QIQ, il franchising del caffè

Il caffè, uno dei simboli dell’italianità più verace, è il protagonista di un brand che si sta espandendo in Italia e all’estero grazie alla formula del franchising.

Il suo nome è QIQ e punta a far conoscere le sue boutique contemporaneamente in Italia, partendo da Torino, suo quartier generale, e in Europa, dove sono previste aperture in Francia, Portogallo, Spagna e Russia.

Il franchisee che decide di far parte del gruppo diventa un vero e proprio manager, che sarà assistito in ogni fase della startup e anche ad inaugurazione avvenuta, per ricevere aggiornamenti costanti.

Inoltre, ogni affiliato potrà godere dell’esclusività di zona e il locale dovrà sorgere essenzialmente in luoghi ad alta pedonabilità, per poter attirare il maggior numero di clienti.

L’investimento richiesto, quindi, a ricoprire le spese di lancio del progetto e i primi mesi di attività, è di 18.500, che possono variare anche a seconda delle dimensioni del punto vendita.

Per ricevere ulteriori informazioni, è possibile collegarsi al sito QIQ.

L’Italia del gusto verso la Russia

L’Oriente rappresenta ormai la meta preferita del Made in Italy, poiché, in tempi di crisi, sono i mercati emergenti a dare le maggiori soddisfazioni e le uniche opportunità di guadagno ed espansione.

Per questo GEA, Società di Direzione Aziendale, e Italia del Gusto hanno deciso di puntare, dopo la conquista del mercato cinese, verso la Russia.
A conferma di ciò, si chiama Russia Business Incubator il secondo appuntamento fra le Aziende italiane del settore food e i principali referenti commerciali del Paese, che si terrà nella Sala dei 300 delle Fiere di Parma oggi, 5 giugno, e domani.

Due giornate molto intense vedranno insieme Italia del Gusto, il consorzio privato che include le migliori aziende italiane nel settore alimentare e vinicolo, e GEA Consulenti di Direzione, società che fin dalla fondazione del consorzio ne cura le attività di sviluppo strategico e commerciale, e già si prevede un grosso successo.

Luigi Consiglio, presidente di GEA, ha dichiarato: “Lo scorso luglio abbiamo lanciato questa formula innovativa del Country Business Incubator, una manifestazione dal profilo concreto e funzionale riguardo allo sviluppo del business nel Paese oggetto: una sorta di Fiera al contrario, dove non sono le Aziende che si presentano alla ricerca di Clienti ma sono gli importatori e i distributori del Paese che si propongono come partner commerciali. A meno di un anno dalla nascita del Business Incubator, siamo già al secondo appuntamento e oggi il progetto punta al mercato russo”.

All’evento partecipano operatori commerciali ed istituzionali russi, che potranno incontrare le aziende italiane del settore aderenti all’associazione Italia del Gusto, per instaurare partnership commerciali importanti.

Continua Consiglio: “La Russia oggi è forse l’unico Paese dei BRIC che rappresenta un mercato veramente concreto e non solo un’ipotesi futura per il segmento food italiano. Il valore delle nostre esportazioni di prodotti agroalimentari in Russia supera i 620 milioni di euro, e rappresenta quasi il doppio del valore delle esportazioni italiane in Cina. Non solo: le vendite del food made in Italy in Russia lo scorso anno hanno registrato un incremento del 7%. Il Business Incubator di quest’anno sarà dedicato a due aspetti peculiari del mercato: le numerose sfaccettature che questo presenta ed il ruolo delle operazioni straordinarie come modalità di ingresso sul mercato. I consumer insights in nostro possesso mostrano infatti come il mercato russo rispecchi la realtà di un Paese articolato e complesso, dove approcci di marketing anche non convenzionali, mirati a target precisi, ottengono risultati significativi, spesso con investimenti limitati”.

L’interesse per questo Paese è dovuto anche al suo mercato, particolarmente dinamico, tanto che, nel 2011, ha segnato un volume d’affari stimato intorno ai 311,5-340 miliardi di dollari e si prevede che raggiunga i 338-355 miliardi di dollari nel 2012.

Dopo un calo nel 2009, le importazioni sono di nuovo in aumento, pari a 39 miliardi di dollari (+16% rispetto al 2010) nel 2011 e nei primi otto mesi del 2012 hanno raggiunto circa 25 miliardi di dollari.
Sono andate molto bene anche le esportazioni italiane in Russia, che nel 2012 sono state pari a 10 miliardi di Euro, il 7,5% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Il 2012 ha segnato il successo dei prodotti di agricoltura, pesca e silvicoltura, tanto da raggiungere un’esportazione pari a oltre 116 milioni di Euro (+11,6% rispetto al 2011). L‘esportazione dei prodotti alimentari in generale è stata pari a 354 milioni di Euro con un’incidenza del 3 5% sul totale export e un aumento rispetto al 2011 del 13,5%. L’esportazione di bevande ha subito invece una flessione del 9% con un totale di esportazione pari a circa 150 milioni di Euro.

