità di un loro miglioramento, considerando che il lavoro in mobilità dei dipendenti avrebbe potuto favorire i processi digitalizzati.

BYOD e Pmi, quali i rischi?

Di BYOD, su Infoiva, abbiamo parlato in abbondanza in questa settimana e nei mesi scorsi. Ai più distratti ricordiamo ancora una volta che BYOD è un acronimo inglese dall’espressione “Bring Your Own Device”, ossia utilizza il tuo dispositivo personale (tipicamente tablet e smartphone) per lavoro, sul posto di lavoro, con la benedizione della tua azienda.

Abbiamo più volte ricordato i vantaggi dell’utilizzo del BYOD per le piccole e medie imprese, ma anche le cautele che è necessario prendere, soprattutto in termini di sicurezza informatica e di protezione dei dati, quando si utilizza un dispositivo di proprietà in azienda.

Ebbene, su questo filone arriva uno studio di Kaspersky Lab, società che produce e commercializza soluzioni di sicurezza per gli endpoint, dal quale emerge che molti piccoli imprenditori sono convinti che il BYOD non rappresenti una minaccia per l’azienda e, di conseguenza, non si dimostrano interessati a investire in soluzioni di sicurezza per i dispositivi mobile.

Dall’indagine è emerso che i due terzi (62%) degli imprenditori e dei dipendenti intervistati, utilizzano dispositivi mobile personali per lavoro. Un dato che evidenzi come il BYOD non sia più un trend in crescita, quanto piuttosto una pratica diffusa e presente nelle aziende di ogni dimensione, da quelle molto grandi (con più di 5000 dipendenti) a quelle piccole (con meno di 25 dipendenti).

Nonostante ciò, proteggere la sicurezza dei dati in ambito BYOD è spesso un aspetto trascurato. Secondo la ricerca Consumer Security Risks 2014 di Kaspersky Lab, il 92% degli intervistati ha dichiarato di archiviare dati aziendali sensibili su smartphone e tablet utilizzati sia per lavoro sia per motivi personali. Sei intervistati su dieci (60%) si sono dimostrati preoccupati delle minacce legate alla privacy e al furto di informazioni attraverso i dispositivi mobile, ma nonostante questo non hanno attivato alcun tipo di protezione perché attribuiscono questa responsabilità all’azienda, nonostante il dispositivo sia il proprio.

Il 32% dei dipendenti e piccoli imprenditori, infatti, non riconosce alcun pericolo per la propria attività nel fatto che i dispositivi mobile personali siano utilizzati per lavoro. I piccoli imprenditori non prestano molta attenzione al fatto che le informazioni presenti sui dispositivi dei dipendenti che utilizzano il BYOD, possano essere rubate e si dimostrano poco preoccupati di questa eventualità. Al contrario, le aziende di grandi dimensioni, dimostrano una maggiore preoccupazione: il 58% teme che l’azienda possa venire danneggiata dal furto o dalla perdita del dispositivo da parte dei dipendenti.

Le piccole imprese ritengono che gli strumenti di sicurezza gratuiti possano essere sufficienti e non vedono alcun valore aggiunto ad investire in soluzioni supplementari a tutela del BYOD. Più dell’80% degli intervistati ha dichiarato di non essere interessato ad avere informazioni sulla gestione della sicurezza delle informazioni dei dispositivi mobili.

E per cercare di modificare la percezione generale, secondo la quale la perdita di un dispositivo mobile utilizzato per il BYOD non può essere causa di danni all’azienda, un’altra ricerca di Kaspersky Lab ha rilevato come, nel 2014, un utente Android su 5 abbia subito una minaccia mobile e come il 53% di questi attacchi siano stati causati da trojan di tipo SMS o bancario.

I 5 comandamenti del BYOD

Continuiamo oggi con la nostra analisi dei pregi e difetti del BYOD (Bring Your Own Device, ossia l’utilizzo di dispositivi mobili personali per motivi di lavoro) per le imprese, prendendo spunto dai punti di vista di esperti del settore che, specialmente all’estero dove il fenomeno BYOD è più diffuso, provano ad analizzarne i pro e i contro.

Oggi tocca a Lincoln Goldsmith, general manager per l’Oceania di Acronis, multinazionale che si occupa di protezione dati, il quale in un intervento su un blog neozelandese ha stilato i 5 comandamenti del BYOD che un’azienda dovrebbe seguire per avere il pieno controllo del fenomeno. Un’analisi che a noi di Infoiva è parsa interessante e che vi proponiamo.

  1. Gestione dei dispositivi mobili (Mobile device management, MDM)

Come primo passo fondamentale per la sicurezza nel mondo BYOD, la gestione dei dispositivi mobili implica la centralizzazione della gestione dei dispositivi impiegati dai dipendenti per lavoro, siano essi utilizzati a casa o in ufficio. In questo modo, i dipendenti avranno la libertà di utilizzare qualsiasi dispositivo e l’IT potrà monitorarne l’accesso e l’uso, assicurandosi che non ci sia perdita di dati.

  1. Gestione dei file mobili (Mobile file management, MFM)

Una volta che i dispositivi sono messi in sicurezza, i dipendenti che lavorano in BYOD hanno ancora bisogno di accedere ai file e ai contenuti che utilizzano ogni giorno per svolgere il loro lavoro. La gestione dei file mobili garantisce che l’IT può avere il controllo completo su quali file vengono consultati, modificati o cancellati. In questo modo, le aziende possono andare oltre i dispositivi di gestione gestendo direttamente i dati sensibili che vengono consultati.

  1. Compensare il vecchio con il nuovo

La rivoluzione BYOD è iniziata con il Mobile device management e la sua funzionalità si sta espandendo con il Mobile file management, ma ora che mobile è una piattaforma “nativa” per i dipendenti, ci sono innumerevoli app aziendali pensate per l’utilizzo in mobilità. Quando i dipendenti viaggiano per lavoro, è dato per scontato che portino con sé i dispositivi personali e li usino per controllare la posta elettronica, collaborare su progetti e gestire le relazioni con i clienti.

  1. Applicazioni esclusivamente mobili

Dal momento che i dispositivi mobili sono diventati uno stile di vita per i dipendenti, ci sarà una crescita esponenziale di applicazioni progettate esclusivamente per gli ambienti mobili, siano esse in BYOD o meno. Queste applicazioni hanno un vantaggio ben definito, perché sono ideate con la consapevolezza che le persone li utilizzeranno solo su piccoli touch-screen e costantemente in movimento.

  1. Compensare il nuovo con il vecchio

Dopo il rapido sviluppo delle applicazioni mobili, è necessario creare collegamenti anche nella direzione opposta, verso il mondo del fisso. Proprio come i mainframe non si sono mai completamente estinti, il ruolo dei computer fissi e le funzionalità che portano al mondo del lavoro rimangono rilevanti. Così, le nuove applicazioni mobili hanno bisogno di costruire ponti verso le infrastrutture e le interfacce del “vecchio mondo”.

Riconoscendo questi passaggi e implementando la tecnologia e i processi che sono alla loro base, le aziende possono utilizzare la maggior parte dei dispositivi dei loro dipendenti in BYOD senza compromettere la sicurezza dei dati“, conclude Goldsmith.

BYOD e sicurezza in tre punti

È un dato di fatto che oggi, nelle aziende di qualsiasi settore, la forza lavoro stia diventando sempre più mobile. Una trasformazione nel modo di lavorare che ha fatto sì che il BYOD sia diventato un tema caldo tra le imprese di tutte le dimensioni, sia che abbiano un organico di 5 persone, sia di 500.

Uno spunto interessante anche per i responsabili IT delle aziende italiane è venuto dal recente IP EXPO 2015 di Londra, dove David Chen, Product Marketing Manager di Aruba Networks, ha parlato di sicurezza dei dati mobile, di ambiente di lavoro digitale e delle sfide che i reparti IT si trovano ad affrontare per assicurare che il lavoro in mobilità dei loro dipendenti, anche in modalità BYOD, rimanga agile e sicuro.

Chen ha individuato tre problematiche principali riguardanti il BYOD:

  1. Mobilità

Il moderno dipendente, esperto digitale, vuole essere in grado di connettersi per lavorare e avere accesso a importanti documenti ovunque, da qualsiasi dispositivo, in qualsiasi momento, anche in BYOD. Questo implica spesso la connessione a reti non sicure e, a seconda del numero di dispositivi mobili in azienda, l’apertura di potenziali, molteplici vie per gli hacker che cercano di avere accesso ai dati aziendali. Come Chen ha sottolineato, “la sfida è controllare chi o che cosa può connettersi alla rete“. In che modo? Mettendo restrizioni sui tipi di documenti cui i dipendenti possono accedere e sui tipi di dispositivi che possono essere collegati a sistemi aziendali.

  1. Sicurezza fisica

Un dipendente ha avuto accesso a documenti aziendali riservati sul proprio smartphone personale e lo ha scordato in treno mentre tornava a casa dall’ufficio. Ciò significa che dati riservati ​​e potenzialmente dannosi se consultati da estranei sono accessibili a chiunque trovi il telefono e sappia come entrare in esso. Anche se non c’è molto che le aziende possono fare per bloccare i dispositivi smarriti, è fondamentale che siano messe in atto delle misure di sicurezza preventive sui device in BYOD (come, per esempio, sistemi di autenticazione biometrica o vari livelli di autenticazione), al fine di garantire che i dati aziendali rimangano al sicuro.

  1. Autenticazione

Gli utenti mobili si devono costantemente ri-autenticare ogni volta che si collegano a reti diverse, siano essi in BYOD o no. Capendo chi è l’utente, con quali dispositivi si connette e quali applicazioni utilizza, i reparti IT possono creare profili comportamentali e individuare rapidamente se qualcuno che non dovrebbe farlo sta usando un dispositivo o cercando di accedere a un’applicazione.

Le conclusioni di Chen secondo le quali “la sicurezza perimetrale non funziona più” e “non ti puoi fidare più di alcun dispositivo” possono sembrare piuttosto inquietanti ma sono certamente dei “mantra” per chi si occupa di BYOD.

La doppia sfida del BYOD

Da un po’ di tempo si fa un gran parlare intorno al BYOD, ma una cosa è piuttosto chiara a tutti i responsabili IT delle aziende, medie e grandi: se ben implementato, il BYOD ha dei margini di crescita e delle potenzialità importanti, soprattutto perché in molte realtà ha ancora bisogno di espandersi.

Secondo un recente sondaggio condotto sui più importanti responsabili IT di aziende americane (dove il BYOD sta conoscendo alterne fortune), il 52% di loro appartenente a un po’ di tutti i settori produttivi sostiene che gli attuali progressi del BYOD sono molto buoni o eccellenti, suggerendo che sono in molti a sentire di padroneggiare questa tendenza e ad essere pronti ad andare avanti. Ma, nonostante mentre alcuni vedano ancora il BYOD principalmente come un modo più conveniente per riposizionare la proprietà del dispositivo mobile aziendale, sono in tanti coloro i quali, invece, guardano oltre.

Ad esempio, nelle imprese che implementano il BYOD vi è un disperato bisogno di proteggere le applicazioni e i dati specifici dell’azienda su dispositivi mobili, soprattutto quando l’azienda non dispone della proprietà di questi ultimi.

Inoltre, sempre secondo il sondaggio, i responsabili IT dovrebbero concentrarsi sul fare in modo che alcune applicazioni non funzionino fuori una determinata area, o che alcune informazioni contenute sui dispositivi mobili dei dipendenti non siano accessibili non appena questi lasciano la sede della società. Purtroppo, non molti responsabili IT possiedono questo basilare livello di consapevolezza.

Un altro fattore importante è quello della garanzia e del miglioramento della messaggistica di testo sui dispositivi in BYOD. Anche se esistono diverse modalità di comunicazione, la realtà è che molte persone preferiscono utilizzare gli sms, cosa che impone una serie di questioni da affrontare.

Ad esempio, se un manager sta discutendo via messaggio qualcosa che dovrebbe avere una diffusione limitata, è fondamentale assicurarsi che il destinatario non lo possa copiare o trasmettere ad altre 10 persone. Una volta che il mittente riceve una conferma di lettura, il messaggio dovrebbe scomparire. Inoltre, gli utenti dovrebbero essere in grado di pianificare i messaggi in modo che raggiungano i destinatari quando questi sono nelle condizioni migliori per leggerli. Questo è il livello di utilizzo che dovrebbe caratterizzare una piattaforma BYOD solida.

Una volta implementate politiche di BYOD efficaci e sicure, i responsabili IT dovrebbero fare in modo di estenderle e migliorarle per dare maggiori opzioni di utilizzo ai dipendenti anziché limitarli. Questo significa proteggere i beni aziendali ed educare i dipendenti all’obiettivo che il BYOD si propone. È uno sforzo che, da parte del comparto IT non deve essere intrusivo ma selettivo, per trovare le giuste soluzioni in modo che, ad esempio siano protetti i messaggi se qualcuno sta parlando di informazioni finanziarie, ma non quando due dipendenti si stanno accordando per prendere un caffè.

In una parola: il BYOD può servire alle aziende per risparmiare denaro sui dispositivi, ma le migliori strategie per implementarlo devono fare in modo che esso sia un valore aggiunto anche per i dipendenti.

La retromarcia del BYOD

Il fenomeno BYOD per noi di Infoiva è un po’ un chiodo fisso. Per chi si fosse perso i nostri approfondimenti, la parola BYOD è l’acronimo dell’espressione inglese Bring Your Own Device, ossia “porta (a lavoro), il dispositivo (mobile) di tua proprietà”. In sostanza, è il fenomeno che porta molte aziende a consentire ai dipendenti l’utilizzo dei propri smartphone e tablet personali a uso lavorativo.

Un fenomeno che in anni recenti, tanto negli Usa quanto in Europa, ha visto una significativa crescita, salvo poi negli ultimi tempi rallentare, almeno nel Vecchio Continente. Secondo uno studio realizzato da Idc, pere infatti che l’utilizzo del BYOD si stia contraendo, almeno in Europa, dal momento che sempre più aziende tornano a far adottare ai propri dipendenti dei dispositivi mobili aziendali.

Diversi, secondo Idc, i motivi che hanno portato a questa inversione di tendenza sul BYOD. Intanto, sembra che le imprese si siano accorte che dal BYOD non si ottiene poi quel gran risparmio che si immaginava; poi, molti dipendenti cominciano a mal sopportare le formalità e il controllo che l’azienda ha sul proprio device mobile; infine, accade spesso che le imprese forniscano ai dipendenti apparecchi più avanzati e cool rispetto a quelli di proprietà.

Il risultato è che dal BYOD si passa progressivamente al CYOD (Choose Your Own Device), meccanismo grazie al quale l’azienda offre al dipendente la possibilità di scegliere il proprio device tra diversi preventivamente approvati dall’IT aziendale; oppure si passa al COPE (Corporate Owned, Personally Enabled), ossia l’azienda sceglie il device mobile ma dà al dipendente alcune autorizzazioni per fruirne per l’uso personale, per esempio installando particolari app.

La strada sembra essere segnata, dal momento che, sempre secondo le rilevazioni di Idc effettuate nella seconda metà del 2014, il 21% delle aziende in Europa ha fatto retromarcia sul BYOD adottando il modello CYOD, che il 34% ha adottato nel corso del 2015.

Chi ha paura del BYOD?

Il tema del BYOD (ossia il “bring your own device”, l’utilizzo di dispositivi elettronici personali per lavoro sul luogo di lavoro) è fin dalla sua nascita piuttosto controverso. Noi di Infoiva ce ne siamo occupati spesso, registrando, da parte delle aziende, reazioni che vanno dall’adesione entusiastica alla comprensibile diffidenza.

Arriva adesso un’altra indagine sul BYOD, questa volta realizzata da F-Secure, che offre ulteriori spunti di riflessione sul tema. Un’indagine dalla quale emerge ancora una volta come la maggior parte delle aziende interpellate sia consapevole dei rischi che il BYOD porta con sé ma faccia poco o nulla per prevenirli: poco più di un terzo di loro ha infatti già adottato una soluzione di gestione dei dispositivi mobili per aumentare la sicurezza dei dati aziendali. Pochine.

Nello specifico, l’indagine di F-Secure sull’utilizzo e la percezione del BYOD è stata condotta su 1780 professionisti It di diversi Paesi europei; di essi, l’87% sostiene di considerare la sicurezza associata al BYOD come una “sfida complessa”, mentre il 92%, ritiene che la gestione della sicurezza sarà prioritaria entro il prossimo anno.

Belle parole, ma che poi alla prova dei fatti trovano un riscontro limitato. L’indagine su BYOD rileva infatti che solo il 36% delle aziende si è dotata di una soluzione di gestione dei dispositivi mobili che protegga dai rischi del BYOD, con percentuali variabili da Paese a Paese: si va dagli estremi delle aziende britanniche (43%) e francesi (28%), alle percentuali intermedie delle aziende polacche (39%), tedesche (37%) e dei Paesi scandinavi (34%).

BYOD sì, ma occhio alla sicurezza

Abbiamo parlato più volte su Infoiva del cosiddetto BYOD (dall’inglese “Bring Your Own Device”), ossia il fenomeno per cui sempre più aziende consentono ai dipendenti di utilizzare i tablet, smartphone o pc di proprietà come strumenti di lavoro. Un fenomeno, quello del BYOD, che prende pian piano piede anche in Italia, tanto che uno studio Intel Security rivela le aspettative dei professionisti del nostro Paese riguardo a questi dispositivi oltre a dare indicazioni per gestire il BYOD in maniera sicura.

Il rapporto Intel Security sul BYOD fa riferimento ai risultati dello studio “Consumerization of the Workforce” che esamina le opinioni e gli atteggiamenti di oltre 2500 professionisti in tutto il mondo, di cui circa il 10% (200) in Italia, chiedendo loro come valutano l’impatto della tecnologia sulle attività lavorative e sul luogo di lavoro. Ebbene, dallo studio emerge che la gran parte degli intervistati lavora tanto sui propri dispositivi personali, quanto utilizza personalmente i dispositivi aziendali per le più svariate attività online.

Un comportamento che, a livello di sicurezza dei dati, può essere dannoso tanto per i dati personali quanto per quelli aziendali eventualmente custoditi all’interno degli apparecchi utilizzati per il proprio BYOD.

Nello specifico, le percentuali relative agli utenti italiani del BYOD intervistati nel rapporto Intel Security sono interessanti.

  • Il 79% dei professionisti intervistati ammette di usare il proprio dispositivo aziendale per uso personale: il 78% per leggere e inviare e-mail personali, il 32% per operazioni di home banking, il 27% per lo shopping online.
  • Il 72% degli intervistati dice di collegarsi a internet da casa almeno una volta al giorno per lavoro: il 63% di loro un computer portatile, il 37% con uno smartphone, il 34% con un tablet.
  • L’86% degli intevistati porta e utilizza dispositivi personali al lavoro: il 72% lo smartphone, il 32% il computer portatile, il 32% un tablet.
  • Il 62% pensa che la propria azienda favorisca i dipendenti offrendo loro la possibilità di lavorare da remoto e con il BYOD.
  • A proposito di questo, il 42% degli intervistati pensa che l’ufficio sia l’ambiente di lavoro ideale; poi vengono la casa (14%) e qualsiasi altro luogo (24%).

Sul lato sicurezza, il 68% degli intervistati crede che la propria azienda faccia tutto il necessario per proteggere i dati sensibili anche sul fronte BYOD.

  • Il 63% pensa che la propria azienda protegga nel modo opportuno la propria identità e i dati.
  • Il 76% crede che l’azienda sia responsabile della protezione dei dati personali che si trovano sui dispositivi aziendali.
  • Il 54% degli intervistati è preoccupato della sicurezza dei propri dati quando si trova sul posto di lavoro.