Ma qual è il prodotto italiano più importato dai russi? Ad oggi, si conferma leader del mercato il vino fermo, tallonato però dallo spumante, che ha ormai superato di gran lunga quello francese, incidendo per oltre il 62% del totale delle esportazioni di questo prodotto verso la Russia.

L’Italia è protagonista anche quando si tratta di pasta e dal caffè tostato e un buon successo commerciale è inoltre riscontrato dall’olio di oliva, in cui siamo secondi dopo la Spagna.

Il vino regna anche nella fascia superiore, grazie ad una domanda sempre crescente di vino di qualità, che ha portato all’apertura di molti negozi specializzati, vere e proprie boutique del vino con un vasto assortimento di bottiglie di alta qualità.

Negli ultimi due anni ci sono stati significativi incrementi a valore delle esportazioni di frutta e verdura (33%), cacao (30%), derivati del latte (20%), pasta (14%), carne (11%), te e caffè (11%), olio (6%) e di bevande fermentate non distillate (6%).

A questo proposito, ha ancora dichiarato Luigi Consiglio: “Per incrementare l’export alimentare italiano, lo stimolo principale è quello di comprendere le ‘mille Russie’: il Paese infatti è enorme (conta ben 12 fusi orari), molto popolato, con tradizioni epopoli diversissimi. E’ inoltre un Paese con un mercato in crescita, in cui i posizionamenti praticabili (ovvero i cluster di clienti) sono molti, almeno 2-3 diversi per ogni azienda. Un altro stimolo importante è rappresentato invece dall’incrocio prodotti/canali: a Parma saranno presenti un numero consistente di retailer e di distributori che consentono di coprire tutte le opportunità. Canali diversi (retail, ma anche hotel e ristoranti) e prodotti diversi, dagli alimentari al vino, dal fresco all’ambiente”.

Vera MORETTI

Tecniche di hedging per le aziende

Le aziende che utilizzano materie prime, di qualunque genere, possono tutelarsi dai rischi di variazione dei prezzi delle medesime attraverso l’utilizzo di strumenti finanziari derivati. I derivati sono nati proprio per questo preciso scopo, fissare un prezzo, una quantità e una data di consegna del bene,  tutelando venditore e acquirente.

Il bene oggetto del contratto si definisce “sottostante”. Per evitare di impegnare troppi capitali, il derivato serve anche ad impegnare le controparti con un esborso ridotto di denaro, rispetto al valore della quantità complessiva del bene in oggetto.

Coprirsi dal rischio aiuta le imprese a raccogliere più facilmente capitale sul mercato. Attraverso le tecniche di hedging le imprese sono in grado di ridurre i costi di raccolta di capitale esterno, con la conseguenza di essere avvantaggiate rispetto ad altri competitor.

Le più recenti ricerche condotte negli Stati Uniti, in particolare rispetto alla copertura del rischio sui tassi di cambio e sul prezzo delle commodities, avvalorano questa ipotesi: le imprese che decidono di adottare tecniche di hedging su ricavi e costi operativi sono significativamente più favorite nel raccogliere capitale sul mercato, sia sotto forma di debito, che di equity.

L’abbattimento del rischio, ottenuto riducendo la volatilità dei flussi di cassa, consente innanzitutto di ridurre il costo del capitale. Inoltre la decisione di ricorrere a tecniche di hedging rappresenta un “buon segnale” rispetto agli

investitori, che apprezzano la maturità manageriale dell’impresa ritenendola più capace di affrontare eventuali crisi di liquidità e di gestire in modo più professionale i propri investimenti.

In questo momento di crisi industriale e di incertezza creditizia, coprirsi dal rischio – attraverso contratti derivati – può quindi costituire un vantaggio competitivo non indifferente.

Gli studi professionali che sono in grado di aiutare l’azienda ad acquisire questo vantaggio, sono senz’altro pochi e quindi ricercati da quei potenziali clienti che abbiano la lungimiranza di comprenderne i benefici.

Inoltre, lo studio professionale che propone un servizio di copertura dal rischio è valutato positivamente anche dai clienti meno attenti a queste problematiche, in quanto si evidenzia loro un problema e si fornisce la soluzione contemporaneamente. Può essere anche un’occasione per ottenere contatti da nuovi clienti.

Da ricordare che la maggior parte delle materie prime è quotata in Borsa e quindi le aziende che le utilizzano possono coprirsi dal rischio. A titolo di esempio posso citare oro, argento, palladio, nichel, rame, grano, caffè, cotone, carne di maiale, succo d’arancia, petrolio…

Inoltre possono essere coperte le variazioni dei tassi di cambio tra euro ed altre valute. Ricordo che le materie prime sono quotate in dollari Usa ed è quindi necessario coprirsi anche dal rischio cambio euro/dollaro.

dott. Marco Degiorgis – Life Planner / Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis